Il risiko bancario italiano sembra sgonfiarsi sotto il peso delle ambizioni non corrisposte e delle offerte che non fanno breccia né tra gli investitori né tra gli addetti ai lavori. Prendiamo Bper, che con l’offerta pubblica di scambio (ops) su Popolare di Sondrio avrebbe voluto mettere a segno il colpaccio e invece si ritrova con un pugno di mosche in mano: le adesioni raccolte sono briciole — appena lo 0,026 per cento nella prima giornata — e il mercato osserva annoiato una partita che sembra già segnata. Ma l’amministratore delegato di Bper Gianni Franco Papa ha ostentato sicurezza, ribadendo che il prezzo offerto è il massimo che si possa concedere. A Piazza Affari però nessuno si scalda e ormai è chiaro che servirebbe uno sforzo in più — quei 60 centesimi che separano l’offerta dal prezzo di Borsa — per smuovere le acque. Ma da Modena, sede di Bper, fanno spallucce. Il paradosso è che anche chi dovrebbe tifare per l’operazione, come gli azionisti di riferimento Unipol, si limita a definirla un “matrimonio naturale”, senza però che qualcuno si prenda la briga di sbilanciarsi in modo decisivo. Chissà che non si tema di attirare l’attenzione del governo e dei poteri speciali vista la storia infinita, o forse abortita sul nascere, di Andrea Orcel e Unicredit con Banco Bpm. E Sondrio? Dalla valle ci si trincera dietro un muro di no: “operazione ostile, sinergie inesistenti, rischi per i dipendenti e minaccia all’autonomia del territorio”. Lo stesso film lo recita l’associazione “Insieme per la Popolare”, che agita lo spettro della fine della banca che tanto preoccupa l’animo dei risparmiatori valtellinesi. Il risultato? Il risiko che doveva scuotere il sistema si avvita su sé stesso, rischiando il classico buco nell’acqua.

Non va meglio sul fronte Ifis-Illimity, dove il risiko diventa un rebus di percentuali minime: il gruppo guidato da Frederik Geertman alza la soglia irrinunciabile al 60 per cento e si dice certo del successo dell’opas, ma nel frattempo si prepara già a dover rinunciare alla soglia del 66,67 per cento se il 60 per cento bastasse per comandare in assemblea e spingere la fusione. Un balletto che lascia freddi i mercati e che suona più come una partita a scacchi giocata a porte chiuse tra salotti buoni e advisor. Banca Ifis offre 3,55 euro per azione Illimity, con una componente in denaro e una in carta, ma la sensazione generale è che l’operazione sia più un atto dovuto che un colpo strategico. E mentre Ifis si ingarbuglia con le sue soglie minime, Mps resta nel limbo guardando al caos che si addensa sull’altro grande versante bancario, quello che lega Unicredit e Mediobanca: dopo l’assalto combinato Caltagirone-Delfin-Bpm e le proteste di Mediobanca e Unicredit per lo “scippo architettato” a suon di pacchetti “in famiglia”, il titolo resta lì, sospeso tra le manovre di Bruxelles e le cautele della Procura di Milano. Il risiko, quello vero, per ora non si vede. Tutto fermo, tutto rinviato, con un mercato che aspetta un segnale — uno solo — che dica che dietro questi giochi di potere c’è anche un’idea di banca e non solo un risiko da salotto buono.
