Redpillatore, Essere uomo, Forum dei Brutti, il Galantuomo Dissacrante, blog, gruppi e chat su Telegram e gli altri social formano la cosiddetta manosphere, l’universo online delle comunità maschili anti-femministe, quando non anti-femminili. Il web ha visto crescere negli anni una vera fungaia di spazi dove l’orgoglio maschile, più o meno ferito, a volte sublimato in riflessioni colte di alto livello, altre in sfogatoi di puro e umano risentimento, trova punti d’incontro, per lo meno virtuali. Accomunati tutti da un'aperta contestazione nei confronti delle donne, in un gioco di specchi in cui gli uni accusano le altre di essere vittime del potere della controparte. Uno scrittore che nelle sue opere e nel suo quotidiano battage online si occupa alacremente della questione è Matteo Fais, fondatore del sito Il Detonatore, il cui ultimo libro è “Le regole dell’estinzione” (Castelvecchi). La sua posizione, discutibile come tutte, è interessante perché, pur schierato con il “male pride”, allo stesso tempo attacca il vittimismo di maschi che preferiscono evocare scorciatoie, direbbe lui uomo di destra, “illiberali”, anziché riconquistarsi da soli, con i fatti, l’orgoglio perduto.
Matteo, come descriveresti in sintesi i rapporti affettivo-sessuali fra donne e uomini, oggi?
Li descriverei nei termini di una Microfisica del Potere Femminile. La prima cosa da comprendere è che il Potere non è mai solo verticale (élite contro popolo), ma sempre anche orizzontale (padre/figlio, marito/moglie). Ogni rapporto è un rapporto di potere, una dialettica di piccoli padroni e servi. Sicuramente i legami uomo-donna, oggi come oggi, segnano la predominanza della seconda. Da qui il conflitto generalizzato che porta all’emergere di tutti questi siti della manosphere.
Un esempio concreto?
La ragazza che lava le scale o la cameriera del locale, per quanto economicamente subalterne e magari sfruttate, nella dinamica relazionale con un uomo (anche più abbiente), possono divenire le carnefici, avendo quella che è la merce più richiesta sul mercato. Possono circuirlo, depredandolo economicamente, sfruttare l’interno cosce per ascendere socialmente - cosa molto più difficile per un maschio -, ottenere cene, favori e quant’altro, tutto sommato in cambio di poco più che lusinghe e false promesse. Non basta appartenere alla stessa fascia di reddito per essere fratelli.
E l’uomo, come sta reagendo? Pare un pugile suonato (e femminizzato, effettivamente).
Grazie a Dio, al momento viviamo in una società decisamente più liberale e libertaria di quelle del passato. La donna può sposarsi o meno, procreare o no, divorziare e abortire. Naturalmente, come in ogni condizione in cui i lacci sono stati allentati, la situazione può prendere una deriva incontrollata. Accade infatti, per esempio, che le donne possano rifiutare la maggior parte dei maschi, andando solo con una ristretta cerchia selezionata di privilegiati e lasciare agli altri unicamente la possibilità di acquistare la foto della loro passera, per 50 euro, su OnlyFans. Oppure, ci si può ritrovare di fronte a quelle che avanzano pretese assurde, come se ogni uomo fosse un bancomat inesauribile. Come sempre, in questi casi, il problema siamo noi. È proprio come nel mercato del lavoro: se l’imprenditore trova 5000 persone disposte ad accettare qualsiasi tipo di retribuzione, pur di avere un posto, decide lui; se tutti lo mandano a fare in culo, deve cedere. Similmente, le donne possono avanzare queste pretese perché trovano maree di zerbini che le tempestano di like e lusinghe, senza capire che, così facendo, rovinano il mercato, sicché ci si ritrova nell’assurda condizione per cui anche un cesso di 120 chili si comporterà come neppure Kate Moss negli anni ’90.
Ma nel mercato si agisce in base al calcolo costi/benefici in vista di un profitto misurabile, quantitativo. Cosa c’entra questo con l’imponderabilità e insondabilità delle emozioni, del desiderio, delle pulsioni inconsce, delle fantasie, dei sogni più riposti e segreti? Il campo delle relazioni è equiparabile al mercato?
Equiparabile no. Affine sì. Attrazione, sentimento e passione non possono essere redistribuiti alla stregua dei beni materiali. Certo, però, una qualche somiglianza con il sistema della domanda e l’offerta c’è. Esempio terra terra: se tutti quanti assecondiamo le donne e ci dissanguiamo per portarle tre volte a settimana a mangiare aragosta e caviale, è chiaro che quelle, anche giustamente, non si accontenteranno più di un semplice kebab da 5 euro. Quindi, occorre tenere a bada le pretese e aspirazioni femminili. Ma questo possiamo farlo solo noi maschi, ognuno adoperando il proprio buonsenso. Non deve essere lo Stato a stilare un piano quinquennale della vagina, dicendo che le donne portate a cena, da oggi, non potranno mangiare più di una fetta di prosciutto.
