Tutti ne parlano, male. E se non male, con un notevole carico di pregiudizi abbastanza asinini. Chiunque, ma proprio chiunque, pensa di sapere esattamente cosa sia OnlyFans: una succursale del peggiore e più amatoriale porno che puoi trovare nell'Internet, nato dagli scandali legati a PornHub per la bomba esplosa sulla pagine del New York Times nel 2020 e visto come ancora di salvezza per segaioli e meretrici dell’ultima ora. Ecco: no. O almeno non solo. Andiamo per ordine, cos’è OnlyFans. Dopo averci ragionato un po’ su, questa piattaforma nata nel 2016 a Londra è un'occasione mancata. Almeno dalle nostre parti. Negli Usa meno. Da quelle parti, dove si respira business e “kfc” a qualunque ora del giorno e della notte, OnlyFans è più o meno quello che dovrebbe essere anche da noi: un mezzo per fare soldi, monetizzando sulle community che i content creator si sono costruiti col tempo.
OnlyFans non nasce come piattaforma per la distribuzione di pornografia più o meno fatta in casa (per quanto uno degli azionisti principali arrivi dal mondo dei film hard), ma per la produzione e la vendita di contenuti esclusivi di content creator e celebrity: da Cardi B a Chris Brown, dal personal trainer tipo Daniela Fainus, ispanica notevolissima che vende allenamenti personalizzati, a Erin Builds, che letteralmente spiega al mondo come sistemare grondaie, tetti e tavoli in truciolato. Nella terra delle armi libere e degli uteri incatenati, la OnlyFans ha una sua politica, una sua visione, una strada che sta percorrendo per includere e spingere i contenuti “normali” all’interno della propria piattaforma. E per vedere chiaramente dove stanno andando non è necessario fare incredibili ricerche online passando per siti di web marketing e comunicazione: basta dare un’occhiata (e manco troppo approfondita) all’account Instagram ufficiale della piattaforma. Tette, cocktail, sport, food.
Come funziona
Aprire un account of per la vendita di contenuti è piuttosto semplice: ci si registra, si inseriscono i dati anagrafici, si inserisce la scansione di un documento di identità, ci si fa un selfie con il documento accanto alla faccia, si sottoscrivono le condizioni, si inseriscono i dati bancari e si procede con la costruzione della pagina. Il concetto è molto simile a una fanpage su Facebook. Vorrei sottolineare il concetto di “inserimento di dati bancari”: al contrario di quello che pensa Miriana Trevisan (in una intervista rilasciata a Pipol), OnlyFans è tassato. Anche perché evadere con un sistema che prevede pagamenti solo ed esclusivamente tracciabili è poco credibile. Le sponsorizzazioni su altri social network sono necessarie perché l'operazione abbia un senso: non c’è possibilità di sponsorizzare in modo efficace un profilo all’interno del circuito chiuso di OnlyFans e quindi devi per forza provare a convertire il tuo pubblico esterno alla piattaforma in abbonati sulla stessa, condividendo il link tra story, link in bio e quant'altro, appoggiandosi a tutti i social dove si è creata una community.
Quello che non sapete
Lo sapevate che esiste una specie di “OFTV”, una specie di app/portale free dove si possono vedere i contenuti liberi di alcuni creator e che non produce pellicole di altissimo livello come “Rocco e i suoi randelli - il ritorno” ma format di entertainment normalissimi che vanno dalla moda, alla cucina, all’enduro? Fatti pure bene. Come un DMAX qualunque. Non lo sapete e questo perché a nessuno è mai passato per l’anticamera del cervello di fare una cosa banale e meccanica come buttare un occhio ad esempio su Instagram a quello che effettivamente la società stessa comunica: “Diamo la possibilità di vendere di tutto, diversificando molto e puntando ai big money.”
Luoghi comuni
L’unica cosa che tutti noi sappiamo è che lì sopra si trovano foto di donnine e omini nudi a pagamento. E per noi, finché la stampa continuerà ad accostarlo solo ed esclusivamente al porno, rimarrà così. Che poi è vero, di fatto i grandi introiti arrivano dall’erotico, i 433 milioni fatturati nel 2021 arrivano da quelle cose che compra un adulto consenziente per togliersi un certo prurito. E solo il 2% dei creator guadagna le famose cifre a tanti zeri di cui tanto parlano i magazine e i programmi tv. Non è detto che vendere la propria intimità per 9 dollari al mese abbia davvero un ritorno economico in grado di garantire una stabilità economica. Ma al giovane disegnatore emergente che cerca di monetizzare attraverso la sua arte chiedo: ma che ti cambia che Caroline dalla Florida venda le foto delle sue ascelle non depilate? Cosa cambia al giornalista che apre un canale OF al costo di 5 dollari al mese, al posto di un blog gratuito e a disposizione di tutti, se all’interno dello stesso contenitore Stephanie Matto vende per 756 sterline a barattolo “peti personalizzati”? In teoria? Nulla. Perché come sempre, il problema è lo stigma del sesso.
