Boicottate MOW perché ospita un articolo di Leonardo Caffo sul femminicidio di Pamela Genini, lui che ha una condanna in primo grado per maltrattamenti in famiglia. Poi boicottate Il Foglio che è filoisraeliano. Il Tempo, Libero e Il Giornale sono gli house organ del governo Meloni? Boicottate. Ma anche La Repubblica, soprattutto dopo il caso Molinari (e poi è degli Elkann). La Stampa ospita Bernard-Henri Lévy, ma anche Chiara Valerio (ormai condannata dopo il caso Caffo a Più Libri Più Liberi), quindi boicottate. Il Corriere della Sera ha Ernesto Galli della Loggia e Gramellini, che romanticizza la cronaca nera, quindi via. Il TgLa7 ha Enrico Mentana, troppo duro con Hamas e troppo “buono” con Israele, boicottate. Chi resta? Forse Il Fatto Quotidiano, Domani e Il Manifesto. Cioè quelli che la pensano come loro. Se aveste bisogno di un esempio concreto del fascismo di oggi, ora lo avete. Tutti hanno apprezzato la serie di Joe Wright, M – Il Figlio del secolo, ma in pochi hanno evidentemente riflettuto sulla scena in cui le camicie nere danno fuoco alla sede della redazione dell’Avanti. Ci sono molti modi, infatti, di bruciare un giornale.
Altro punto, Leonardo Caffo è condannato in primo grado, la giustizia italiana ha tre gradi di giudizio, quindi la condanna in primo grado non è una condanna in sentenza definitiva. In Italia c’è anche una Costituzione e nella Costituzione un articolo, il 27, in cui si stabilisce che chiunque è innocente fino a sentenza definitiva, quindi anche Caffo. Peraltro MOW ha pubblicato l’articolo e ha specificato la condanna e il reato di cui è accusato, nessuno si è imboscato. Questo atteggiamento non calpesta la Costituzione italiana, mentre chi considera Caffo già colpevole e condannato sputa sull’articolo 27. Senza contare che chi vorrebbe far chiudere MOW e gli editori di Caffo, Raffaello Cortina, Einaudi e così via, perché pubblicano e promuovono un condannato in primo grado, comprano, leggono, presentano e promuovono i libri di Derive Approdi, che pubblica ex brigatisti (Cesare Battisti, Barbara Balzerani, eccetera). Quindi la morale del boicottaggio serve solamente a ripulire gli spazi che non ci piacciono. C’è poi una domanda da fare: se MOW e Raffaello Cortina cancellassero Caffo, poi avrebbero diritto a essere reintegrati nel dibattito pubblico o no? Forse Cortina sì, ma MOW è troppo “fogna a cielo aperto” (sono le parole, legittime, di una scrittrice pubblicata da una grande casa editrice). Quindi mentre si fanno le proteste per l’abolizione del carcere e per denunciare l’approccio punitivo e non riabilitativo delle prigioni, c’è chi, nel mondo della cultura, vorrebbe chiudere a chiave le riviste e poi buttare la chiave per sempre, senza alcuna possibilità di riabilitazione, cioè il contrario di ciò che chiedono per i criminali.

C’è anche la parentesi complottista: l’articolo di Caffo è stato pensato per promuovere il suo libro in uscita (che non abbiamo mai nominato e ora ci tocca promuovere per colpa vostra; andatelo a comprare!). Tutta una mossa di marketing. Purtroppo queste teorie funzionano perché la gente è convinta di sapere come lavorano le redazioni dei giornali. È l’ideologia degli attivisti con la stagnola in testa. Il libro di Caffo è estraneo a MOW, Leonardo Caffo è un collaboratore esterno alla redazione, la sua opinione esce ora perché il tema è di questi giorni ed è venuto fuori nelle discussioni – per altro conflittuali, perché non la pensiamo tutto allo stesso modo né come Caffo – durante alcune riunioni di redazione (si chiama attualità). Insomma, nessun timing ragionato per pubblicizzare i nuovi libri di Caffo. Neanche Caffo avrebbe potuto imporcelo per autopromuoversi, visto che lo paghiamo e decidiamo noi. Mi dispiace deludere i no-vax della politica.
Infine Caffo andrebbe censurato e noi dovremmo chiudere perché diamo parola a un filosofo che sta dando il peggio di sé con pessimi articoli. Domanda: chi sceglie cosa è legittimo scrivere e cosa no? Per esempio, scrivere che il 7 ottobre è stato un eroico atto di resistenza palestinese è sufficiente per boicottare un giornale o un movimento? Io, nonostante credo sia una scemenza, credo di no. È la differenza tra chi ritiene che la libertà di espressione sia un “privilegio” da smaltire con la nuova rivoluzione culturale, e chi invece crede sia ancora un valore ragionevole. (Si dica tra parentesi: alcuni hanno condiviso o messo like a critiche del genere, ma visto che questo mondo è piccolo ci si conosce tutti e tra questi ci sono amici e conoscenti; bene, ad alcuni di loro, tramite MOW, qualche favore gliel’ho fatto. Prima e dopo l’arrivo di Caffo. Magari prima di fare del puntacazzismo militante contro la stampa libera dovrebbero pesare la quantità di egocentrismo presente nel loro attivismo da influencer).