Chiedo venia, ma risulta difficile immaginare che qualcuno pensi a un controllo statale della scopata.
Tu riderai, ma c’è gente che pensa qualcosa di molto simile tra i partecipanti alla manosphere. C’è da dire che a tanta di questa confusione ha contribuito un famoso passo del primo romanzo di Houellebecq, “Estensione del dominio della lotta”, in cui si traccia uno struggente parallelo tra economia e sessualità. Houellebecq ha ben compreso che la vita è crudele, che l’amore non è un traguardo meritocraticamente raggiungibile, ma un dono a cui alcuni sono destinati e altri, mestamente, esclusi.
Mi consenta: Houllebecq sembra denunciare questo tipo di vita relazionale, quella, testuale, del “liberalismo sessuale” (che poi sarebbe il capitalismo). Non lo accetta: lo critica.
Non lo accetta nel senso che una tale condizione fa male, ma la considera senza possibilità di redenzione. Gli svalvolati, che notoriamente leggono senza senso critico, non hanno capito il solito spirito provocatorio del francese, che tutto auspica nella realtà fuorché soluzioni comuniste di redistribuzione. Come puoi mettere un blocco al libero intrecciarsi delle relazioni, a meno di non instaurare uno Stato etico spietato?
Intanto l’ultraliberale OnlyFans va a gonfie vele. Nella manosphere che si dice?
Il grosso di loro, sia di sinistra che di destra, è determinista. Della serie: propagando una certa idea per arrivare a correggere, manu militari, una stortura. Io, al contrario, faccio parte di una nicchia minoritaria: non appoggio per esempio la proposta di chiudere OnlyFans, dico piuttosto che deve essere ciascuno di noi a evitare di acquistare su tale piattaforma. Bisogna responsabilizzare i maschi per arrivare così a responsabilizzare anche le femmine. Non bisogna chiuderlo, l’ipotesi è assurda e illiberale, ma far capire agli uomini che chi vi lascia i suoi soldi è uno squallido invertebrato e merita la sua sorte di sfigato.
La parte più arrabbiata della platea maschile è costituita dagli Incel, i celibi involontari. Una realtà che sembra oggettivamente in inquietante ascesa. Saranno sfigati, ma stanno diventando un problema sociale.
La questione Incel è una delle più complesse. È indubbio che esista un problema con l’universo femminile, ma non è umanamente possibile che un ragazzo abitante in una città, per di più dotato di social, oggi come oggi, entro i trent’anni, non abbia trovato neppure una disperata disposta a mollargli la topa una volta che una. Ragionevolmente parlando, credo che ci sia più di uno che, al netto di tutti i problemi nel commercio col gentil sesso, mascheri dietro questi un disagio psichico per cui avrebbe bisogno di aiuto.
Ecco appunto: forse un supporto psicologico di massa, tipo affiancare al medico di base lo psicologo di base, non sarebbe un’idea poi così peregrina.
Non credo possa risolvere granché. Il disagio sociale è grande, su tutti i fronti, in particolare su quello economico. Non possiamo creare una società di analizzati, in cui tutti sono in cura. E, comunque, per quanto concerne la fattispecie di chi non scopa, o lo fa di rado, non sarà certo lo psicologo a trovargli la strada tra le cosce di qualcuna.
Però di chi soffre di un disagio psicologico, parliamone. Il trait d’union con i social è proprio il microcosmo dei blog di cui si diceva, la punta online di un iceberg fatto di oggettivo e diffuso disagio. Quali sono le proposte più pazze, ma anche più significative, uscite da lì?
Ho sentito proposte inenarrabili avanzate da squinternati mentali, come quella di una sorta di “fica di cittadinanza”. Una specie di redistribuzione delle donne in stile comunismo sessuale. Un delirio. Non è un caso che chi la proponga sia pure un sinistrato. Non so che cazzo se ne possa fare uno di una donna che gli viene assegnata d’ufficio e che, magari, con lui non vuole avere niente a che fare, men che mai farsi fottere. Inutili anche le idiozie di chi mira a indirizzare le donne, a mezzo dell’educazione, alla morigeratezza sessuale (verginità prematrimoniale, stigma per tutte coloro che non macchiano le lenzuola di rosso la prima notte di nozze). Sarebbe un lavaggio del cervello uguale e contrario a quello che spinge, oggi, al libertinaggio. Io voglio essere scelto dalla libertà di una donna, non mi interessa che mi affibbino una Stepford Wife, mentalmente plagiata, che mi apra le cosce per dovere coniugale, con ragionieristica regolarità. Sappiamo, peraltro, come funziona la redistribuzione nei Paesi comunisti: io faccio l’intellettuale di regime e altri diecimila lavorano in fabbrica. Sul piano sessuale, ciò significa che la nomenclatura si prende la vera fica e l’operaio sfigato si deve montare la grigia Pina Fantozzi che lavora alle Poste.
