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Elly Schlein chitarrista e performer (purtroppo) senza imbarazzo entra nella storia: dell'adolescenza eterna. Altro che salario minimo e granchio blu della Meloni…

  • di Fulvio Abbate Fulvio Abbate

22 agosto 2023

Elly Schlein chitarrista e performer (purtroppo) senza imbarazzo entra nella storia: dell'adolescenza eterna. Altro che salario minimo e granchio blu della Meloni… [VIDEO]
Se Giorgia Meloni innalza il granchio blu da un cantuccio delle Puglie, l’antagonista Elly Schlein imbraccia la Fender durante una non meno periferica festa de “l’Unità” e colpisce al cuore (o alle orecchie) i fan dei Cranberries e di Eric Clapton. Per Fulvio Abbate saranno queste performance, come quella volta in cui ha cantato la sigla di “Occhi di gatto”, il lascito della segretaria del Pd, “simpaticamente” intrappolata in una adolescenza eterna: “Dalle distese di popolo di Berlinguer la sinistra è passata alla cameretta di Elly e della sua crew. E viene nostalgia persino di salsicce, braciole e arrosticini…”

di Fulvio Abbate Fulvio Abbate

Elly Schlein, adesso sappiamo anche questo, suona la chitarra, elettrica. Possiamo dunque immaginarla perfino in pullman durante una gita scolastica organizzata dal suo college svizzero “con prenotazione obbligatoria” a intonare “Dieci ragazze per me” di Lucio Battisti, ordinaria scena liceale che Nanni Moretti mostra in “Bianca” accompagnata però dall’immediato “Voglio scendere” indignato del suo doppio Michele Apicella. Restando invece in un ambito spettacolare ancor prima che politico, la performance da strumentista sembra suggerire l’auspicio che, pure nel suo caso, arrivi presto Roberto Benigni a prenderla in braccio, così come era già accaduto notoriamente ad altri prima di lei. Schlein in ogni caso prova a fare tutto da sola, grazie a una cifra post-adolescenziale, appunto, da college, provando a sollevarsi da ogni ordinaria postura comunicativa ritenuta ormai desueta, inadatta a suscitare vera empatia generazionale, tutta roba che passa ormai soprattutto attraverso i social, cancellando ogni memoria delle antiche conclusioni da comitato centrale. Si ritiene insomma che un’esibizione alla chitarra valga dieci, cento, mille comizi. Dunque, se Giorgia Meloni innalza autarchicamente su Instagram il granchio blu da un cantuccio delle Puglie, l’altra, l’antagonista, Schlein, imbraccia la Fender durante una non meno periferica festa de “l’Unità”, ciò avviene nel tempo in cui il nome stesso dell’evento non si comprende più con esattezza a quale immaginario politico davvero appartenga. Poco male, siamo, direbbe il poeta, nella Dopostoria.  

Probabilmente, a memoria non meno politica d’uomo e di donna, saranno questi i suoi gesti che più rimarranno impressi nella percezione comune, esatto, il suo lascito. E questo non lo si dice per sfiducia nelle sue capacità, piuttosto perché finora la segretaria si è distinta soprattutto per l’extra ordinario, per un repertorio leggero, “ricreativo”: “simpaticamente” esibirsi ai microfoni di Radio Rock cantando “Occhi di gatto” con convinzione assoluta, in nome di un’adesione al magico primario ancora una volta adolescenziale, e ancora, più di recente, per aver lasciato un emoticon a cuoricino sul profilo della conduttrice Andrea Delogu, questa volta in ossequi ai Griffin, un cartone animato ancora. Oh, cucirini di un’adolescenza eterna!  

Certo, va anche rilevato il suo impegno per il salario unico, ma si tratta comunque, non sembri un bisticcio di parole, del “minimo sindacale” per chi voglia guidare una formazione progressista, ampiamente inclusiva, “di sinistra”.

Su tutto però si evidenziano i suoi espedienti di “umanizzazione” della sua evidenza pubblica, inimmaginabili un tempo. Impossibile infatti scorgere Alcide De Gasperi che canti “Vola colomba”, e lo stesso Aldo Moro, restando in ambito democristiano, frequentava la spiaggia di Terracina senza mai abbandonare gli abiti da Transatlantico. Si deve però a un ministro democristiano, Antonio Pedini, la rottura del settimo sigillo dell’informalità. Quando questi, al pianoforte, ospite di “Acquario” di Maurizio Costanzo, si produsse, se non rammento male, nel repertorio di Chopin.

Molta acqua è passata sotto i ponti da allora e dunque, si perdoni la banalità, l’impoverimento che giunge dall’insignificanza dei fatti, appare più che legittimo che Schlein, in un mood da eterno pensionato universitario, imbracci la chitarra, nella convinzione di un’ennesima strategia destinata a dare empatia alla sua “crew”, perché non trovo altro modo di definirla, lontani i giorni della distesa di “popolo”, Enrico Berlinguer fotografato di spalle sul podio a Reggio Emilia da Luigi Ghirri; lo spazio della sinistra sembra essersi ridotto a una stanza, di meno, a una camera, a una cameretta, arredata con gli unicorni e il poster di tale Arya Stark, feticcio da serie Netflix e insieme da gioco di ruolo fantasy…

Irrilevante perfino che Elly Schlein possa essere negata come musicista, e che il bassista debba darle ragguagli esatti circa gli accordi di “Before you accuse me” di Eric Clapton e “Zombie” dei The Cranberries; siamo nel puro diletto o piuttosto la segretaria del Pd reputa davvero che così facendo si conquisti per l’appunto la “simpatia” dei militanti? Un tempo sarebbe bastato farsi fotografare con i “compagni” e le “compagne” preposti a friggere le braciole, non per nulla, dopo la Bolognina, storia ormai remota, D’Alema sprezzantemente disse che questi ultimi, chi se n’era andato a creare Rifondazione, era tra “quelli che alla festa de l’Unità friggono le braciole”.

Noi adesso costretti ad avere nostalgia addirittura delle salsicce, perché, simbolicamente, semanticamente parlando, salsicce, braciole e arrosticini, vista davanti alla chitarra di Elly sembrano sollevarsi come un significante politico addirittura rivoluzionario, perfino erotico, così assai più d’ogni possibile Fender suonata da una escursionista, dalla giovane esploratrice Tobia Schlein.

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