Perché la verità esiste. Ma costa. E nessuno vuole pagarla…
A distanza di quarant’anni, il nome di Emanuela Orlandi continua a graffiare la coscienza collettiva. Ma la verità, quella vera, non si è mai fatta trovare. Forse perché troppo cara, forse perché troppo scomoda. A chiederlo stavolta è Farwest, il programma di Salvo Sottile in onda su Rai 3, che in prima serata si lancia dove pochi osano guardare. Il prezzo della verità – si chiede – quanto vale oggi? E chi è disposto a pagarlo? Nel cuore della puntata – densa, piena di domande più che risposte – c’è ancora lei, Emanuela. La ragazzina scomparsa nel 1983 a Roma, cittadina vaticana e figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia. Una nuova testimonianza, raccolta e mostrata in esclusiva, riapre le ferite: una delle sue amiche racconta per la prima volta un dettaglio finora mai detto. “Mi disse che un prelato l’aveva infastidita nei giardini del Vaticano”, racconta. Parole che gelano. Nessun nome, all’inizio. Ma poi ne spunterebbe uno: quella di monsignor Paul Marcinkus, ex presidente dello IOR, lo Istituto per le Opere di Religione. La testimone non ha certezze, ma neanche dubbi: “Non posso esserne sicura, ma somigliava molto a lui”.


Marcinkus, il monsignore americano soprannominato “la roccia”, è uno di quei nomi che fanno tremare le pareti. Figura chiave dello IOR, vicino al potere e lontano dai riflettori, era stato tirato in ballo già negli anni Ottanta, tra ambiguità e ombre mai del tutto dissipate. La pista vaticana si intreccia ancora una volta con la Banda della Magliana, i soldi sporchi, i silenzi più rumorosi di Roma. E torna pure il nome di Renato De Pedis, boss sepolto per anni in una chiesa grazie a una benedizione mai spiegata fino in fondo. A dare manforte alle parole della testimone arriva anche la voce di Antonio Vignera, ex dipendente dei Musei Vaticani e amico di famiglia degli Orlandi. «Marcinkus era noto per certi suoi comportamenti. Era potente, inavvicinabile, e tutti sapevano che era meglio non fare domande». La puntata di Farwest è un pugno nello stomaco, ma è anche una carezza a chi non ha mai smesso di cercare. In mezzo a reportage sull’intelligenza artificiale, sulle derive scolastiche e sulle nuove sette, Emanuela resta il centro di gravità di un dolore che ancora oggi non trova pace. Non ci sono risposte definitive, solo indizi e flash che riaprono vecchi scenari: un giardino vaticano, un nome sussurrato, una fotografia, uno sguardo abbassato. Certe verità fanno paura. Ma fanno ancora più paura i silenzi di chi le conosce. L’affondo è diretto, quasi sdegnato: «Mi preoccupa il fatto che in commissione disconoscano i fatti base della vicenda. Se fosse vero significherebbe che il Vaticano per 42 anni ha preferito subire accuse di ogni tipo pur di coprire un giro di adescatori del porno?». La domanda finale, secca: «Emanuela adescata nel circuito dello spettacolo e poi? Mha». Uno scetticismo legittimo, considerato che questa "nuova" pista sa di déjàvu mai chiarito.

