Prevedibile e prevista, anche se forse non in questi termini, è arrivata puntuale la disfatta del referendum sulla giustizia: la partecipazione si è fermata al 20,9%, il peggior risultato della storia referendaria italiana dal 1974 a oggi. Ora – per quel che conta, e posto che dal 1997 a oggi si è superato il quorum praticamente solo nel 2011 sulla gestione pubblica dell’acqua – è caccia al colpevole, o ai colpevoli del fallimento.
Per il sondaggista Nando Pagnoncelli le ragioni sono tre: quesiti poco comprensibili, usura dello strumento e scarsa mobilitazione.
“Innanzitutto – è l’analisi di Pagnoncelli sul Corriere – la limitata risonanza mediatica dell’appuntamento referendario. Per lungo tempo è stato in sordina, non ha acceso il dibattito, ha mobilitato poco i partiti (con l’eccezione dei promotori) e ancor meno gli elettori, i quali nelle ultime due settimane, pur avendo preso consapevolezza della consultazione (82% ne era a conoscenza), in larghissima misura si sono mostrati disinteressati. In secondo luogo, la complessità di alcuni quesiti referendari che hanno alimentato un sentimento di inadeguatezza rispetto alle questioni oggetto di voto: se in Italia le competenze linguistiche e matematiche sono inferiori alla media dei 36 Paesi Ocse, possiamo solo immaginare quali possano essere le competenze in ambito giuridico e istituzionale. […] Da ultimo, quella che potremmo definire «l’usura» del referendum abrogativo, a cui nell’Italia repubblicana abbiamo fatto ricorso in 18 occasioni per un totale di 72 quesiti: si tratta di un declino molto evidente, basti pensare che dal 1974 al 1995 in Italia si sono tenute nove consultazioni referendarie, con un’affluenza media di poco superiore al 70%, delle quali una sola risultò non valida (quella del 1990 con due quesiti sulla caccia e uno sull’uso dei fitofarmaci in agricoltura), mentre negli ultimi 15 anni la situazione si è completamente rovesciata, infatti delle nove consultazioni abrogative istituite, otto sono risultate non valide”.
Secondo Daniele Capezzone, però, ci sono da considerare anche altri elementi: “La Corte costituzionale – le sue parole sulla Verità – che ha tolto di mezzo i quesiti più popolari, cioè quelli, al di là delle opinioni favorevoli o contrarie di ciascuno, con più possibilità di mobilitare i Sì e i No (responsabilità civile dei magistrati, eutanasia, droga, tesi condivisa anche da Alessandro Giuli e da Libero, che titola “Il killer del referendum è Amato”, ossia il presidente della Corte, ndr); […] le parole di Sergio Mattarella, che nei giorni precedenti ha fatto filtrare la formula per cui andare a votare era «un diritto, non un dovere» (formalmente è vero, ma ciascuno ha colto il messaggio che stava in quella indiscrezione); e infine, un certo disimpegno degli stessi promotori dei quesiti, che da molte settimane - diciamo - sono parsi più concentrati su altre priorità. Nel corso della giornata sono anche giunte segnalazioni su presidenti di seggio che, in caso di concomitanza con le amministrative, chiedevano specie ai cittadini anziani se volessero tutte le schede o no: un altro modo per dissuadere perfino in extremis rispetto alla partecipazione referendaria. […] Come se non bastasse, altre notizie inaccettabili - per tutt’altra ragione - sono giunte proprio dalla città di Mattarella, e cioè Palermo. Nel capoluogo siciliano, dove si teneva anche il voto per il sindaco, ancora alle 14 di ieri mancavano all’appello 50 presidenti di seggio, con le nomine sostitutive che sono arrivate solo alle 14.30. Anche qui, soltanto gli ingenui possono parlare di un fulmine a ciel sereno”.
Da parte sua Filippo Facci – oltre a citare e biasimare il Governo, i promotori, le tv e la stampa – chiama in causa anche i responsabili primi (o ultimi), gli italiani: “Che siano disamorati dei referendum in generale (soprattutto quando spuntano le giornate più belle del secolo) – il suo commento su Libero – è stranoto, ma partire perdenti non è mai bello. L’ultimo sondaggio Ipsos disponibile diceva che per la metà degli italiani (48 per cento) il quorum non sarebbe stato raggiunto. Passione civile saltami addosso”.