La nostra epoca ha fatto numerosi passi avanti in termini di sensibilizzazione alla salute mentale. Sicuramente un grande punto a favore, visto anche i recenti disastri che pandemia e restrizioni annesse hanno provocato su questo fronte, e soprattutto per i giovanissimi. E qui s’inserisce il recente dibattito, in piena campagna elettorale, tra Giorgia Meloni e Enrico Letta. Ma partiamo dal principio. Giorgia Meloni, in un video postato sui social, ha parlato di “devianze” per riferirsi all’uso ed abuso da parte degli adolescenti di “droghe, alcol e tabacco”, contrapponendo a questo una generazione di “italiani sani e determinati”, il cui fulcro centrale (e qui sta la proposta della candidata premier) sarebbe ravvisabile nella pratica dello sport, da valorizzare in termini valoriali e comunitari. Uno sport che va a braccetto con la salute, sia mentale che fisica, e che possa prevenire la caduta in certi tunnel che ormai affossano la vita dei giovani e non.
Ma nessuna proposta concreta si evince dal video, che espone piuttosto principi più che modi, e termini entro cui attuare tale valorizzazione dello sport. Forse dovremmo spulciare il programma elettorale, ma anche lì, deserto, nessuna soluzione.
Ma adesso, senza scomodare Foucault, Canguilhem o Basaglia su come il concetto di “normalità” contrapposto a quello di follia o malattia, in termini sia sociali che politici, sia problematico (oltre che pericoloso in termini di libertà individuale), è palese per tutti quanto la considerazione di “devianza” sollevata dalla Meloni sia scorretta, perché pone un eccessivo rilievo sulla scelta individuale. Come a intendere che si sceglie“volontariamente” di scostarsi da determinati comportamenti ritenuti sani e adeguati. Sappiamo invece quanto, in certi contesti, la libertà individuale sia pure influenzata e distorta da numerosi fattori (sociali, familiari, economici), e quanto sia necessario spesso un aiuto esterno, quale un intervento psicologico.
Quindi, meglio andarci piano nell’utilizzare certi termini, e soprattutto nell’incasellare sotto un medesimo vocabolo disturbi così diversi e complessi.
E quindi? La Meloni l’ha sparata grossa. Ma poi Enrico Letta è intervenuto a gamba tesa, peggiorando la situazione, se possibile. “Evviva le devianze, la forza delle società è data dalla ricchezza delle diversità”. Ecco la mossa strategica della sinistra: identificare “divergenza” e “diversità” e far credere che la Meloni discrimini le diversità. Ma attenzione, ludopatia, baby gang, anoressia ecc. non sono delle semplici diversità da accettare in quanto tali e basta, bensì da comprendere per poi intervenire. Letta quindi avrebbe potuto disquisire sull’impossibilità di risolvere certe situazioni con un’unica proposta, quasi la Meloni avesse la bacchetta magica in tasca, ossia semplicemente con lo sport, ma spingere piuttosto su altri interventi, quali piano economico, oltre che educativo, e psicologico individuale. Quindi mettere in luce la parzialità della proposta meloniana, troppo semplicistica. In altre parole, rispondere sui contenuti, invece di sparare inutili slogan.
E invece? Viva le devianze. Come a dire, viva l’anoressia, viva le baby gang. Come a sottintendere, ancora: smettiamo di intervenire per correggere queste patologie e affini. Perché quanto scrive sembra andare proprio in questa direzione: “Due idee dell’Italia si confronteranno il 25 settembre: la nostra basata sulla libertà delle persone, una società che cerca di includere, crea lavoro e lotta contro le precarietà, l’altra è una società che va per le spicce, dove presunte maggioranze vogliono imporre regole a tutti”. Insomma, signori, la campagna elettorale virtuale dei due poli è servita, poche proposte, molte parole al vento. Nihil sub sole novum.