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Di Maio inviato Ue nel Golfo: ecco cosa farà, quanto sarà pagato e a chi è stato preferito. Ma perché?

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Di Maio inviato Ue nel Golfo: ecco cosa farà, quanto sarà pagato e a chi è stato preferito. Ma perché?
Luigi Di Maio è stato indicato come nuovo inviato per l'Unione Europea nel Golfo Persico. Ha "battuto" tre candidati di tutto rispetto, con vent'anni di carriera diplomatica o nell'Onu. Si dice "sulla base delle prestazione fornite" ma non è chiaro quali, visto che i curriculum degli altri sono costellati da non pochi servizi all'Unione. Li abbiamo messi a confronto e il risultato è impietoso... Per Di Maio. Ecco cosa dovrà (teoricamente) fare e quanto sarà pagato. Anche se non è chiaro perché...

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

«Sulla base delle prestazioni fornite dai candidati si raccomanda di nominare il sig. Luigi Di Maio». Lunga vita e prosperità al merito. Ah, no. C’erano altri tre candidati, uno più titolato dell’altro, e hanno scelto lui come inviato dell'Unione Europea nel Golfo Persico? Il merito ricorda sempre di più la vecchia zia di cui ti ricordi per qualche sgravo fiscale o per superare la fila. In questo caso, secondo vari analisti, la zia sarebbe Mario Draghi che avrebbe raccomandato l'ex grillino, nel frattempo defenestrato dal Parlamento, agli occhi degli europei e in particolare a quelli dell'alto rappresentante Ue Josep Borrell. Non che il merito possa essere il metro di misura di una società anche lontanamente civile, basterebbe leggere Il giusto a chi va del filosofo di stanza a Bologna Roberto Brigati. Ma questo non vuol dire che al suo posto si debba caldeggiare il demerito. E fa anche specie pensare all’ipereconomicista Unione Europea che ha scelto come inviato nel Golfo Persico, tra i quattro candidati, il meno competente. 

Di Maio e Borrell
Di Maio e Borrell

Perché è stato scelto Di Maio, cosa dovrà fare e quanto guadagnerà?

"Cari ambasciatori, nella mia lettera del 28 luglio 2022 - ha scritto Borrell - ho proposto di creare il ruolo di Inviato speciale dell’Ue per il Golfo Persico, e ho invitato i Paesi membri a proporre candidati per questo nuovo ruolo. Sono davvero grato per la positiva risposta a questa richiesta, e apprezzo la qualità di tutti i candidati proposti da diversi Stati membri. Dopo una valutazione molto attenta, ritengo che il candidato più adatto sia Luigi Di Maio. In quanto ex ministro degli Esteri dell’Italia, Di Maio è dotato del profilo politico necessario, a livello internazionale, per questo ruolo. I suoi ampi contatti con i Paesi del Golfo gli permetteranno di interloquire con gli attori rilevanti al livello appropriato. Propongo dunque di nominarlo Inviato speciale dell’Ue per il Golfo, per un periodo iniziale di 21 mesi, a partire dal 1 giugno 2023 e fino al 28 febbraio 2025. Dobbiamo mantenere lo slancio del nostro impegno rafforzato con il Golfo. Conto sul sostegno a Di Maio per sviluppare la nostra partnership strategica con i partner del Golfo".

Già prima dell'inizio della guerra in Ucraina, Borrell aveva detto che l’Unione Europea avrebbe avuto bisogno di un inviato speciale nel Golfo persico che possa occuparsi principalmente di sicurezza ed energia. Per questo incarico (per il quale il Governo Meloni non sarebbe stato consultato e per il quale ci sono perplessità anche in altri Paesi europei), stando a quanto viene riferito, Di Maio dovrebbe avere diritto a uno stipendio da 12.000 euro netti al mese più le spese per lo staff.

L'ironia del web su Di Maio inviato nel Golfo persico
L'ironia del web su Di Maio inviato nel Golfo persico

Chi erano gli altri candidati?

