Nel primo disegno della legge di bilancio c’è una bella notizia per le donne. L’IVA sugli assorbenti e sui pannolini scende al 5%. Si partiva dal 22%, il governo Draghi l’aveva tagliata al 10. Ora il governo Meloni la porta ai livelli dei più virtuosi tra i Paesi europei, considerando i beni in questione come di prima necessità. Certo, c’è molta strada da fare per arrivare al grado di civiltà di una Scozia, che nel 2020 aveva votato per l’accesso gratuito a questi beni. Ma siamo in buona compagnia verso la direzione giusta, con la Francia (5,5%), la Spagna (4%) e la Germania (7%). Un primo tentativo portava la firma di Laura Boldrini (recentemente contestata durante una manifestazione femminista), ma la commissione Finanza della Camera aveva bocciato l’iniziativa. Non che qualcuno a sinistra non ci abbia provato, dunque. Ma il risultato lo porta a casa un governo di centrodestra, il più a destra degli ultimi anni senza dubbio. Un governo a trazione femminile, anche se si fa chiamare – a pieno diritto – “il” Presidente. Un governo con idee ben poco progressiste pressocché su qualunque argomento, dai diritti civili alle questioni economiche. Eppure sono intervenute in modo netto ed encomiabile su un tema che affligge il gentil sesso.
Oddio, “gentil”, dipende. Stamattina facciamo un giro di chiamate tra alcune delle femministe più in vista di Italia. Chi risponde al telefono si dice non interessato, oppure ci manda a quel Paese. Insomma, noi bussiamo alla loro porta, loro – se decidono di aprirla – ce la sbattono in faccia. Forse perché abbiamo un nervo scoperto, quello della totale inerzia del femminismo italiano. Ma la domanda rimane: in che modo una battaglia a sinistra è stata vinta dalla destra, con l’esisto sperato proprio dalle femministe? A questa se ne aggiunge una seconda: cosa si prova a vedersi scalzati da un governo notoriamente conservatore e, per molti versi, retrogrado? Certo, non basta che Giorgia Meloni sia una donna per essere a favore delle donne. Ma essere un politico che abbassa la tampon tax, agevolando donne e mamme (per chi necessita di pannolini), non è poco. Certo non basterà neanche questo agli occhi del femminismo meno navigato, quello 2.0. E tutto sommato hanno ragione, perché non sono due o tre azioni a fare di una figura politica una o un femminista. Ci sono l’ideologia, l’attivismo.
Iniziamo da qui. La totale dispersione di energie che il femminismo sceglie di spendere per l’ideologia e l’attivismo va a scapito delle azioni reali. È molto più importante cacciare da una piazza Laura Boldrini e blaterare di “problemi ben più profondi e strutturali”, che non risolvere problemi più circoscritti e affrontabili. Nel frattempo gli altri, anche i peggiori ai nostri occhi, fanno il lavoro sporco per noi. Prima un masculo, Mario Draghi, poi un Presidente donna, Giorgia Meloni, circondata da maschi la cui sensibilità su questi temi rasenta lo zero. Certo le idee e la militanza sono ben più importanti per una Chiesa, come quella femminista, che non le azioni reali. Il dogma e il rito valgono più della carità e dell’umiltà. Ma prima o poi arriva il sorpasso. Doveva arrivare. Anche perché se il modus operandi diventa il piattissimo prendersela sempre con qualcuno diverso da noi, prima con gli uomini cis etero e bianchi che partecipano alle manifestazioni, poi con le femministe trans escludenti ò la Rowling, poi con chi prende provvedimenti femministi ma non è femminista, e vai di fantasia; be’, è scontato che qualcosa possa fare meglio di noi sul nostro stesso campo. Come se le femministe, per seminare un campo, avessero pensato di iniziare a costruire spaventapasseri contro qualsiasi minaccia, scordandosi di arare e posizionare i semi.
Non facciamoci illusioni. Giorgia Meloni non sarà mai una femminista. Non tenterà di mettere in crisi il ruolo che alla donna spetta secondo il nostro modello di società. Ma dopotutto neanche le femministe sono realmente tali se, fin troppo preoccupate dal cosiddetto fallogocentrismo (il linguaggio poco inclusivo), si scordano di complimentarsi con chi fa sì che costi di meno un bene di prima necessità. Perché questo è successo. Nessun complimento, tantomeno nessuna ammissione di colpa. Fino a ieri tutte con Twitter aperto sul cellulare e una velocità di reazione alla cronaca di un secondo. Da zero a dieci cazzate in un lampo. Oggi, che la novità sulla tampon tax dovrebbe fornire l’occasione per fare un mea culpa pubblico, e i complimenti a una figura che, bene o male, potrebbe prendere delle scelte importanti da qui a cinque anni, tutto tace. Scarsa disposizione al riformismo, dunque al dialogo, dunque ai passi avanti. Ma quanto scommettiamo che usciranno fiumi dia rticoli sul pensionamento anticipato per le mamme? Perché è immorale mandare in pensione prima solo in base al numero di figli. È evidente. Fa anche parte del pessimismo infantile della cultura woke, che vede ovunque spettri nel buio, ma si scorda che sulla casa a volte ci batte anche la luce. Potremmo riscrivere i versi di un memorabile poeta antipatico agli antifascisti con poco senso del gusto, e rivolgerci così alle femministe che non hanno risposto alla nostra chiamata, e non scrivono nulla nei loro bulimici social: «Taci. Su le soglie / dei social non odo / parole che dicano / brava» alla Meloni, anche se un “brava” stavolta se lo sarebbe meritato.