Lo ha detto Carlo Calenda: "Il Governo è stato cacciato dai filo-Putin". Una tesi "complottista" che serpeggia da più parti, anche perché si riapre una pagina di politica estera italiana in uno dei momenti più delicati della storia recente del Paese. Adesso che la crisi di Governo sta assumendo toni disastrosi in termini di organizzazione e stabilità, Vladimir Putin non può non essere favorito nella guerra all'Ucraina. Perché come hanno sottolineato diversi analisti e esperti, la lega atlantica che sosteneva l'Ucraina con armi e risorse aveva nell'Italia un pezzo da novanta che adesso, con Mario Draghi - firmatario di quelle assistenze - in uscita di scena e un ginepraio nella politica italiana fatto di litigi, proteste e sfiducia, deve concentrarsi sulla sua situazione interna. Ergo sarà meno interessata alle bombe sul lato occidentale dell'Ucraina. Almeno per ora.
Ed è una situazione che riaccende le polemiche sul legame fra l'Italia alla Russia. Infatti, questo involontario assist a Mosca favorisce Vladimir Putin, riprendendo un legame avanzato da molti partiti nei confronti del Cremlino. Dai viaggi di Salvini a Mosca ai comizi di Forza Nuova e Casa Pound, fino alle simpatie mai mascherate dei Cinque stelle con mozioni e dichiarazioni filo-russe. Senza dimenticare l'eterno Silvio Berlusconii con l'amico Vladimir.
Matteo Salvini non può non essere indicato come il primo filo-russo della politica italiana. Dichiarazioni, T-shirt, encomi e strette di mano, ma soprattutto viaggi. Fra i più famosi quello in Crimea nel 2014 dopo il presunto referendum sull'annessione alla Russia. Ma soprattutto l'ultimo a Mosca, in pieno periodo dell'invasione ucraina. Le foto del leader della Lega in terra russa sono apparse con un certo scandalo sui media di tutta Europa, con notevole imbarazzo del Premier Draghi che è dovuto intervenire pubblicamente dicendo: "La posizione del governo non cambia. È da sempre allineato con Ue e G7 e nel rapporto storico transatlantico e non si sposterà". Gli endorsement di Salvini a Putin sono materiale per le accuse della sinsitra, da Letta a Calenda. Oltre al viaggio a Mosca, tutti si ricordano poi di Savoini, altro spygate intricato che ha coinvolto la Lega e lo Stato russo. Nel 2018, infatti, il presidente dell'associazione Lombardo-Russa Gianluca Savoini ha incontrato a Mosca alcuni funzionari di Stato del governo russo per un finanziamento da 65 milioni di euro dalla Russia alla Lega - con l'accusa di corruzione internazionale avanzata ai tempi dalla Procura di Milano. Accusa caduta per mancanza di una risposta da parte del Governo russo, già ai tempi uscito dal Consiglio d'Europa (organizzazione per il rispetto dei diritti e della democrazia). La Lega poi ha presentato negli anni, dal 2015 ad oggi, diverse mozioni pro Russia in Parlamento, anche quì, come riportava un articolo di Repubblica, spesso con voci di presunti finanziamenti e marchette da parte di oligarchi vicini al Governo russo.
Fra gli ultimi highlights quello dello scorso febbraio, quando a poche ore dallo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, la Lega celebrava con alcuni post sui social la firma di un patto fra il Carroccio e Russia unita, il partito che fa capo a Putin, riguardo temi come l'immigrazione clandestina e il terrorismo islamico. Insomma, niente di nuovo.
Altro partito dalla russiafilia facile è il Movimento Cinque Stelle, che ha avuto più di una liaison con il governo russo. Il M5S, fondato nel 2009 al grido di anti casta, ha trovato in Putin e nel suo decisionismo una figura referenziale. È partita prima la simpatia per Russia unita, partito politico russo conservatore e di Vladimir Putin. Poi ci sono state le dichiarazioni dei vari Grillo e Di Battista, che molte volte durante il periodo al Governo hanno parlato pubblicamente di uscita dalla Nato con posizioni anti-atlantiche. Un periodo, quello del Governo giallo-verde, in cui gli esponenti politici filorussi erano tutti in bella vista a Montecitorio, su tutti Manlio Di Stefano, capogruppo del M5S e sottosegretario nella commissione Affari esteri. Di recente, proprio Di Stefano ha firmato insieme con l'attuale presidente della delegazione italiana presso la Nato, Luca Frusone, una mozione per chiedere l'uscita dell'Italia dal patto atlantico. Inoltre, come la Lega, anche il partito di Grillo ha portato avanti diverse campagne filo russe legate al blocco delle sanzioni.
Il Governo giallo-verde è stato un panzer apripista per i recenti legami della Russia con l'Italia. Come visto, non solo con interrogazioni parlamentari o parole, ma anche con fatti. Arrivando a un punto in cui, durante il primo lockdown, l'esercito russo ha potuto viaggiare sulle strade italiane e ricevere dati su pazienti. Era tutta un'operazione di assistenza e soccorso, dicevano, ma di fatto, più di un Governo in Europa si è chiesto del perché mezzi e personale militare russo erano operativi sul territorio italiano.
Allo stesso modo, per quanto fosse libero di andare, ci si è chiesti sui media italiani perché Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, nel 2015 fosse tra i partecipanti del primo Forum conservatore russo internazionale a San Pietroburgo. AH sì, una spiegazione c'era. Nell'ex Leningrado, erano presenti i leader di partiti europei accusati nei vari Paesi di anti-semitismo, incitamento a crimini contro gli immigrati, omofobia e apologia del nazismo.
Infine, le onoreficienze. Su tutte, fra le più recenti - parliamo del 2021 - spiccano quella dì Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia, con facoltà di fregiarsi delle insegne dell’ordine, a Evtukhov dott. Viktor Leonidovich e a Kostin dott. Andrey Leonidovich, ovvero il sottosegretario di Stato al ministero dell’Industria e Commercio Estero della Federazione russa e un banchiere e oligarca russo. Mentre un anno prima, sempre con il M5S a capo di Palazzo Chigi, era stata conferita l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al primo ministro russo Mikhail Mishustin, e anche al ministro dell’Industria e Commercio Estero di Mosca, Denis Manturov. Protagonista, in questi casi, la figura del miinistro degli Esteri Luigi Di Maio.
C'è comunque un dato inaspettato, quando si parla di Italia e Russia. E riguarda il Partito Democratico. Infatti, secondo un'indagine di Vote Watch riportata da Today.it, dal 2019 a oggi i parlamentari che si sono mostrati più vicini alla Russia sono quelli pentastellati e i democratici. La ricerca, basata sull'analisi dei voti effettivi espressi al Parlamento europeo dal 2019 in poi sui provvedimenti più importanti legati alla Russia (come l'invasione della Crimea, il caso Navalny e la libertà di stampa), sottolinea come il Movimento 5 stelle e il Pd, con il 22% dei voti a favore della Russia, si siano dimostrati più pro-Russia di altri partiti. Come della destra, non solo italiana, bensì a livello europeo, con i gruppi di centrodestra quali il Ppe e l'Ecr che si sono dimostrati più severi verso la Russia. Insieme con i partiti conservatori di Germania o Francia ci sono anche quelli italiani quali Forza Italia e Fratelli d'Italia, che nel 90% dei casi si sono espressi contro il Cremlino con delle sanzioni. Alla fine, dati alla mano, tutti hanno avuto a che fare con la Russia. Logico pensare che adesso, con la crisi di Governo in atto, Mosca stia molto attenta alle vicende italiane.