Magari Ján Kubiš non era, tra tutti, forse la miglior alternativa agli occhi di una commissione indipendente incaricata dall’UE, dopo che a fine 2021, dopo appena dieci mesi, aveva dato le sue dimissioni da inviato dell’ONU in Libia, forse annusando il rinvio delle elezioni previste e la crisi successiva, tanto da voler rimanere di stanza a Ginevra ed essere considerato un inviato speciale a Tripoli. Ma se parliamo di commissione indipendente, il secondo termine dovrebbe pur avere un valore in sé. Indipendentemente dai malumori delle Nazioni Unite (e dunque di una gran parte dell’Europa), avrebbero potuto dare un’occhiata al curriculum. Certo, ha studiato all’Istituto Statale di Relazioni Internazionali di Mosca, non proprio un buon bigliettino da visita per il giornalismo volgare e maccartista di questi mesi, ormai sempre più coincidente con l’opinione pubblica, ma la sua carriera da diplomatico è decisamente notevole. È stato Segretario generale per la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Iraq dal 2015 al 2018, coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il Libano nel 2019, poi la breve parentesi con la Libia. Nel 2005 l’UE lo aveva nominato inviato speciale in Asia Centrale, prima ancora era stato inviato speciale delle Nazioni Unite nel Tagikistan (1998-1999) post guerra civile. Nel 1994 fu scelto come direttore del Centro per la prevenzione dei conflitti presso il segretariato dell’OESCE, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Segretariato che gli venne poi affidato. Senza contare la carriera di ministro e ambasciatore slovacco.

Ján Kubiš
Ján Kubiš

Dimitris Avramopoulos era un altro dei candidati. È stato lettore in giro per il mondo, alla Stanford, alla Columbia, e visiting Fellow ad Harvard. È professore onorario dello European College di Parma e della Peking University a Beijing. Ha studiato alla Law School of Athens’ University, per poi prendere una specializzazione a Bruxelles. Nel 1986, non pago, si prende una licenza speciale in Studi Europei. Comunque anche Di Maio è stato a Harvard, è giusto ricordarlo. Era il 2017. Venne invitato come esponente populista per essere ridicolizzato dagli studenti (anche un italiano) a cui sembrava inaccettabile che ci fossero politici senza titoli di studio, proprio come lui. Ma passiamo agli incarichi di Avramopoulos. Dal 1980 a oggi ha avuto una carriera politica di alto livello senza interruzioni di sorta. In odine sparso, è stato: Ministro per gli affari esteri della Grecia, Console della Grecia a Liège in Belgio, Console generale a Ginevra (Svizzera), direttore dell’ufficio diplomatico del Primo Ministro Mitsotakis, Ministro per la Difesa Nazionale, Ministro dello turismo, Ministro della Salute e della Solidarietà Sociale e sindaco di Atene per ben due volte. Poi i premi in tutto il mondo, Italia compresa, come gli ordini al merito (in Portogallo, in Polonia, in Spagna, in Belgio, in Svezia, e così via). Ad Agosto nel 2019 aveva sostenuto l’impossibilità di un blocco navale per i migranti e la necessità, nel rispetto dei diritti umani, di redistribuire chi arrivava sulle coste europee fra tutti gli Stati europei. Non può certo sprizzare simpatia agli occhi di un’Europa sempre più in preda qualsiasi fobia (di destra o di sinistra che sia).

Dimitris Avramopoulos
Dimitris Avramopoulos

Arriviamo all’ultimo dei tre candidati, Markos Kyprianou. Istruzione tra Atene, Trinity College di Cambridge e Harvard Law School. È stato ministro delle finanze a Cipro, membro della commissione europea come responsabile per la salute e la protezione dei consumatori, commissario europeo per il budget ai tempi della presidenza di Prodi (siamo nel 2004), commissario europeo per la salute, la sua carriera politica si avvia nel 1986, a 26 anni, come consigliere comunale di Nicosia. Una carriera dal basso, fatta nei ranghi giovanili del Partito Democratico, fino ad arrivare alle più alte cariche politiche. Certo, anche Di Maio ha iniziato a 26 anni, diventando il più giovane vicepresidente della Camera della storia italiana. Con l’unica differenza che il cipriota ha un cursus honorum alle spalle. Non c’è bisogno di ricordare il curriculum di Di Maio, no? Figlio di un attivista militante nell’MSI e poi di AN, prova ingegneria informatica ma rinuncia, prova giurisprudenza … ma rinuncia. Poi la scalata nel Movimento 5 Stelle, in quella parabola che lo ha visto prima bibitaro al San Paolo di Napoli, poi capo politico del Movimento, infine contestatore interno arrivato a dimettersi e a unirsi con i tanti criticati democratici di Letta. Ma se tutto è nietzschianamente nella grande ruota dell’eterno ritorno, sarebbe bastata un po’ più di giustizia in più in sede di nomina per vedere il nostro italiano portare il un tè nel deserto agli altri tre, ben più meritevoli di lui.

Markos Kyprianou
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