La parola chiave
La parola “community” è la chiave di volta: si guadagna su proselitismo e fanatismo, sui grandi supporter, su quelli che preferiscono dare 9 euro al mese al loro creator preferito piuttosto che a Prime e a “LOL”. È più immediato e facilmente usufruibile di Patreon, antisignano di OF che da quando ha tolto la possibilità di vendere anche pornografia ha subito un notevole crollo dei guadagni, ma che rimane un riferimento per il crownfounding di molti artisti. OnlyFans però non ha un app, questo perché nessuno store mette a disposizione del pubblico applicazioni con un contenuto pornografico. La user experience è deludente, il sito non aiuta l’utente a trovare quello che sta cercando, ma i singoli profili (ai quali arrivi tramite link caricati su altri social) hanno un’interfaccia simile ai social zuckerbeghiani che tutti siamo abituati a usare, quindi in qualche modo familiari e “confortanti”. La possibilità di pagare oltre alla fee d’entrata anche le tip per contenuti esclusivi è cruciale; le tip sono letteralmente delle mance con le quali gli utenti possono sbloccare uno specifico prodotto e questo è un altro punto da evidenziare: il 70% dei guadagni arriva da lì. Dal “su misura”: “vorrei un video dove mi parli di carote e dici il mio nome” e il creator ti confeziona esattamente quello che hai richiesto . Faccio fatica a immaginare un servizio più lussuoso di OnlyFans. Quello che di fatto viene pagato non sono tanto il video o la foto di per sé, ma l’attenzione di quella specifica persona che in quel momento stai pagando. È un'illusione, con il personaggio non si crea nessun rapporto reale, ma agli utenti basta.
Ovvietà e conclusioni
Inutile sottolineare che praticamente nessun contenuto pagherà quanto i prodotti espliciti a sfondo sessuale. Ma allora il tema è un altro: cosa paga quanto il sesso? Ben poco. E questo dentro e fuori il mondo digitale. Ma rimane comunque un peccato perdere potenziali guadagni basati sulla propria creatività o sulla propria fama per la paura di venire accostati a sex creator vari ed eventuali. Potremmo vedere improvvisamente vedere i profili di decine di celeb e influencer diventare più sinceri, meno markettari: invece di sponsorizzare qualunque cosa per sbarcare il lunario, dalla tisana dimagrante alla crema contro le ragadi, le webstar potrebbero guadagnare col supporto della loro community creando un rapporto più vicino al concetto di “persona-persona” e non “televendita-persona”. Le ragioni per cui OF è così stigmatizzato sono comprensibili, ma discutibili : “lì dentro c’è il porno e quindi chiunque ci sia lì in realtà vende il proprio corpo (che anche se fosse non ne vedo il problema) e quindi per non essere abbinato a donnacce ed esibizionisti io lì sopra non ci vado.”
La faccenda non ha senso
Soprattutto perché determinare i confini della pornografia all’interno di internet è difficilissimo. Per ogni YouTube ci sono almeno altre 7 piattaforme di vendita di contenuti per adulti e molti siti non hanno il controllo dell’eventuale pedopornografia. Su OF ti iscrivi solo se sei maggiorenne: che tu sia quello che vende o quello che compra. Mi risulta che oltre alle istruzioni per fare sesso anale, online sia fattibile trovare di tutto: dalle testate di informazione nazionale all’elenco dei migliori asili di Orlando. E nessuna di queste realtà trova indegna o svalutante la propria presenza all’interno di un mondo digitale che ospita pure le perfomance storiche di Sasha Grey, Rocco Siffredi o Cicciolina.
Ma finire su OnlyFans tra sex worker e gente che vende peti in un barattolo no. Sono la prima a sostenere che la coerenza sia noiosa, ma perdermi la possibilità di svernare a Bali per luoghi comuni che bisognerebbe abbattere per il bene di tutti mi disturba. E per coerenza a questo punto potrei aprire un mio account OF e iniziare un’interessante vendita di zucchine digitali in barattolo. Sia mai che mi svolta la vita.