L'estate 2025 sarà ricordata come l'estate delle spiaggie: quelle a pagamento, quelle che scarseggiano, quelle delle concessioni ai balneari. Il tema è acceso, perché l'ultima stagione ha segnato un trend negativo: se la montagna cresce infatti, gli ombrelloni rimangono chiusi. Il motivo? I prezzi, con una giornata al mare che finisce per pesare troppo sul bilancio familiare.
Una situazione che secondo il geologo Mario Tozzi, non ha eguali in Europa. Da tempo infatti, Tozzi si occupa della questione: ha iniziato postando le foto della spiaggia di Naxos, in Grecia, in cui si stava godendo le vacanze, per poi spiegare come andrebbero invece gestite le spiagge. L'assunto di partenza è che si tratta di un bene pubblico: tutti dovrebbero poterne usufruire. Sulla scia di quanto avviene in Grecia, Spagna, Francia, Portogallo e Croazia, dove si è preferito un modello di spiaggia libera o attrezzata a prezzi calmierati.
Il 50% delle spiagge, sostiene Tozzi in un pezzo su La Stampa, dovrebbe essere libero; del restante 50% invece, una parte può essere gestita in concessione demaniale dai Comuni che devono attrezzarla e metterla a disposizione a prezzi calmierati, con servizi gratuiti. L'altra parte di quel rimanente 50% infine, ai privati: a quel punto però, canoni consistenti, garanzie ambientali rigorose e gare rinnovate in tempi brevi.
Nessun condono per chi ha edificato sulle coste: “eventuali strutture permanenti già presenti vanno abbattute a spese di chi le ha costruite” perché il reato di abusivismo non è sanabile. Inoltre, aggiunge il geologo nella sua ricetta per la spiaggia bene di tutti, i litorali vanno sgombrati ad ogni stagione. Da ottobre ad aprile insomma, nessuna struttura, neanche rimovibile, può rimanere sulle spiagge. Il geologo in questo è categorico: dev'essere garantito accesso libero alla battigia e le strutture rimovibili.

Se qualcuno dovesse trovare la soluzione di Mario Tozzi fin troppo drastica, fin troppo “comunista”, arrivano in soccorso dei numeri riportati da Repubblica. L'Italia ha ottomila chilometri di coste, eppure solo 120 chilometri quadrati di spiagge, sempre considerando quando non vengono erose dalle onde o dalle mareggiate. In media, la profondità di una spiaggia è di soli 35 metri, mentre il 40% è sabbioso.
Con questi valori, si capisce meglio quanto le spiagge siano allora un bene scarso. Il Report Spiagge 2024 di Legambiente sottolinea inoltre che i dati del governo (anno 2023) attestavano il 33% delle spiagge in concessione, ma si tratterebbe di un dato equivocabile, in quanto terrebbe conto dell'intera costa -tratti rocciosi ed edificati compresi- anziché delle spiagge. Invece, sottolinea il Report di Legambiente, in alcun comuni di Emilia Romagna, Campania e Liguria, le spiagge concesse ai balneari arriverebbero addirittura al 70%. A proposito di Campania, a luglio a Bagnoli si è svolta una protesta per rivendicare l'accesso libero al mare per tutti contro le privatizzazioni selvagge.
Tornando alle spiagge in concessione, secondo la startup Coste 360 invece, riporta ancora Repubblica, sarebbero ben l'81%; ci supera solo l'Ungheria, la quale ha privatizzato addirittura la totalità delle sue spiagge lacustri.
Stefano Ciafani, ingegnere ambientale e presidente di Legambiente, ha infine sottolineato l'impatto del clima sul turismo: anche al mare ormai fa troppo caldo, non si riesce a stare l'intera giornata. “Tra mareggiate e innalzamento dei mari, tra qualche decennio non ci saranno più tante spiagge da dare in concessione”. Ma intanto, a danneggiare il turismo è anche il dibattito sulle concessioni: “Senza una direzione chiara, i primi a soffrire di una politica di scelte rimandate o scaricate sugli enti locali, sono proprio loro”, gli imprenditori balneari “lasciati nel limbo da questo governo”.
