Comizio, abisso, soliloquio, spettacolo grave e imbarazzante: sono alcune delle parole con le quali la politica ha definito l’intervista al ministro degli esteri russo Sergei Lavrov a “Zona bianca” di Giuseppe Brindisi, su Rete 4, andata in onda domenica sera. Reazioni abbastanza prevedibili e del resto, essendo parte in causa (la parte dell’aggressore, peraltro), è scontato leggere le frasi di Lavrov attraverso la lente della propaganda. Ma cos’ha detto il ministro russo?
In circa 40 minuti di intervista, Lavrov ha di fatto ripetuto e confermato ai telespettatori di Rete 4 i temi della narrazione russa della guerra rispetto a quella che tuttora viene chiamata operazione speciale, addossando via via le responsabilità ad altri: quella del conflitto all’Ucraina, quella del fallimento delle trattative agli Stati Uniti, quella del racconto anti-russo ai media. Tesi più volte smentite dai dati e dai media occidentali, ma che nell’intervista Lavrov ha affrontato senza contraddittorio. Il ministro russo ha sostenuto innanzitutto l’interesse e gli sforzi della Russia per evitare la degenerazione del conflitto in una terza guerra mondiale: “Non abbiamo mai interrotto gli sforzi per arrivare a un accordo che eviti una guerra nucleare. Sono i media occidentali ad aver travisato i nostri messaggi e a dare una rappresentazione scorretta dei nostri obiettivi in questa operazione”, affermando inoltre che in passato la Russia “era pronta a parlare con gli Stati Uniti per un nuovo accordo sulla stabilità strategica, ma la controparte americana ha interrotto i negoziati”. Sul monito di Putin relativo alle “armi mai viste” a disposizione della Russia, Lavrov ha confermato trattarsi di “armi ultrasoniche sviluppate per difendersi contro un possibile attacco occidentale”. In merito alla guerra nucleare, ha comunque sottolineato come serva “non sottovalutarne il rischio”.
In gran parte dell’intervista il ministro degli esteri russo ha ribadito il concetto di base della propaganda: la necessità di denazificare l’Ucraina. “La nazificazione esiste”, ha detto, spiegando che Zelensky (“che cambia più volte le proprie posizioni” rendendo infruttuosi i negoziati) potrebbe promuovere la pace “smettendo di dare ordini ai battaglioni nazisti”, citando più volte il Battaglione Azov e definendo il presidente ucraino e il suo governo “strumento degli estremisti nazisti e del governo degli Stati Uniti”, parlando anche di un’Unione Europea “umiliata dai banditi che presero il potere a Kiev con colpo di Stato” (qui il riferimento è al 2014). Per Lavrov la Russia vorrebbe solamente “garantire la sicurezza degli ucraini filo russi nell'Est del Paese”. Proprio sulla presunta nazificazione ucraina e sulla contraddizione di questo con l’identità del suo presidente, Zelensky, che è ebreo, il ministro russo ha sostenuto che “i peggiori antisemiti sono gli ebrei” e dato credito all’ipotesi fasulla secondo cui lo fosse anche Hitler, frase preceduta (almeno nella traduzione entrata nelle case dei telespettatori) da un “secondo me” che la rende ancora più incredibile. A tal proposito, il ministro degli esteri israeliano Yair Lapid ha convocato l’ambasciatore russo in Israele: “Ci aspettiamo che Lavrov chieda scusa”, ha detto Lapid.
Lavrov ha poi parlato di come in Russia sia percepito il ruolo dell’Italia. “L’Italia - ha detto - è in prima fila tra coloro che adottano sanzioni antirusse. All’inizio è stata una sorpresa, ora no. Forse questa è la vera Italia, ma mi sembrava che il Paese avesse un approccio diverso alla storia, alla giustizia e all’equità nel mondo, che sapesse distinguere il bianco dal nero” e aggiungendo che “alcune dichiarazioni e la stampa sono andate oltre le buone norme diplomatiche e dell’etica giornalistica”, senza volere approfondire ulteriormente ma dicendo, per chiudere il ragionamento, di avere “un bellissimo rapporto popolo italiano”.
Infine, al di là del discorso sul gas (“lo considereremo pagato solo dopo la conversione della valuta in rubli”) e della smentita della data del 9 maggio come completamento dell’operazione, tra le parole di Lavrov che hanno più indignato ci sono quelle relative ai crimini di guerra perpetrati a Bucha. La ricostruzione russa “Il 30 marzo i militari sono usciti dalla città, il sindaco ha dichiarato la vittoria e che era tornata a Bucha una vita normale. Tre giorni dopo hanno iniziato a far vedere questi morti. Non voglio approfondire, ma è evidente a qualsiasi osservatore che è un fake”. A partire da quest’ultimo punto, il massacro sul quale sono in corso indagini internazionali e che pure è stato documentato da diversi media, sono numerosi i punti dell’intervista contestabili, falsi e in certi casi smentiti dai dati.