Tutto, in nome dello show. Perché il pubblico cerca sempre più l'entertainment, oltre alle esibizioni canore. Si scrive Sanremo, che si è chiuso con dati trionfali di ascolto, si potrebbe anche leggere Super Bowl, la finale del campionato di football americano, che si gioca questa sera (ore 24 italiane) a Glendale (Arizona) tra Kansas City Chiefs e Philadelphia Eagles.
È la partita attesa da un anno dagli americani, che si piazzano in oltre cento milioni davanti a uno schermo, qualunque esso sia, per vedere la palla ovale che vola, placcaggi e touchdown e per la sfilata delle stelle in tribuna. Famiglie riunite, segue la partita anche chi non distingue un field goal da un primo down. È l’esaltazione dello state of mind americano.
Un inno al consumismo sfrenato che avvolge anche il giro di scommesse. Si gioca in Arizona, è la prima edizione in uno stato in cui è legale scommettere, sono previste scommesse per 16 miliardi di dollari, il doppio dello scorso anno, secondo i dati dell’American Gaming Association.
All’evento partecipano cantanti, attori, presentatori, star dei social. Un pacchetto di mischia da far invidia alla notte degli Oscar. E poi c’è lo spettacolo nell’intervallo della gara, l’halftime show: palco montato in tempi record da migliaia di addetti ai lavori, quest’anno si esibisce Rihanna, in passato ci sono saliti Bruce Springsteen, Paul McCartney, Madonna, i Rolling Stones. Nessuno è stato mai pagato, è la Nfl a coprire le spese di produzione, viaggio, alloggio in hotel a cinque stelle. E non è quantificabile il ritorno in termini di visibilità per gli artisti.
È il momento più atteso, il momento in cui la Nfl è vista da quasi un americano su tre, che richiama l’interesse delle multinazionali che arrivano a spendere sette milioni di dollari per assicurarsi uno spot televisivo da 30 secondi. Ne andranno in onda, secondo le stime di Statista, circa 80. Dieci anni fa costavano in media la metà (3,8 milioni di dollari).
Il costo dei minispot sale di anno in anno, anche se l’economia ristagna, anche nell’era della pandemia, in cui gli ascolti sono comunque scesi, attestandosi intorno ai 100 milioni di telespettatori. Senza contare poi le spese degli americani per il merchandising del Super Bowl, l’incredibile quantità di ordinativi per cibo e bibite a domicilio durante la partita. Il giro d’affari complessivo del Superbowl, mandato in onda nel 2022 da Nbc, ha sfiorato i 580 milioni di dollari, circa 140 milioni in più rispetto all'edizione precedente, segnata dal Covid-19. Le stime per questa edizione indicano lo sforamento di quota 600 milioni di dollari. Per una sola partita.
Sanremo è una specie di Superbowl, ovviamente in scala ridotta. E se può sembrare complicato sovrapporre un format che vede protagonisti cantanti e giocatori di football, il modello sanremese, specie nelle ultime edizioni, sembra proprio ispirarsi a eventi come il Super Bowl. Ovvero, contenitori in cui mettere dentro un po’ di tutto, diritti civili e messaggi sociali, influencer che raccolgono adepti sui social, promozioni di programmi tv e fiction, per prendere una fetta sempre più ampia di platea televisiva e mediatica.
E quindi alimentano il flusso del registro di cassa anche gli istinti violenti di Blanco, il monologo sul razzismo di Paola Egonu, il messaggio sul body positive di BigMama, il gender fluid di Rosa Chemical, Fedez che fa a pezzi la foto di un politico o la querelle sulla presenza di Zelensky.
Il modello può essere rappresentato appunto dal Super Bowl, divenuto in passato il teatro di temi politici e culturali: Beyoncé nel 2016 ha portato in scena un omaggio ai Black Panther e al movimento Black Lives Matter. Due anni dopo, nello spot del colosso Chrysler è stato inserito un segmento del discorso di Martin Luther King del 1968, in cui c’era un’esplicita critica alla spesa per le automobili, ma accuratamente espunte dai montatori.
Magari alla politica questo modello non piace, anche se può essere la piattaforma per il solito esercizio di propaganda, ma il mix di temi sociali, diritti civili e pezzi di costume del paese è un elemento che contribuisce a fare spettacolo, ad attirare gli spettatori-consumatori davanti a uno schermo. Infatti la raccolta pubblicitaria di Sanremo è stata intorno ai 50 milioni di euro, una cifra assai lontana ovviamente dai numeri del Super Bowl che conta su un bacino di utenza sei volte maggiore rispetto allo show dell’Ariston. L’edizione del 2022 si era chiusa con una raccolta pubblicitaria di 42 milioni di euro, in crescita di oltre il 10% rispetto ai 38 dell’anno precedente. Rai Pubblicità ha spiegato che si è superato il modello classico di sponsorizzazione, aprendo a diversi marchi che sono stati parte integrante dello show. La sensazione è che il modello produca guadagni: sarà difficile tornare indietro.