Sono devastato, è morto Michele Migliarini, la persona migliore che abbia mai conosciuto. Sono disperato, devastato. Sei lì che mangi, brindi, ridi e ti arriva una telefonata del mio collega Carlo Faricciotti che mi chiede se sto guidando, se sono seduto. Dico colo tono un po’ da cazzaro: «Parla». «Michele ha avuto un incidente in moto, una macchina ha invaso la corsia opposta all’improvviso, in controsenso, e l’ha preso frontalmente. Lui non ce l’ha fatta, la moglie era con lui, è stata portata in elisoccorso al Cto di Torino, ha fratturate le caviglie e il bacino, ma si riprenderà». Sono riuscito ad urlare solo un «No». Poi le lacrime, e non ho ancora smesso. Forse scrivere di lui mi fa bene e fa bene a chi lo amava. Ma il dolore è totale, per me, per tutti: Michele è Michele Migliarini ed era la perfezione vivente, aveva solo 56 anni. Ed era buono, il più buono di sempre, di una bontà disarmante e mai ostentata, con un senso dell’amicizia assoluto, generoso, adorato da tutti, perfino dagli animali, tanto che anche i cani più feroci gli si accucciavano ai piedi per strada, e con una famiglia fantastica, la moglie Caterina, che per fare bene l’insegnante di sostegno si è presa una seconda laurea, un figlio, Davide, un grande esperto di post produzione fotografica richiesto in tutto il mondo, e un altro figlio, Giacomo, che studia, ma la sera fa il cameriere perché «devo camminare con le mie gambe». In più Michele era anche colto, laureato con 110 e lode all’Accademia di Brera. Ed era bello, bellissimo, alto uno e novanta, occhi neri, brucianti, la barba brizzolata, il fisico di un nuotatore che faceva 15 chilometri alla settimana di nuoto in piscina.

E da dieci anni circa io a Michele Migliarini ero attaccato come una cozza, e lo ero fino a venerdì sera: era l’art director della Rubberduck, il miglior service editoriale forse d’Europa, sicuramente d’Italia, sia per la grafica, sia per i testi, sia per i siti, apprezzato da editori come Urbano Cairo, da intellettuali come il professor Stefano Zecchi, che si è rivolto a Rubberduck per un’esposizione fantastica a palazzo Reale, e con lui da anni io realizzo Novella 2000, Visto, un magazine di Sposa, uno di Cucina, uno di Beauty. Guardo le sue foto, scattate da me, e non riesco a rassegnarmi: Michele c’era, proprio ventiquattrore prima mi salutava aprendo appena la porta, per non disturbare, e solo 24 ore dopo basta, non c’è più. Per sempre. «Sono devastato», mi dice il suo socio, amico, quasi un fratello, Paolo Bosani, un altro art director strepitoso. «Era più di un fratello», mi corregge, «l’uomo più buono e più capace del mondo». Paolo Bosani lavora con lui da vent’anni, sa e non sbaglia quando parla di Michele, ma è anche il mio pensiero, e quello di Massimo Murianni, altro bravissimo giornalista, che era in Francia in vacanza ed è voluto tornare. La pensano così anche Carlo Faricciotti, direttore di Visto, Adele Ucussich, ottima grafica, e giornalisti che collaboravano con lui come Tiziana Cialdea, Pierluigi Gaudio, Matteo Calzaretta, Fabrizio Barbuto, Armando Sanchez, ma l’elenco è lunghissimo. Mia moglie Betta Guerreri, che adorava Michele, cerca di sostenermi, ma il magone annienta l’anima di tutti.

Sono andato a pregare in chiesa, ma la domanda è: «Come può Dio permettere una cosa così atroce?». Un uomo guida benissimo la sua Honda, è espertissimo, rispetta i limiti, sua moglie l’abbraccia da dietro, e un altro uomo, su un’auto, invade la corsia e lo uccide (la moto ha preso pure fuoco). Dio, dov’eri? Davide e Giacomo, i figli di Michele, sono andati a prendere il nonno, il papà di Michele, il grande architetto Sandro Migliarini, genovese (ma vive a Londra, anche se ha una casa a Cuggiono, dove si trovava), mentre il fratello di Michele, lo scultore Sebastiano Migliarini, che vive in Provenza, è andato a Londra a prendere la madre. Ed è terribile per un padre e una madre sotterrare un figlio, un figlio così perfetto, poi. Domani entrerò in ufficio e ci sarà il suo studio, il tavolo, la sua stilografica. Già avevo pronte le uova di Pasqua da portare per tutti, anche per lui. È passato solo un fine settimana. Ma non ci sarà Michele. E la vita di tutti quelli che ho citato è spezzata, più povera, senza la sua luce. Un lutto che è una coperta di cemento sul cuore. Michele, ma quanto sei amato…