Ma se quello che è accaduto a Emanuela Orlandi il pomeriggio del 22 giugno 1983, fosse stato anticipato da un paio di episodi accaduti qualche giorno prima del rapimento? Facciamo un passo indietro, è il 14 giugno sempre del 1983, ed Emanuela sta tornando da una giornata a Ostia al mare insieme a delle amiche quando, in via dei Corridori, viene tirata per un braccio da una persona che si trova all’interno di un’auto parcheggiata. Un gesto accompagnato da una frase che non lascia spazio a tanti dubbi: “Eccola è lei”. Ma lei chi? La stavano pedinando? A riportare il fatto alla Commissione parlamentare d’inchiesta è Paola Giordani, che al tempo frequentava la stessa comitiva di amici del Vaticano di Emanuela. Un fatto che aveva già raccontato nel 1983 poco dopo la scomparsa, ma a cui forse non era stata attribuita la giusta importanza? “Stavamo tornando dal mare. Di solito prendevamo l'autobus 64, che faceva capolinea a via dei Corridori. Poi andavamo a Piramide, dove prendevamo il treno per Ostia. Al ritorno prendevamo il treno e il 64, ma non scendevamo al capolinea. Scendevamo prima e ci facevamo tutta via dei Corridori a piedi. Un giorno, lungo via dei Corridori si è fermata una macchina, si è accostata ed una persona ha preso il braccio Emanuela dicendo: Eccola, è questa.“ Quindi una manciata di giorni prima che scomparisse nel nulla, qualcuno aveva già provato ad avvicinarla in modo dubbio? Eppure Emanuela, stando alla ricostruzione dell’amica, non diede importantza alla cosa. Ci scherzarono su, probabilmente convinte di aver fatto colpo su dei ragazzi più grandi. “Ci siamo messe a ridere. Proprio come ragazzine, non abbiamo dato peso più di tanto a questa cosa. Vi abbiamo dato peso dopo, quando è sparita Emanuela”. Eppure, purtroppo, possiamo ipotizzare che non si sia trattato affatto di un episodio isolato. Infatti, il giorno prima della scomparsa, il 21 giugno 1983, accadde qualcosa di simile mentre Emanuela stava andando con degli amici in una sala giochi via Giulio Cesare. Amici che, a quanto pare, riconobbero, dalle foto mostrate dagli investigatori, Marco Sarnataro, uno degli uomini di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana. C’è lui dietro il rapimento? La manovalanza di cui, come si è più volte ipotizzato in questi quarantadue anni, di cui si sarebbe servito il Vaticano per mettere in piedi la sparizione della quindicenne cittadina vaticana. Il padre di Marco, Salvatore Sarnataro, prima di morire fece una rivelazione scioccante: “Mio figlio in carcere mi confessò di aver partecipato al sequestro di Emanuela Orlandi. Mi disse che lui, Ciletto e Gigetto l’hanno pedinata per alcuni giorni su ordine del “Presidente” De Pedis, prima di prelevarla”. Una versione, questa, che avrebbe dei punti di contatto con quella fornita da Sabrina Minardi, al tempo amante di Enrico de Pedis. E che ha raccontato del coinvolgimento di quest'ultimo nella sparizione di Emanuela.
In Commissione mesi fa è stata ascoltata anche la sorella di Paola, Gabriella Giordani: “Emanuela era una ragazza bellissima, molto in gamba. In quarant’anni si è detto di tutto e di più, cose piacevoli e cose molto spiacevoli, ma nessuno può sapere di questa ragazza, perché nessuno la conosceva. Tutto quello che è successo ha poi condizionato la vita di tutti, soprattutto la mia, dei fratelli e delle sorelle, delle mie sorelle e dei miei genitori”. Paola e Gabriella Giordani, proprio come Emanuela, erano anche loro figlie di un dipendente del Vaticano ma, a differenza degli Orlandi, vivevano fuori dalle mura della Santa Sede: “Per un paio d’anni, due-tre anni prima della sua scomparsa, ci siamo viste parecchie volte, soprattutto la domenica in Chiesa. Invece, il sabato pomeriggio avevamo le prove di canto. Uscivamo, andavamo a fare passeggiate: insomma, quello che fa una ragazza sedicenne insieme al gruppo di amici”. La sorella Paola, invece, ha raccontato cosa accadde nella loro vita dopo la sparizione di Emanuela: “Quei giorni spesso abbiamo avuto telefonate, anche a casa. Comunque rispondeva mio padre, che a noi diceva poche cose. Di un episodio solo sono a conoscenza. A Borgo Pio all’epoca c'era l'hotel Sant'Anna. È arrivata una telefonata che diceva che mia sorella Gabriella doveva andare a prendere una lettera che riguardava Emanuela Orlandi. Mio padre giustamente l'ha accompagnata, ma questa lettera non si è mai vista”. Poi una serie di fatti strani: “Saranno banalità, ma spesso comparivano petali di fiori davanti al portone, all’entrata di casa. Quando andavamo a scuola, noi andavamo da sole, ma mamma ogni tanto veniva dietro e notava gente e ragazzetti che ci seguivano. Quindi, non stava tranquilla. Sarà stata suggestione, ma questo non lo so”. Suggestioni o meno, i genitori delle sorelle Giordani scelsero di allontanare le due giovani ragazze da quell’ambiente per un po’: “A me hanno mandato per un bel po’ di tempo al paese, presso una famiglia, ed a mia sorella da un'altra parte. Ci hanno diviso perché, se nelle telefonate veniva menzionata di più Gabriella, però facendo parte dello stesso gruppo, avevano paura comunque, pensando: se non è una, è l'altra”. L’impressione è che dietro la scomparsa di Emanuela si nasconda molto di più di quanto immaginato in questi anni, e quante vite sono state a loro modo stravolte oltre alla famiglia stessa. Rovesciato un intero modo di vivere, lì dove si pensava di essere al sicuro. Un mondo a parte, in Vaticano il tempo per chi lo abitava sembrava scorrere diversamente…