“Spiaggia sabbiosa, selvaggia e incontaminata”. Così TripAdvisor descrive ancora Cala Bassa Trinità. Ma le foto di pochi giorni fa raccontano tutt’altro: tende, ombrelloni e sdrai stipati su pochi metri di battigia, folla e caos. E la nota finale delle recensioni, “acqua cristallina ma contaminata da vento e posidonia”, appare assurda: la posidonia non è un intralcio, ma un elemento vitale per i fondali e la biodiversità. In Francia ì è tutto diverso: a giugno un giudice ha inflitto 100 mila euro di multa agli armatori di un catamarano che aveva ancorato sulla prateria di posidonia davanti alle isole Riou e Plane, nel Parc National des Calanques. Incastrati dal Gps, si sono giustificati dicendo che erano stati i turisti a bordo a chiederlo. Ma la sentenza ha parlato di danno “devastante e irreversibile”. In Italia? “Alla Maddalena avrebbero pagato solo 51 euro”, dice Giulio Plastina, direttore del Parco. “Il divieto c’è, ma quando recepimmo la direttiva europea non prevedemmo sanzioni adeguate”. Risultato: chi danneggia l’ambiente marino rischia meno di un’auto in divieto di sosta. Come riporta il Corriere della Sera, le immagini degli ultimi giorni mostrano un assalto continuo alle cale più fragili: centinaia di barche a Cala Coticcio, Cala Corsara e Cala Spalmatore, dove è stato avvistato anche lo yacht La Pausa di Daniela Santanchè e Ignazio La Russa. Ogni giorno i barconi turistici riversano frotte di bagnanti a Santa Maria, nonostante i limiti fissati dal Comune nel 2019. Alla Spiaggia del Cavaliere di Budelli, dimezzata dall’asportazione di sabbia, nel 2022 si è arrivati al divieto totale di accesso, come già alla Spiaggia Rosa.

“Questo turismo implosivo non può più continuare”, avverte Rosanna Giudice, nuova presidente del Parco. “A Santa Maria ho visto radici di ginepri scoperte dalla sabbia: quello che perdiamo non torna più”. Su Caprera aggiunge: “Sette, ottocento auto al giorno, senza vie di fuga in caso d’incendio. Una svolta è indispensabile”. I disagi non riguardano solo l’ambiente. Nelle settimane di massima affluenza le strade di Caprera e La Maddalena diventano ingolfate da code chilometriche, i residenti faticano a spostarsi e i mezzi di soccorso hanno difficoltà a raggiungere le zone più isolate. Gli impianti fognari vanno spesso in tilt sotto la pressione dei turisti, i rifiuti si accumulano, l’acqua scarseggia e i dissalatori non bastano. La convivenza tra chi vive tutto l’anno sull’isola e chi la consuma in poche ore di vacanza è diventata complicata, se non impossibile. Il parco, nato 31 anni fa, resta però senza strumenti adeguati. Comprende oltre 20 mila ettari tra isole e mare, 180 km di coste e 63 specie protette, ma i dipendenti non hanno potere sanzionatorio. Possono accompagnare i visitatori e segnalare irregolarità, non multare. La Capitaneria di Porto e i Forestali, già impegnati altrove, non pattugliano in modo sistematico. E intanto ogni anno circa 30 mila imbarcazioni affollano l’arcipelago.

La sproporzione è chiara anche nei numeri: la Sardegna, con un trentasettesimo della popolazione italiana, ospita un nono dei posti barca del Paese. In Gallura si concentra il 47% del totale. “Abbiamo in cassa 20 milioni, ma siamo paralizzati, non possiamo assumere, le convenzioni ci costano il 40% in più, manca un Cda. E intanto arrivano società che investono milioni: noi con la fionda contro i titani”, denuncia Plastina. E poi c’è l’evasione: tra il 30 e il 35% dei proprietari non paga il ticket d’ingresso (10 euro per un gommone di 5 metri, 400 per uno yacht di 30). Un buco da oltre 700 mila euro l’anno. Fondi che basterebbero per assumere personale, organizzare controlli, garantire sicurezza e vivibilità.