Quali invece le pretese più assurde delle donne?
Tante, troppe. Su tutte, quelle relative al body positive e alle curvy. La questione era partita con le migliori intenzioni, per poi rivelarsi intollerabilmente sordida. Si era pensato che fosse un modo per spingere le ragazze a evitare certe ossessioni, come quella del peso, che possono degenerare in bulimia o anoressia; oppure, per aiutare le diversamente abili a non buttarsi giù – cosa sacrosanta. La situazione è sfuggita di mano – incidentalmente, sempre a vantaggio della donna. Con la scusa che nessuno ha mai precisato dove finisce il curvy e inizia la patologia nota come obesità, uno scaldabagno inchiavabile e con i capelli viola ti insulta se la rifiuti, perché “se non ti piacciono le ragazze al naturale, ma le magre, sei malato”. Ma stiamo scherzando?! Stranamente, poi, queste modelle curvy, felici di far vedere che si ingurgitano pure una squadra di calcio, se gliela servi arrostita, quando si fanno le foto su Instagram, hanno sempre palestrati, con gli addominali in vista, ad accompagnarle. Insomma la pinguedine non deve essere un problema, salvo che per i detentori di un pene. Una sega!
Cosa proporresti tu per ridare slancio alla mascolinità depressa?
Io, quantomeno per attutire l’inevitabile danno, proporrei in prima istanza l’immediata riapertura delle case di tolleranza.
Questa non è tanto nuova.
Sarà brutto, sarà quel che ti pare, ma se non tutti possiamo mangiare crostacei, non avendoci i denari, ognuno deve almeno potersi concedere un tozzo di pane. Certo, in casino non si trova l’amore, ci si consola. Ma, come dire, non conosco soluzione migliore alla morfina per i malati terminali, mettiamola così. A ogni buon conto, se una scopata si potesse comprare, molte che campano sulla mancanza di fica dovrebbero abbassare le loro pretese.
Una soluzione, se soluzione è, che vale solo per il sesso. Non per gli affetti, appunto.
Certo, l’unica cosa redistribuibile in questo campo è, come per i beni materiali, il sesso. Frattanto, però, noi maschi dovremmo darci una svegliata. E dico tutti, nessuno escluso! Anche chi ne scopa cinque diverse al giorno. Se in massa tendiamo alla perfezione, ammazzandoci tra palestra, diete, indebitandoci per la macchina di lusso, è inevitabile che dall’altra parte si alzerà l’asticella a dismisura. Magari, ecco, dovremmo sviluppare una fratellanza virile che ci porti a non lottare tra noi, a unirci in social catena per arginare la pazzia dilagante del femminile.
Social catena?
Questo tempo che stiamo vivendo non è del tutto negativo, perché se esiste questo potere così forte del femminile, è altresì vero, parafrasando Foucault, che ogni potere genera sacche di resistenza, non altrettanto forti ma in questo caso molto agguerrite, come sono queste realtà web, al netto dei disagiati che ci stanno dentro. Grazie ai social e a internet tante persone che avrebbero potuto solo sussurrare rispetto all’andazzo generale nei rapporti fra uomo e donna, ora possono incontrarsi e lottare assieme.
Vabbè, ma in concreto?
In termini spicci: io, quando intuisco che la femmina davanti a me non ringrazierà, se la faccio passare per prima – e, credimi, ’ste stronzone le riconosci al volo –, col cazzo che mi faccio di lato! Vado avanti e che si fottano! La galanteria te la devi meritare, invece certe considerano il loro privilegio di femmine come una dato inalienabile. Facessero tutti come me, queste rimetterebbero la testa apposto in mezza giornata, stanne certo.
Un nuovo galateo. O anti-galateo.
Le donne devono vedere che hai spalle e palle, che non dipendi da loro. Se ti inginocchi, se elemosini un pelo di gnocca, ti schifano. Se baratti la tua dignità, come la minchia, gratuitamente, nessuno, e meno che mai una femmina, le riconoscerà alcun valore.