Diddy (aka Puff Daddy aka Sean Combs) si trova in carcere dallo scorso 16 settembre. Il rapper e produttore, accusato di molteplici reati, rischierebbe da un minimo di 15 anni all’ergastolo, se dovesse essere ritenuto colpevole per ogni capo d’imputazione. In attesa del processo gli è stata negata la libertà su cauzione. Ma quindi, per quanto tempo potrebbe rimanere dietro le sbarre? Un anno, o forse anche di più. Sean Combs, però, non sarebbe negativo sulla sua permanenza in carcere. A rivelarlo è il suo avvocato, Marc Agnifilo, nel documentario “The Downfall of Diddy: The Indictment”, realizzato da Tmz Studios. Agnifilo ha sostenuto che Diddy sia fiducioso e non stia lasciando che le accuse indeboliscano la sua determinazione. Il produttore, secondo l’avvocato, sarebbe concentrato sulla sua difesa e questo gli starebbe dando la forza per affrontare la permanenza in carcere in attesa del processo.
Ma quindi, Diddy rischierebbe effettivamente la vita in carcere? Il rapper è detenuto nel Metropolitan Detention Center di Brooklyn e la sua vecchia nemesi Suge Knight, produttore e cofondatore della Death Row Records, lo starebbe avvertendo di guardarsi le spalle dagli altri detenuti. Sean Combs, però, non correrebbe alcun rischio, almeno per il momento. Il produttore infatti è sotto sorveglianza perché a rischio suicid*o. Inoltre, sempre il suo avvocato ha raccontato che Diddy avrebbe accettato di dover rimanere in carcere. Sean Combs sarebbe quindi desideroso di testimoniare al processo per raccontare la sua storia. Ma secondo l’esperta legale Meesha Moulton, di Meesha Moulton Law, potrebbe non essere la scelta migliore. Il motivo? In un’intervista a PageSix ha spiegato che gli avvocati spesso scelgono di tenere i loro clienti lontani dal banco dei testimoni. Questo perché testimoniare li espone a un rigoroso controinterrogatorio da parte dell'accusa. “Testimoniare nel proprio processo espone l’imputato all’interrogatorio incrociato dell’accusa” ha spiegato Moulton. Inoltre, ha descritto i processi come “mentalmente estenuanti", suggerendo che questo potrebbe portare a delle incongruenze nelle dichiarazioni di Diddy e ad ammissioni potenzialmente dannose. “Se Diddy dovesse innervosirsi o sentirsi frustrato, testimoniare gli potrebbe fare più male che bene” ha spiegato l’avvocato a PageSix. Moulton ha poi aggiunto che il controinterrogatorio, se dovesse davvero decidere di testimoniare, sarà la “sfida più grande”. Per questo, gli ha consigliato di riconsiderare la sua decisione.
Considerando la grave natura delle accuse a suo carico, tra cui aggressione, traffico di droga e molestie, l’esperta ha suggerito a Sean Diddy Combs di concentrarsi su una difesa strategica per dimostrare la sua innocenza. “Deve dare priorità alle competenze del suo team legale rispetto al suo desiderio di raccontare la sua storia” ha spiegato l’avvocato Moulton. “Il processo sarà molto impegnativo anche dal punto di vista emotivo. Se dovesse far fatica a mantenere la calma sotto pressione potrebbe influenzare negativamente la percezione della giuria su di lui”.