Ferrari Hypersail è il nome del progetto che segna lo storico debutto della Casa di Maranello nel mondo della vela. Un nome che sa di velocità, innovazione e – come suggerisce la scelta di un monoscafo volante – di pura, disarmante ambizione.
«Questo è un momento importante per noi in Ferrari, un sogno che sta per realizzarsi», ha detto John Elkann durante l’unveil al Centro Stile Ferrari. «Portare la Ferrari dalla terra al mare e al cielo è qualcosa di straordinario», ha aggiunto, visibilmente emozionato, di fronte ai vertici aziendali, tra cui il ceo Benedetto Vigna e il cfo Antonio Picca Piccon.

Un monoscafo come non se n’erano mai visti
Ma cosa rende questo progetto così rivoluzionario? Innanzitutto la scelta di puntare su un monoscafo “foiling”, ovvero capace di sollevarsi sull’acqua grazie a speciali appendici idrodinamiche, i foil, che riducono drasticamente l’attrito con il mare e permettono all’imbarcazione di volare letteralmente sulle onde.
Secondo Giovanni Soldini, leggenda della vela italiana e team principal del progetto, «questo è un oggetto unico, che non ha mai fatto nessuno, che deve produrre l’energia che consuma e utilizza le tecnologie di Ferrari legate al controllo della guida». Tradotto: la stessa elettronica che regola assetti e sospensioni delle supercar Ferrari ora gestirà il volo marino del monoscafo, adattandone il comportamento in tempo reale alle condizioni del vento e del mare.
La barca sarà lunga 30 metri, larga 20 e alta 40 con l’albero. Un colosso. Il suo cuore tecnologico si fonda su quattro appendici mobili – tra cui un foil basculante di 9 metri sotto la chiglia, vera novità mondiale – che le permetteranno di appoggiarsi su tre punti durante il “volo”. «È la novità», ha spiegato Soldini. «Ci darà una maggiore stabilità e ci consentirà di gestire meglio la forza di raddrizzamento della barca stessa» (La Stampa).

Una sfida fuori da ogni regola
Ma guai a pensare che Ferrari voglia partecipare alla Coppa America. No, troppo regolamentata. «Questa barca è pensata per essere al di fuori delle regole», ha chiarito Elkann. Ferrari Hypersail, come le sue hypercar, nasce per esplorare limiti, non per rispettarli.
Ed è per questo che l’intero sviluppo si è svolto sotto una coltre di riservatezza, in un cantiere segreto vicino a Pisa. Tre anni di progettazione blindata, un team di oltre cento persone (20 full time), e la guida visionaria del designer francese Guillaume Verdier, già autore di alcune delle più audaci barche da regata degli ultimi anni.
Oltre all’architettura avveniristica, Hypersail sarà alimentata interamente da fonti rinnovabili: pannelli solari, turbine eoliche e una batteria interna che si autoricar. Un monoscafo come non se n’erano mai vistiica. Una scelta che non è solo etica, ma anche tecnica, perché ogni watt generato a bordo serve per alimentare i sistemi elettronici e di volo. «Tutte le manovre delle vele saranno fatte dall’uomo», ha precisato Soldini, «ma il controllo del volo potrà essere gestito sia da un computer sia dall’umano».
L’analogia con un velivolo, più che con una barca, è dunque più che lecita: si parla di “altezza del volo”, di “condizioni meteomarine”, di “debug”. E, se tutto andrà secondo i piani, la barca sarà varata nel 2026, pronta a sfidare – forse – i record di velocità sugli oceani. «Potrebbe sfiorare i 50 nodi», ammette Soldini. Ovvero quasi 100 km/h sull’acqua. Il limite, anche stavolta, è solo la fantasia.
Dietro Hypersail, però, si cela qualcosa di più che una barca da record. È l’affermazione di un’identità. È la dimostrazione che Ferrari non è solo un costruttore di auto, ma un laboratorio dell’impossibile. «Non si poteva non farlo», ha detto Elkann. «Ci dà modo di sperimentare qualcosa di nuovo, di unico». E in un’epoca in cui anche i sogni sembrano sottoposti al principio di realtà, questa nave aliena – così silenziosa, così potente – rappresenta un gesto di pura immaginazione applicata.
Con Hypersail, Ferrari si scrolla di dosso il polveroso stereotipo della “marca sportiva” e si reinventa come artefice del movimento, qualunque esso sia: ruote, ali o vele. E in un’epoca di intelligenza artificiale e transizione ecologica, costruire una barca che vola, si alimenta da sola e risponde all’ambiente è molto più che un esercizio di stile. È una dichiarazione. Una bandiera. Un esperimento in grande stile, dove le passioni dell’uomo e i codici della macchina si fondono in un’idea nuova di libertà.
Ferrari, insomma, non entra nella vela. La vela, piuttosto, viene inghiottita nell’orbita Ferrari. E non sarà mai più la stessa?