Non immaginatela come un’analogia offensiva. «Non mi interessa la politica, non so nemmeno cos’è il Movimento 5 Stelle. Sono contro la guerra e le armi, per questo ho aderito» dice al Corriere. E ancora: «Sì, sono contro le armi e le guerre. Prendo posizione per i miei figli e per i giovani». A parlare è Rita De Crescenzo, una content creator da 2 milioni di follower che pare non possa aggiungere altro sulla sua pubblicità alla manifestazione del 5 aprile, anche se nel video appare il logo di un’associazione di promozione sportiva, Libertas, e si danno indicazioni per il viaggio da Cervinara. Nella migliore delle ipotesi Rita De Crescenzo della politica apprezza la suggestione, lo stimolo a immaginare e immaginarsi impegnata. L’immaginazione, in effetti, è il fulcro di tutti i discorsi pacifisti degli amici letterati. C’è chi dice: non posso immaginare non vi sia un’alternativa al riarmo e alla guerra (che, per altro, non sono la stessa cosa). Altri dicono: rivendico il diritto a immaginare un futuro senza guerra. Ancora: la forza delle parole (dalla letteratura alla diplomazia) è di immaginare delle possibilità alternative alla violenza. Da Umberto Saba a Le mille e una notte (ne parla per esempio il bravissimo Edoardo Prati), si deve scegliere o la guerra o la pace, concetti immaginati – anche qui torna questo verbo e l’azione a cui si riferisce – agli antipodi. Ma è davvero così?
Che la guerra sia parte della natura umana sembra essere un risultato ormai irrefutabile della moderna ricerca scientifica (una bibliografia aggiornata la trovate in Guerra e natura umana. Le radici del disordine mondiale di Gianluca Sadun Bordoni (Il Mulino, 2025). E che ci si debba preparare per la guerra se si desidera la pace è sentimento comune (anzi, senso comune) tra gli intellettuali da almeno sedici secoli (e cioè da Vegezio). Per essere più precisi: non conosciamo una buona teoria della guerra che faccia a meno di accettare il conflitto come fisiologico dell’incontro/scontro tra società diverse. Ancora di più se una delle società è più forte dell’altra. Se diamo per buone questi pochi elementi che uniscono conoscenza attuale e aggiornata e una tradizione di pensiero bimillenaria, allora è chiaro in che modo Rita De Crescenzo sia un po’ il simbolo del pacifismo italiano di matrice “letteraria”, cioè non di chi sostiene che il riarmo porterà sicuramente alla guerra con la Russia, ma di chi si rifiuta di accettare l’idea del riarmo in sé, l’astrazione, e che dunque è pacifista perché radicalmente contrario alla scienza sperimentale della guerra, preferendole il sistema tolemaico dei buoni ideali.
