Diciamo che Gad Lerner inizia a prenderci gusto. Cinque anni fa lasciò La Repubblica, quella di Molinari e gruppo Gedi (John Elkann). L’espediente fu il licenziamento di Carlo Verdelli (lo stesso giorno in cui uscì un manifesto in cui si leggeva la sua data - ovviamente falsa - di morte). Il motivo per cui lasciò il quotidiano: “Già non lo riconosco più”.
Passò così a Il Fatto quotidiano di Marco Travaglio, già ai tempi un giornale sostanzialmente grillino e cioè vicino a quel mondo che riuscì a tenere insieme il peggio del populismo di destra e di sinistra, qualcosa che più che una forza politica, almeno all’inizio (si ricordi il commento di Massimo Cacciari in una puntata di Annozero insieme a Franco Battiato, allora infatuato di Grillo), era un sintomo di un malessere. Ma un giornale che diventa riferimento culturale di un malessere, che cultura politica potrà mai rivendicare? Decisamente non la storia di Repubblica, la cui forza era tutta in quell’impronta, data da Scalfari, di sinistra antiberlusconiana. Né quella de Il Maifesto marxista. Né dei giornali aziendali di destra. Il Fatto prometteva solo scoop, solo inchieste, solo esclusive. Ma l’obiettivo è sempre stato, soprattutto negli ultimi anni (diciamo cinque? Dalla pandemia in poi) quel maledetto Occidente.

E ora, che quel maledetto Occidente viene attaccato dall’interno, da una quinta colonna populista, trumpiana, fascista, putiniana, Gad Lerner si accorge di quanto anti occidentale e anti europeista e rossobruni sia Il Fatto. Si dimette un’altra volta, stavolta con motivazioni molto dure e specifiche: “Voglio ringraziare i colleghi della redazione per questi cinque anni trascorsi insieme. Negli ultimi tempi ho sentito crescere la mia distanza dalla linea del giornale, soprattutto per l’indulgenza – a mio parere – mostrata di fronte all’ascesa delle destre nazionaliste e fascistoidi: da Trump a Putin fino a casa nostra. Ciò non diminuisce di una virgola il mio apprezzamento per l’indipendenza del giornale e per la sua capacità di dare notizie scomode. Ho ringraziato il direttore per la libertà di cui ho goduto e vi saluto tutti con affetto".
Così questa collaborazione “travagliata” giunge alla fine per motivi talmente noti e banali che un giornalista e di esperienza come Lerner non è chiaro come possa non averli maturati nei cinque anni passati. Addio alle pessime maglie metalliche di penne e stampanti che negli ultimi anni hanno accolto le voci più populiste del panorama culturale e politico italiano (da Alessandro Orsini a Francesca Albanese). Insomma, da giornalista di spicco a Internet Explorer, Trenitalia della stampa italiana in ritardo su tutto. È vero, meglio tardi che mai. Ma meglio prima, per non fare pessime figure. Comunque in bocca al lupo a Gad Lerner, che anche lui qualcosa di giusto ogni tanto la fa. Diciamo una volta ogni morte di papa.
