Vivere di podcast? In Italia è difficile per le aziende produttrici, figuriamoci per i singoli autori. I conti di BeWater, la società che possiede la quota di maggioranza di Chora Media, la prima piattaforma di podcast italiana, lo confermano. Sarà anche per questo che il Sottosopra, podcast di Selvaggia Lucarelli, non è stato riconfermato? Sembra averlo ammesso Mario Calabresi, Ceo e fondatore, nei commenti al post della giornalista: "Dispiace tanto anche a noi di Chora Media ma i costi di un daily gratuito sono difficilmente sostenibili". Nelle scorse settimane il presidente Guido Maria Brera ha rassegnato le dimissioni dalla presidenza di BeWater, l’azienda tramite cui (per mezzo di BeContent) il finanziere fondatore di Kairos ambisce a diventare il primo editore full-digital italiano, unendo al controllo su Chora quello sui “creativi” di Will Ita. Brera possiede il 36,55% di BeWater ed è chiamato a ricapitalizzare le forti perdite subite dal gruppo. 1,8 milioni di euro di perdite nel 2022 e 2,4 milioni nel 2021 fanno complessivamente 4,2 milioni di “buco” patrimoniale, per un ammanco patrimoniale da 2,5 milioni di euro che la (non) bolla di Chora Media, la piattaforma presieduta dall’ex direttore di Repubblica Mario Calabresi, ha contribuito ad alimentare: Affari Italiani ricorda che i ricavi attesi per il 2022 erano oltre 5 milioni, oltre il 50% in più dei poco più di 3 milioni ottenuti con i podcast, principalmente tramite sottoscrizioni e pubblicità. Come scrive il portale di riferimento dei podcast italiani, Questioni d’ascolto, il mercato fatica a superare dimensioni embrionali rispetto ad altri sistemi, per quanto esso sia indubbiamente in crescita: “La pubblicità per ora è la principale fonte di ricavi: nel 2022 in Italia le entrate pubblicitarie dei podcast sono state pari a 39 milioni di euro (+25,6% sul 2021), contro i 370 milioni della radio (-15,8% sul 2021). L’editoria libraria a stampa italiana, che ha un modello di business del tutto diverso da quello dei podcast, nel 2021 aveva addirittura un valore pari a quasi tre miliardi e mezzo di euro (-2,3% sul 2021)”.
Qual è il problema strutturale del mercato dei podcast? L’impossibilità, o quasi, di trovare un equivalente generale del traffico misurabile tramite Auditel per la televisione o Google Analytics per i siti Internet rende difficile valorizzare gli economics del settore. Ad oggi, infatti, più che il nodo della produzione di un mercato ex novo, la questione chiave del settore dei podcast sembra essere la dipendenza dalle “grandi firme” che portano con sé visibilità, attrattività e ascolti in virtù dei meriti conquistati altrove. Pensiamo al successo dei podcast di autori come Pablo Trincia, Francesco Oggiano o Selvaggia Lucarelli, la cui “base” è stata la chiave per l’aumento di ascolti e prospettive. Ma esempi come quello di Spotify, che di recente ha speso 200 milioni di dollari per avere l’esclusiva sui podcast del frizzante Joe Rogan e ben 20 milioni per assoldare la “Royal Family” in seconda del tandem Harry-Meghan, mostrano come il ritorno dagli investimenti sia aleatorio.
Spotify nel secondo trimestre 2023 ha dichiarato che gli ascoltatori di podcast sono un quinto circa della sua audience totale e ha sottolineato di aver avuto ricavi per 3,2 miliardi di euro. Il gruppo svedese ha però al contempo dichiarato perdite per 123 milioni e sottolineato che prima del 2024-2025 non ritiene di poter portare in utile la componente podcast della sua produzione audio “privata”. In sostanza, il mondo dei podcast si testimonia essere un sistema duale: da un lato, scarse o nulle barriere all’entrata, che permettono anche una decentralizzazione strutturale della capacità produttiva e uno sdoganamento generale di inventiva e creatività. Dall’altro, un mondo piramidale in cui chi può vivere di podcast è chi, già ampiamente, riesce a vivere per meriti acquisiti di giornalismo o viene da un sistema di star system in cui riesce ad ottenere risultati positivi in termini di ascolti in virtù della sua fan-base. Un sistema che ricorda molto quello dei blog di inizio secolo: spopolarono sdoganando, indubbiamente, una capacità comunicativa latente. Ma certamente non diventarono modello di business strutturale, finendo ricondotti nell’alveo dei grandi sistemi mediatici, come del resto accade già oggi anche nel nostro Paese: One Podcast, la struttura lanciata dal gruppo Gedi per far concorrenza a Chora, navigando a fari spenti può contare sull’appoggio alle spalle di una grande e dinamica macchina editoriale capace di garantire economie di scala. Quelle che in campi come gli audiolibri, ad esempio, può garantire Audible appoggiandosi alla piattaforma di Amazon e oggi in un settore come i podcast presi singolarmente non sembrano capaci di emergere, anche per la continuità con un modello di business di editoria digitale che continua a fare della pubblicità il suo principale settore in termini di ricavi.