Abbassare il limite di velocità nelle nostre strade porterà vari benefici, tra cui più sicurezza e aria meno inquinata. È questa l’idea (falsa) che ha portato il sindaco Matteo Lepore a rendere la sua Bologna la prima città d’Italia con il limite di trenta chilometri orari imposto sulla maggior parte delle sue strade, dal centro fino alla periferia. Ad alcuni (in pochi) questa decisione sembrava una necessaria mossa di civiltà, proprio come accade nell’Europa del nord; tant’è che a Milano il sindaco Beppe Sala ormai da mesi tentenna nel seguire le orme del suo collega, e continua a tentennare. In questi casi, però, bisogna essere analitici e il più precisi che mai, senza farsi abbindolare da bandiere di partito, ideologie ambientaliste e faccende varie. Insomma, come sempre, bisogna credere alla scienza; e in questo caso la scienza smonta del tutto le utopie green di Lepore e Sala e di tutti gli altri sindaci che sognavano di emulare le loro gesta. Infatti, riporta Camilla Conti su La Verità, “con il limite dei trenta chilometri all’ora aumenta l’inquinamento. Lo dimostrano i risultati di uno studio del Mit senseable city lab focalizzato sul capoluogo lombardo e presentato in occasione del terzo forum di The urban mobility council”. Spiegato in poche parole, scrive adesso Claudia Osmetti su Libero, “se abbassassimo la velocità e andassimo di frizione su tutto il territorio comunale, le uniche cose che incrementeremmo sarebbero le emissioni di monossido di carbonio e di anidride carbonica, nonché gli ossidi di azoto e il particolato”. Nello specifico, cominciando a usare quale numero, secondo questi studi le emissioni di Co2 salirebbero dell’1,5%, mentre quelle del Pm, che sta per particolato, addirittura del 2,7%. Ma le famigerate “città 30” non erano il futuro?
Beh, in caso lo fossero, allora di dovremmo preparare a un aumento di emissioni e tempi di percorrenza, e a quanto pare non c’è auto elettrica che tenga davanti a queste previsioni. Ritorna a infuocarsi, infatti, anche il dibattito tra propulsori termici e quelli green, ma andiamo con ordine. A proposito di motori termici, questi, si viene a sapere dal Mit lab, “sono progettati per avere la resa migliore di efficienza a un consumo di settanta, ottanta chilometri orari: più del doppio – sottolinea Osmetti – di quelli a cui ci vorrebbero far andare gli ecologisti alla Greta Thunberg”. Inoltre, continua la giornalista, “riducendo i limiti di velocità crescerebbero i tempi di percorrenza, con un incremento che varia da due a 89 secondi”. Ok, affidiamoci adesso alle parole del direttore del Mit lab Carlo Ratti, secondo cui “questi risultati – parole riportate da Libero – sono i primi di una ricerca che estenderà il suo raggio d’adozione per aiutare sempre di più le amministrazioni a prendere le decisioni migliori per la gestione della mobilità urbana. Grazie ai dati che ci forniscono i sistemi di trasporto […] capiremo come e fino a che punto la riduzione della velocità possa accelerare il progresso verso città più sane, sicure e vivibili”. Una dichiarazione pacata, ma che nella sua tranquillità vuol dire due cose: uno, diminuire la velocità come successo nel (cattivo) “modello Bologna” ha poco senso, e anzi danneggerebbe ciò che si vuole migliorare; due, verranno studiate altre metodologie per risanare l’aria e la viabilità delle città italiane. E no, forse le auto elettriche non saranno le protagoniste indiscusse di questa evoluzione…
Abbiamo sempre avuto l’idea, o questa idea in qualche modo ci è stata impartita dall’alto, che i motori di nuova generazione, quelli che si avvicinano sempre di più a una totale elettrificazione della vettura, inquinino meno, sempre di meno. Beh, a quanto pare anche in questo dobbiamo cominciare a rivedere i nostri dogmi su mobilità e ambiente. “A metà dello scorso gennaio – scrive Conti su La Verità – la stessa Unipol aveva diffuso un altro studio, prodotto sempre in collaborazione con il Politecnico di Milano […] L’obiettivo del report di gennaio era quello di creare un indice di valutazione provinciale per verificare la capacità dei singoli territori di convertirsi all’elettrico”. Sono state, dunque, prese in esame tre città (Brescia, Roma e Bari) a cui è stato assegnato un valore in percentuale “in base al numero di colonnine e alla geografia delle strade e alle lunghezze medie da percorrere”. In questa analisi, quindi, sono stati presi in esame vari dati, come i diversi modelli di auto, e la velocità media in ambienti urbani ed extraurbani. “Il risultato? Se, come dice l’Ue, un Euro 4 emette mediamente il 20% in più di Co2 di un Euro 6, è vero però che il 26% degli Euro 4 inquina meno di ogni Euro 6 […] Se le velocità scendono il rapporto tra le ‘migliori’ Euro 4 e le ‘peggiori’ Euro 6 arriva addirittura a dieci volte”. Ma siamo proprio sicuri che il green sia la soluzione?