Eccentrico realista o idealista incompreso? Buono o cattivo? Ciò che non è in discussione, oggi, è che personaggio chiave del Novecento se ne va. Si è spento, infatti, nella sua casa del Connecticut l’ex Segretario di Stato e consigliere per la sicurezza nazionale, Henry Kissinger. Ebreo nato in Germania ed emigrato negli Usa nel 1938, aveva compiuto 100 anni lo scorso 27 maggio. Allievo del diplomatico “realista” Hans Morgenthau (anche se l’etichetta di realista applicata al Professor Henry è assai limitante), fu prima di tutto uno studioso e docente di Relazioni Internazionali presso l’Università di Harvard. Ammiratore di Kant e Metternich, prima di essere notato e scelto direttamente da Nelson Rockefeller, allora collaboratore del presidente Eisenhower, come consulente. Il diplomatico nato a Fürth, in Baviera, il 27 maggio 1923, ha dominato la politica estera americana per più di mezzo secolo, ponendo fine alla guerra del Vietnam e normalizzando le relazioni con la Cina in funzione anti-sovietica. In una sua famosa citazione c’è tutta la sua filosofia di governo: “Un Paese che esige la perfezione morale nella sua politica estera”, dichiarò una volta, “non raggiungerà né la perfezione né la sicurezza”. Il diplomatico, Premio Nobel per la Pace nel 1973, è stato autore di opere fondamentali nell’ambito delle relazioni internazionali e diplomatiche quali L’Arte della Diplomazia, (Sperling & Kupfer, 2004), Ordine Mondiale (Mondadori, 2017) e Cina (Mondadori, 2018) ed è considerato, pur tra luci e ombre, il più importante stratega politico del ‘900. Più che “realista”, Kissinger era un internazionalista liberale pragmatico. Talvolta cinico. La sua più grande lezione? Quella di saper dialogare con tutti, anche con i nemici peggiori, nel nome dell’interesse nazionale.
Lo statista che ha consigliato 12 presidenti Usa
Henry Kissinger aveva una lista infinita di contatti e la battuta pronta. “il potere”, amava dire,“è l'afrodisiaco per eccellenza”. Lo statista americano, con la sua voce roca e profonda e il suo accento tedesco inconfondibile, fu dal 1969 al 1976, il principale stratega della politica statunitense in piena Guerra fredda, sin da quando Richard Nixon lo scelse come suo consigliere per la sicurezza nazionale prima di diventare, nel 1973, Segretario di Stato. Sopravvissuto allo scandalo Watergate che pose fine alla presidenza Nixon, Kissinger proseguì la sua avventura alla Casa Bianca con l’amministrazione Ford. Ma anche dopo il 1976, fu interpellato da tutti i presidenti americani che si susseguirono alla Casa Bianca, da Carter fino a Joe Biden passando per Bill Clinton e Barack Obama, consigliando ben 12 inquilini della Casa Bianca. Le figlie di Nixon, Tricia Nixon Cox e Julie Nixon Eisenhower, in una nota, ricordano la "partnership che ha prodotto una generazione di pace per la nostra nazione" aggiungendo che "insieme, Richard Nixon e Henry Kissinger hanno portato avanti la grande causa della pace e libertà, e oggi si unisce ai nostri genitori nel riposo eterno”.
L’ombra del golpe in Cile
Non mancano le ingombranti ombre sul suo operato: su tutte, il colpo di stato in Cile del settembre 1973, che portò alla destituzione del presidente democraticamente eletto, Salvador Allende e all’instaurazione del regime militare di Pinochet, che vide gli Stati Uniti direttamente coinvolti in un’operazione di “Regime change”. Washington, infatti, lavorò per porre fine alla presidenza di Allende e, a sua volta, contribuì a legittimare una dittatura di destra (durante i successivi 17 anni di governo del generale Augusto Pinochet, più di 3.000 persone sarebbero scomparse o uccise e circa 38.000 sarebbero diventate prigionieri politici, la maggior parte delle quali vittime di tortura). Nei mesi precedenti le elezioni cilene nelle quali vinse Allende, gli Stati Uniti spesero centinaia di migliaia di dollari in una grande campagna di propaganda mirata a impedire ad Allende di prendere il potere: basti pensare che El Mercurio, un grande quotidiano di Santiago che si opponeva al candidato socialista, ricevette almeno 1,5 milioni di dollari dalla CIA. Il coinvolgimento degli Usa nel golpe rimase un’ombra sulla politica estera Usa per i decenni successivi. Una macchia indelebile. Tanto che Kissinger stesso disse a Nixon cinque giorni dopo il colpo di Stato: "Non siamo stati noi. Voglio dire che li abbiamo aiutati. Abbiamo creato le condizioni migliori possibili” affinché quel golpe si verificasse.
Cosa dicono (e dicevano) di lui
Come ricorda La Stampa, Henry Kissinger era anche un appassionato di calcio e tifoso della Juventus, amico personale dell’Avvocato Agnelli, sposatosi due volte e amante delle luci di Hollywood e dei bagliori della vita culturale. Forse nessun personaggio della politica statunitense e mondiale è stato così diviso, come testimoniano le opinioni che storici, politici, giornalisti, politologi, hanno espresso su di lui nel corso dei decenni. “Henry Kissinger è una delle persone peggiori che abbiano mai rappresentato una forza per il bene” afferma Nicholas Thompson, editore del New Yorker, mentre Greg Grandin, professore di storia alla New York University e autore di Kissinger's Shadow: The Long Reach of America's Most Controversial Statesmen, sottolinea che "chiedersi se Kissinger sia un realista o un idealista non tiene conto di un aspetto più interessante della filosofia della sua storia: il suo soggettivismo radicale”. Oriana Fallaci, che aveva avuto l’opportunità di intervistarlo, scrisse - come riportato in Intervista con la Storia edito da Rizzoli - che lo statista nato in Germania era “un personaggio incredibile, inspiegabile, in fondo assurdo, che s’incontrava con Mao Tse-tung quando voleva, entrava nel Cremlino quando ne aveva voglia, svegliava il presidente degli Stati Uniti e gli entrava in camera quando lo riteneva opportuno”.