Ciro Grillo, Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria. Sono gli indagati, ora a processo, per un caso di stupro di gruppo ai danni di una ragazza norvegese, che ieri si è trovata alla sbarra di fronte alla legale di Francesco Corsiglia, uno degli amici del figlio del fondatore del Movimento 5 stelle, Beppe Grillo. L’avvocata Antonella Cuccureddu è stata fortemente criticata in queste ore per la natura delle domande rivolte alla presunta vittima, considerate poco delicate, se non fuori luogo. “Ma se aveva le gambe piegate, come hanno fatto a toglierle i pantaloni?” e ancora: “Ci può spiegare come le sono stati tolti gli slip?”. Fino ad arrivare a: “Come mai non ha reagito con un morso durante il rapporto orale?”. L’avvocato della ragazza, Dario Romano, ha commentato la condotta della collega, definendo il colloquio “un interrogatorio da Medioevo”. Ma davvero le cose stanno così? Fino a che punto le domande della difesa possono spingersi per poter confutare l’accusa? In casi così gravi è possibile porre domande tanto delicate, in un contesto oltretutto a porte chiuse? Abbiamo contattato l’avvocata Annamaria Bernardini de Pace per fare chiarezza.
Ha letto la polemica in merito alle domande che sono state fatte alla presunta vittima di stupro a opera di Ciro Grillo e degli amici?
Non ho capito perché siano considerate domande da Medioevo. “Perché la ragazza non si è divincolata?” mi sembra una domanda giusta. Se uno deve accertare se c’era o meno consenso, queste sono le domande che vanno fatte. Se va accertata la verità, non si può dare per scontato nulla, tantomeno che possa essere indiscutibile che una ragazza sia stata stuprata. Lo si deve dimostrare ed è giusto che l’avvocato della difesa faccia queste domande.
Ci sono domande del tipo “perché non ha urlato?” o “perché non ha usato i denti?”. Forse la ragazza aveva paura di farlo…
Io sono d'accordo con il fatto che siano state fatte queste domande. Non dobbiamo ipotizzare che cosa questa ragazza potesse rispondere, perché è lei che dice di essere stata stuprata; quindi, dobbiamo vedere che cosa ha risposto per accertarne la credibilità. È giusto che si accerti la credibilità. Sono le femministe che dicono che se una donna dice una cosa le si dovrebbe credere a prescindere, ma non è così.
Almeno possiamo dire che sono domande diverse rispetto al solito?
Ogni avvocato è diverso, non ci sono delle domande standard e prescritte per accertare la veridicità dei fatti. Ognuno ha la propria testa e questo avvocato, secondo me, ha fatto una ricerca giusta e valida per vedere quanto fosse credibile la denuncia.
Lei avrebbe fatto le stesse domande?
Non lo so, magari altre. Io però, per esempio, il perché non l’abbia morso gliel’avrei chiesto. Anche la domanda su come abbia fatto a togliersi le mutande è giusta, perché c’è da vedere se lei abbia incoraggiato questo gesto, se si sia opposta o se non sia stato fatto da nessuno ma da lei stessa. Quest’ultima situazione proverebbe il consenso. Mi sembrano domande assolutamente non fuori luogo e tantomeno da Medioevo, ma nel contesto. Dato che devono accertare la credibilità della denuncia e della persona che denuncia. Non è possibile fare che quelle domande.
Hanno creato comunque una grandissima polemica sui social e ne hanno parlato tutti i giornali.
Sono solo le femministe che hanno fatto polemica, chi altro?
Anche dei giornalisti…
Ma perché saranno di sinistra (ride). Io adesso vi faccio una domanda, come si fa ad accertare che effettivamente è stato uno stupro? O che non c’è stata volontà anche da parte della presunta vittima? Facendole delle domande precise. Chiunque sia in buona fede non può che rispondere che siano domande giuste. L’unica domanda che non riesco veramente a capire è quando le è stato chiesto perché non fosse lubrificata. Non è che una donna è sempre lubrificata. Non è che ha detto “era o non era lubrificata?”, ha detto che non lo era, come faceva a saperlo? Questa è una domanda, se è vera, assurda e fuori luogo; ma altre che ho letto sui giornali mi sembrano assolutamente coerenti.
Quindi lei sta dicendo che quando una donna denuncia uno stupro non bisogna crederle a prescindere.
Ma ci mancherebbe altro che sia creduta a prescindere. Si deve fare un processo per accertarlo e il processo si basa sul contraddittorio. Se una donna denuncia, l'avvocato della difesa deve mettersi in contrapposizione con quella denuncia e verificare che cos’è concretamente successo. Solo questo può dare la certezza del processo, cioè dell’accertamento della verità almeno processuale. Io non lo so chi è che pensi che la donna debba essere creduta a prescindere, ma chiunque lo pensi è un ignorante. Tutto ciò soprattutto in un processo, nel quale il contraddittorio è fondamentale, altrimenti sarebbe anticostituzionale. L'avvocato dei ragazzi sta facendo valere il diritto previsto dall'articolo 24 della Costituzione, che li garantisce. E il diritto di difesa è proprio quello di rispondere e di domandare nel contraddittorio delle parti, accusa e difesa. Se viene a mancare questa possibilità, è un’esecuzione più che un processo. Come vorrebbero molte persone ogni volta che si parla di uno stupro.
Si sta riferendo alle femministe?
Anche. Loro vorrebbero che il presunto colpevole di stupro, sulla base della sola parola “d’onore” della vittima, fosse giustiziato, e, peraltro, dopo che loro stesse affermano di avere il diritto di fare quello che vogliono. Solo loro?