I numeri non mentono, e quelli dei mercati finanziari parlano chiaro: dall’inizio dell’anno, i mercati azionari statunitensi hanno visto evaporare circa 5.700 miliardi di dollari, una cifra che supera il doppio del Pil italiano. E non è tutto, come spiega Federico Fubini sul Corriere della sera: dal picco di febbraio, la perdita complessiva è arrivata a 11.600 miliardi di dollari, ossia circa il 10% del Pil globale. Un segnale evidente che qualcosa sta andando storto nella sfida tra Donald Trump e il sistema economico mondiale. Ad oggi, il punteggio della partita tra il presidente americano e i mercati finanziari sembra essere nettamente a favore di questi ultimi: 4-0. E, nonostante sia difficile dire se la partita sia finita o meno, il presidente ha già dovuto fare marcia indietro in più occasioni, dimostrando che il potere dei mercati è una forza con la quale anche lui non può fare a meno di confrontarsi. Una delle prime marce indietro di Trump è arrivata con l’attacco alla Federal Reserve e al suo presidente, Jerome Powell. Accusato di essere il colpevole di un rallentamento economico che, secondo Trump, danneggia gli Stati Uniti, Powell è stato addirittura definito "Mr. Too Late" dal presidente. Trump ha minacciato di rimuoverlo, ma la sua retorica ha avuto l’effetto di innescare una fuga di capitali dal dollaro, facendone scendere il valore del 6% contro il franco svizzero in pochi giorni. La lezione? Trump ha dovuto fare marcia indietro, rassicurando che Powell non sarebbe stato licenziato, per evitare ulteriori danni economici.

Un’altra battaglia persa riguarda la guerra commerciale con la Cina. Dopo aver imposto dazi punitivi, arrivando fino al 145%, Trump ha dovuto cedere di fronte ai crolli dei mercati. Il presidente, che inizialmente aveva annunciato la "fine del gioco duro", ha ridotto la portata dei dazi, dicendo che non sarebbero mai stati così elevati come inizialmente previsto. Sebbene non ci siano state concessioni da parte di Pechino, è evidente che la mossa di Trump è stata dettata più dal timore di nuovi disastri sui mercati che dalle reali intenzioni di negoziazione con la Cina. Non è la prima volta che Trump è costretto a rivedere la sua posizione a causa dei mercati. Già il 9 aprile, il presidente aveva sospeso i dazi su 184 Paesi, optando per una tariffa generale del 10% in attesa di ulteriori negoziati. L'11 aprile, poi, ha esentato alcuni prodotti elettronici da una nuova imposta, con un occhio particolare ai danni che avrebbe subito Apple, che avrebbe visto svanire in pochi giorni miliardi di dollari in valore di mercato. La marcia indietro di Trump offre lezioni importanti anche per l'Europa, che si prepara ad affrontare simili negoziati con il presidente. I mercati globali sono forze potenti, in grado di influenzare anche le decisioni politiche più forti. Trump ha imparato a sue spese che, quando i mercati prendono una direzione, è difficile contrastarli senza pagare un prezzo economico.
