L’ambientalismo sembra avere vari obiettivi da colpire, prima erano le automobili, costrette (almeno per il momento) a trasformarsi in veicoli elettrici e, apparentemente, a emissioni zero per volere dell’Ue e di certe associazioni per il bene dell’ambiente. Adesso, invece, le politiche green minano direttamente alla mobilità. Nascono così le famigerate “città 30”, vale a dire quelle in cui il limite di velocità sulla maggior parte delle strade, dal centro alla periferia, viene imposto proprio a trenta chilometri orari. A segnare la via è stata la Bologna del sindaco Matteo Lepore, tra mille polemiche (a quanto pare rimaste inascoltate), e la prossima seguire il passo potrebbe essere la Milano di Beppe Sala, che parrebbe intenzionato a imitare il collega emiliano. Eppure per alcuni questa imposizione non sembra altro che “un’arma in più per pianificare il controllo sociale” e per legarci a un “guinzaglio ecologico” che, in un altro articolo dello stesso giornale, viene comparato al periodo della pandemia di Covid. A usare queste parole è il giornalista Francesco Borgonovo in un suo articolo pubblicato su La Verità, in cui riporta, come già fatto da MOW, alcuni dati provenienti dal The Urban Mobilità Council e le dichiarazioni del professore di automazione nei veicoli al Politecnico di Milano Sergio Savaresi. Insomma, per farla breve, lo scienziato ipotizza un nuovo sistema di mobilità legato alle emissioni, visto che il limite fissato a trenta chilometri orari, scrive Borgonovo, “provoca un aumento delle emissioni di monossido di carbonio (Co), anidride carbonica (Co2), ossidi di azoto (Nox) e particolato (Pm)”, e visto anche che, a seconda del metodo di utilizzo di una vettura, non è detto che le auto con motore di ultima generazione siano meno inquinanti rispetto a dei vecchi modelli. Insomma, afferma Savaresi, “ora stiamo limitando la tecnologia dell’auto ma non l’emissione, si potrebbero invece dare vincoli effettivi, allocando un budget di emissione per ogni veicolo”. Spiegato con parole più semplici, quelle del giornalista de La Verità, “se non guidi come dovresti, anche se hai una macchina di classe elevatissima, a un certo punto sarai costretto a tenerla ferma, perché hai esaurito il tuo bonus di circolazione”. Ma siamo sicuri che sia la soluzione adatta?
Beh, a quanto pare per Borgonovo non lo è affatto; visto che, scrive, “invece di accanirsi sul povero cristo che può permettersi soltanto la Golf ereditata dalla zia, sia va a infierire anche sul riccastro della Ztl che si è comprato l’ultimo modello di berlina”. Per farla breve, continua il vicedirettore del quotidiano fondato da Maurizio Belpietro, “è un po’ come ai bei tempi del socialismo reale: poiché non si riesce a creare il paradiso in Terra, allora creiamo l’inferno per tutti, così l’eguaglianza diverrà angelica realtà”. Inoltre, sempre secondo Borgonovo, non si tratta più soltanto di una questione di salvaguardia ambientale e, se vogliamo allargare il campo, sanitaria; adesso, si legge su La Verità, “si punta direttamente ed esplicitamente al cambiamento coatto dei comportamenti delle persone. Il dogma verde va imposto, in ogni modo”. Un esempio pratico di questa presunta imposizione, è quello di Carlo Ratti, professore del Mit, che ha dovuto sconfessare la propria ricerca presentata durante l’Urban Mobility Council, in cui riportava proprio l’aumento delle emissioni con il limite di velocità fissato a trenta chilometri orari. Ratti, quindi, riporta Borgonovo, ha ammesso che i suoi dati “non sono stati interpretati correttamente dalla stampa”. A dire il vero, evidenzia il giornalista, “il professore non smentisce granché. Cerca di sminuire un dato da lui stesso pubblicato, e con tutta evidenza lo fa per un motivo preciso: non vuole passare per un eretico”…