Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ieri sera è stato ospite insieme all’avvocatessa Laura Sgrò e al giornalista Andrea Purgatori, nella trasmissione DiMartedì in onda su La7 condotta da Giovanni Floris. Il caso di Emanuela, cittadina vaticana scomparsa nel nulla il 22 giugno 1983, sta attraversando un momento di enorme importanza. Nuove piste, rivelazioni e filoni d’inchiesta. L’ultima, in ordine di tempo, è la possibilità che Emanuela dopo il rapimento sia stata fatta passare per Londra. Eventualità in cui crederebbe anche il fratello: “Ci sono tanti elementi che portano a pensare che Emanuela sia stata portata lì”. Dopo quarant’anni spesi a fare congetture, indagini in totale autonomia senza il sostegno di chi le indagini avrebbe dovuto portarle avanti senza decidere per l’archiviazione, Pietro ha un’idea ben precisa su cosa sia accaduto a sua sorella in quel caldo pomeriggio d’estate: “Credo che ci sia stato un ricatto nato all'interno del Vaticano, e che Emanuela sia stata messa in una determinata situazione per creare l'oggetto di questo ricatto molto forte. C’è la possibilità che persone molto in alto, ma veramente in alto ai vertici del Vaticano, possano aver commesso qualcosa, e qualcuno ha utilizzato quella situazione per creare un ricatto enorme”. Ha poi raccontato dell’incontro con un vescovo avvenuto pochi giorni fa, con cui ha avuto modo di discutere dell’esistenza della pedofilia all’interno delle mura vaticane: “Una delle possibilità è che Emanuela possa aver subito un abuso, organizzato per creare l'oggetto del ricatto. E, siccome il Vaticano da quarant'anni fa di tutto per evitare che possa uscire la verità, se nel 1983 si parlava della pedofilia di cardinali come se fosse una cosa normale e accettata, si può pensare che la pedofilia sia anche più su dei cardinali”.
Le accuse di Pietro Orlandi sono molto pesanti, e vengono indirizzate a chi era a capo del Vaticano al momento della scomparsa di Emanuela: “Quando parlo di persone più su mi riferisco a Wojtyla. Il vescovo mi ha risposto ‘è probabile’. La pedofilia nel 1983 in Vaticano era accettata da tutti, che si tratti del sacrestano o dell'alto vertice”. Noi di MOW qualche giorno fa abbiamo partecipato a un incontro con Pietro Orlandi, durante la quale è stata affrontata anche la questione della pedofilia. Perché, anche se all'apparenza sembrerebbe un risvolto di cui si sta discutendo solo ora, in realtà si tratta di un’ipotesi che mai negli anni è stata del tutto accantonata. Pietro, infatti, nel suo racconto fa riferimento a degli episodi specifici risalenti proprio al periodo della sparizione: “Emanuela, una settimana prima della scomparsa, raccontò a una sua amica delle elementari che una persona molto vicina al Papa l’aveva infastidita. Mia sorella frequentava spesso i giardini dove andava a pattinare, quindi una situazione del genere è possibile che sia accaduta sul serio. Ovviamente non so se sia legata con quello che poi è successo dopo. Fatto sta che la pedofilia era conosciuta ed accettata, visto che la gendarmeria, la polizia del Vaticano, come primo pensiero ha avuto quello di andare da tizio e caio, cardinali, che sapevano fossero soliti nel fare queste cose. Che avessero il vizio, come lo chiamano loro”. Sulla scomparsa di Emanuela si è detto tutto e il contrario di tutto. Dopo un’infinita serie di depistaggi, che non hanno fatto altro che ingarbugliare ancora di più una situazione già di per se complicatissima, forse qualche spiraglio sembra iniziare a intravedersi all’orizzonte. Tra poco più di due mesi saranno trascorsi quarant’anni esatti da quel 22 giugno 1983, e se Pietro Orlandi ha ragione nel dire che sua sorella è stata resa l’oggetto di un ricatto, sarebbe il momento che laici ed ecclesiastici che sia sgretolino il muro dell'omertà, smettendo di portarsi il segreto della verità su Emanuela nella tomba.