Di Fabrizio Corona si parla spesso. Soprattutto quando fa arrabbiare qualcuno. E, quindi, praticamente sempre. Solo che questa volta non c’entrano le “indagini a modo suo” sul delitto di Garlasco, non c’entra il gonzo journalism di cui s’è fatto profeta in Italia, non centra “il saluto del ca*zo” con cui Giorgia Meloni avrebbe sostituito il saluto fascista e non c’entrano nemmeno i frequenti attacchi alla magistratura e al “sistema giustizia” a cui si lascia andare nelle sue uscite. Oppure c’entra esattamente tutto questo? Ok, lo ammettiamo: il dubbio c’è venuto. Su cosa? Sull’odore di “pentito a orologeria” che si avverte leggendo il lancio d’Ansa (addirittura?) e le cronache siciliane (poi riprese dalle testate nazionali) secondo cui Fabrizio Corona sarebbe una sorta di tesoriere di Cosa Nostra. Cioè, non di Cosa Nostra, ma di qualcosa di ancora più grosso definito “Super Mafia”. A dirlo è stato Scarface, al secolo il quarantatreenne William Alfonso Cerbo. E’ un collaboratore di giustizia (“ho voluto allontanarmi dalla criminalità per tutelare i miei figli e dargli un futuro migliore”) che non sempre (possiamo dirlo?) s’è rivelato attendibilissimo nelle sue soffiate, ma che adesso che ha parlato di Fabrizio Corona sembra essere stato preso particolarmente sul serio.
Scarface ha messo nero su bianco, in sei verbali e un memoriale presentati alla Dda di Milano, una serie di ricostruzioni relative al “sistema lombardo” che avrebbe unito Cosa Nostra, ’Ndrangheta e Camorra in affari illeciti tra Milano e Varese. Nel suo racconto emergono nomi centrali dell’alleanza e numerosi episodi di bancarotte e truffe, ma tra i passaggi più clamorosi ci sono riferimenti, appunto, a Fabrizio Corona. Secondo Scarface, Cantarella, storico affiliato del clan Mazzei, avrebbe avuto ripetuti contatti con l’ex re dei paparazzi, che si sarebbe rivolto a Cantarella per problemi a Milano e per il recupero di un credito di 70mila euro legato a una truffa subita da un conoscente. Cerbo racconta anche che, nel 2011, Corona e Cecilia Rodriguez furono ospitati nella sua discoteca a Catania. Altri episodi descrivono contatti con Lele Mora. Le dichiarazioni, depositate nel maxi-processo con 146 imputati, sono – secondo quanto riferisce l’Ansa - al vaglio degli inquirenti e corredate da intercettazioni.
Fabrizio Corona, dalla sua, sembra essere più offeso del fatto che Cerbo sia arrivato a sostenere che l’ex re dei paparazzi possa aver avuto bisogno di aiuto per recuperare un credito che delle pesanti accuse mosse. Tanto che sui social se ne è uscito così: “Un criminale scappato di casa chiede al mio avvocato di difenderlo, lui gli dice di no perché è uno zanza. E questo, per salvarsi dalla condanna, si butta pentito anche se non sa niente (funziona sempre così)”. Tutto inventato, quindi, secondo Corona, che anzi vede un tentativo pubblicitario da parte del collaboratore di giustizia. “Per avere attenzione dalla procura e farsi pubblicità – continua Corona in una storia pubblicata sui social - dice che mi conosceva e che avevo rapporti con alcuni clan a cui chiedevo aiuto per fare dei recuperi crediti. Io, che caso mai me li recupero da solo”. L’ex re dei paparazzi se la prende anche con il giornalista che ha pubblicato la notizia su un quotidiano di Catania, ma sembrerebbe che la notizia sia partita dall’Ansa.
“Non conosco e non ho mai visto nessuno di tutti questi – conclude Corona – non querelo, rido. E scrivo tutto questo per farvi capire che la legge e la stampa in Italia sono arrivate ad un livello pietoso, vergognoso, schifoso, che vi deve fare preoccupare. Tutto questo tempismo perché attacco la magistratura? O perchè dico al figlio di Riina che suo padre fa schifo?” Il dubbio, francamente, è un po’ venuto anche a noi. Anche perché quei sei verbali e quel memoriale non sono attualissimi e fa pensare il fatto che siano spuntati fuori proprio all’indomani di nuove, pesanti, uscite da parte dello stesso Corona. Il punto, semmai, è provare a capire chi e per cosa s’è contrariato così tanto da rispolverare una storia che oggettivamente ha del marginale rispetto un’inchiesta che rischia di travolgere tutta la Lombardia. C’entrano le rivelazioni su Garlasco? C’entrano gli attacchi alla magistratura? Oppure, davvero, vogliono farci credere che un uomo che è stato in prigione, che vive sotto i riflettori e a cui da sempre contano pure i peli del sedere può aver fatto da tramite con Mafia, ‘Ndrangheta e Camorra per strani giri di denaro in maniera indisturbata, senza dare nell’occhio, e solo fino a quando un pentito chiamato “Scarface” non ha deciso di raccontarlo?