Una manovra prudente, e dunque da elogiare. Ma anche una manovra che presenta rischi sui fronti di povertà, evasione fiscale e equità. Una manovra che favorisce troppo le partite Iva, che sono imprenditori individuali, sui lavoratori dipendenti; ma anche una manovra che aumenta l’estrazione fiscale sulle imprese energetiche per coprire le spese, e che dunque non sarà a debito. Questa fiera della contraddizione è l’esito dell’audizione di Fabrizio Balassone, capo del servizio struttura economica del Dipartimento economia e statistica della Banca d'Italia, in audizione sulla legge di Bilancio 2023 nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato.
Nel tentativo di dare un colpo al cerchio (non entrare in conflitto col Governo) e uno alla botte (avanzare rilievi legittimi) Via Nazionale finisce per sfasciare entrambi. Balassone si è pronunciato in un gioco d’acrobazia in cui è riuscito a scontentare tutti. Un po’ come fatto a luglio da Ignazio Visco, governatore di Bankitalia, per cui è un “bene che i salari non aumentino con l'inflazione” e dunque che i redditi già stagnanti degli italiani siano consumati dal carovita. Bene per la stabilità dei prezzi, ça va sans dire. Ma almeno nelle considerazioni del successore di Mario Draghi la base tecnica e il dato politico avevano un pur vago riferimento. Nelle uscite di Balassone invece si percepisce soltanto un equilibrismo fine a sé stesso.
Su questioni come l’aumento della fascia del regime semplificato per le partite Iva, il reddito di cittadinanza, il tetto al contante Balassone se ne esce con giudizi tecnico-moralistici che di pragmatico hanno ben poco. E spesso seguono la vulgata mediatica dell’una o dell’altra parte.
Per Balassone in manovra alcune delle misure non connesse all'emergenza energetica "presentano aspetti critici che la Banca d'Italia ha più volte segnalato in passato con riferimento a misure analoghe. La discrepanza di trattamento tributario tra dipendenti e autonomi, e all'interno di questi tra quelli sottoposti a regime forfettario ed esclusi, risulta accresciuta". Ma su queste colonne abbiamo provato a sottolineare come quella della dicotomia autonomi-dipendenti sia una problematica esagerata. E pur avendo sottolineato che i veri vincitori della manovra sono le 100mila partite Iva tra i 65 e gli 85mila euro di fatturato abbiamo anche rilevato il maggiore rischio povertà per le partite Iva a basso reddito, spesso “autonomi” solo a parole ma di fatto subordinati con minore tutele di welfare. Sul reddito di cittadinanza Balassone nota che si è trattato di una misura moderna ma che l’Italia debba prendere esempio da altre strutture europee. L'attuale assetto del reddito di cittadinanza "non è privo di aspetti critici, per lo più legati alla duplice natura dello strumento, che è al contempo misura assistenziale e di politica attiva per l'accompagnamento e l'inserimento dei beneficiari nel mondo del lavoro. La sua riforma complessiva" contenuta nella manovra "potrebbe essere un'occasione per risolvere l'ambiguità e rafforzare l'efficacia delle misure nel raggiungere le situazioni di bisogno". Peccato che il modello dei promotori del reddito sia stata la Germania, che unisce sostegno alla lotta alla povertà e ricerca lavoro e che parlare di “ambiguità” da risolvere in un contesto che, dati Istat alla mano, vedrà 850mila persone perdere o veder ridotto il sussidio su poco più di 2 milioni di riceventi rischia di produrre un effetto domino politico e sociale problematico. Totalmente ignorato, nelle sue conseguenze, dal tecnico di Via Nazionale.
Infine, su tetto al contante e libertà di pagamenti Pos un economista navigato come Balassone fa l’errore più grande: dare rilevanza istituzionale a un tema che è di ridotto cabotaggio politico. Invoca lo “spirito del Pnrr” contro politiche anti-modernizzazione. Parla dell’assist all’evasione dimenticando che chi evade lo fa molto spesso a prescindere da soglie e vincoli. Fa sua cioè, una narrativa: errore più grave per un membro di un’istituzione indipendente di vigilanza.
Il clamore suscitato dalle dichiarazioni nel mondo politico è stato inversamente proporzionale all’attenzione delle commissioni di Montecitorio e Palazzo Madama per l’intervento in diretta. Alla ripresa dei lavori per l'audizione di Bankitalia, alle 9 erano presenti - dopo un conteggio richiesto da Luigi Marattin (Az-Iv) - 7 parlamentari: 4 in presenza e 3 da remoto. Errato per il Governo non piazzare esponenti della maggioranza a dialogare con il relatore. Ma esagerato continuare a dare un peso esasperato nel dibattito pubblico alle uscite di chi, in fin dei conti, conclude ricordando che la manovra è “in linea con le previsioni” che Via Nazionale si aspettava. Una conferma del fatto che di manovra si parli troppo e a sproposito. E che anche chi dovrebbe farlo con postura da economista, come la Banca d’Italia, si ritira nel luogo comune e nell’autoreferenzialità. Senza aggiungere sostanza al dibattito.