E’ sulla bocca di tutti, ma nessuno ne scrive, perché? Perché forse non c’è nulla di cui scrivere. Non c’è nessun reato. Se pure Dagospia, il Fatto Quotidiano, Report, parlano della cosa a spizzichi e bocconi, timidamente, le ragioni sono due. O bisogna trattenersi dall’esporsi perché c’è da avere tanta paura, oppure non c’è nulla di concreto su cui ragionare. Scegliamo nessuna delle due opzioni, perché è molto più semplice non esporsi. Qui non c’è altro che da porsi qualche semplice domanda e fare una breve ricerca su internet. Perché? Perché Giorgia Meloni avrebbe acquistato – di tasca propria – la villa di lusso per 1,5 milioni di euro (un ottimo affare) da Massimiliano e Serafino Scarozza, figli di Giancarlo Scarozza, marito in seconde nozze di Lucia Mokbel, sorella di Gennaro Mokbel? Perché tra tutte le possibili opzioni, proprio questa? Mah, forse perché non vi è nulla di illecito in questo. Meloni non ha acquistato direttamente da Gennaro la casa in cui vive nel sud di Roma, l’ha solo acquistata da quell’ex direttore dei lavori Punti Verde Qualità, allora indagato insieme alla moglie Lucia nell’inchiesta sulle concessioni sospette. A tal proposito venne intercettato in una telefonata con il cognato Gennaro “è possibbile acciuffà quello sulla Colombo?”. Ma questo non vuol dir niente.
E poi chi sia Gennaro Mokbel, lo sanno tutti, è scritto ovunque e forse è inutile ripetersi. Ma il fatto è che se sei il presidente del Consiglio devi essere come la moglie di Cesare. E allora si capisce che i giornalisti si attivino e inizino a ricamarci su, ci sta, e fanno bene, è il loro lavoro. C’è finalmente qualcosa da raccontare. Quindi sintetizziamo brevemente senza essere troppo sibillini, dato che Meloni, a differenza di Gianfranco Fini, questa casa se l’è pagata di tasca propria. Indicato come l’organizzatore della maxi-truffa da più di due miliardi di euro nei confronti di Fastweb e Telecom Italia Sparkle. Condannato in primo grado a 15 anni di carcere per associazione a delinquere. Pena ridotta in appello a dieci anni e mezzo nel 2017. Già nel 2014, fuori dal carcere per ragioni di salute, scontando la sua pena ai domiciliari, Gennaro Mokbel tra meno di due anni tornerà libero, giusto in tempo per godersi le prossime elezioni politiche. Ma questo che significa? Un beneamato c**o. Lo sappiamo. E allora? Vogliamo passare a sua sorella Lucia? Va bene, rinfreschiamoci un po’ la memoria. Prime nozze con Gianni Diana, nel lontano 1978 abitavano in via Gradoli 96, interno 9, secondo piano, a lato dell’appartamento interno 11, dove erano alloggiati i brigatisti delle Brigate Rosse, il celebre “covo del sig. Borghi” durante il sequestro di Aldo Moro. E vabbé può pure capitare no? La Lucia dichiarò pure di aver sentito dei rumori tipo “codici morse” proprio nei giorni del rapimento. Vabbé ma che vuol dire? Proprio niente. Poteva capitare pure a te che stai leggendo no? Massì, poi spiegatemi cosa c’entra che suo marito, all’epoca, fosse figlio di Michele Finocchi, l’ex capo di Gabinetto del Sisde al centro della vicenda dei fondi neri. Dai, non sono ironico. Sono serio (Serino), perché un po’ mi caco sotto a pensare che veramente sia possibile trovare qualcosa fuori posto quando si parla di Aldo Moro, Sisde e tutte quelle cose di cui ogni tanto i politici tornano a parlare per sentirsi meno in colpa e alleviare il peso che il segreto di Stato esercita sulle loro povere anime. Quel che non si può sapere non lo sapremo mai, mettiamoci l’anima in pace. Quel che si sa invece dovrebbe bastare a intrattenerci. L’avete visto “Training day”? Denzel Washington accoglie al bar il novellino Ethan Hawke, appena entrato a far parte della narcotici e lì, scocciato dalla sua presenza gli spiega cosa è un giornale. Una serie di pagine che contengono delle storie che dovrebbero intrattenerlo. Ma pure i romanzi intrattengono, sono solo un po’ più lunghi, bisogna starci dietro.
Ad esempio, cosa che si presta ad un romanzo di spionaggio, noir, o quant’altro, è il fatto che Gennaro Mokbel, oltre ad avere legami con la Banda della Magliana e il terrorismo di estrema destra, nelle intercettazioni telefoniche del Ros a proposito della questione Telecom Fastweb Sparkle, si vantasse di ottenere la più elevata onorificenza massonica. E poi? Che altro? Ah sì, Sara Iannone, che nel 1978 abitava nella stessa palazzina della Mokbel in via Gradoli 96, era molto amica di Lucia, oltre ad essere poi divenuta grande organizzatrice di eventi nella Roma mondana, e infine candidata nelle liste per Gianni Alemanno sindaco all’epoca di Mafia Capitale. Però poi non se ne è più fatto nulla di quella storia, lo sapete no? Sì, qualche documentario. Finita lì. Cioè, più o meno. Alemanno ora sta a Rebibbia, però vabbé quello è un altro discorso. Quindi de che stai a ciancicà aò? Proprio di niente, io nun sacc’nient. Son come le tre scimmiette. E poi tra l’altro dopo tutta quella storia di Affittopoli, con i politici del Pd che si affittavano antiche dimore romane ad appena mille euri al mese, proprio alla Presidente del Consiglio dobbiamo metterci a rompere le scatole? E va bene, c’era il Pd al potere, ma adesso ci sta Fdi, quindi si capisce che il giornalismo vada in questa direzione. E poi, in fondo è giusto che si scrivano queste cose per informare il popolo a cui complotti, per altro piacciono molto, così lo s’intrattiene. Come biasimarlo, il complotto è molto più divertente della verità, che spesso è banale. Ed è molto semplice oggi giorno, spacciare la verità per menzogna. Vedi Valerio Lundini che tutti i giorni dice di essere fascista e nessuno gli crede. E inoltre, conviene credere nei complotti. Perché se hai fortuna, magari fai centro.