Agli Uffizi non si accorgono di nulla e il direttore scopre le foto sexy quando erano già online. Due influencer sono riuscite a farsi un selfie seminude con la Venere del Botticelli. Si tratta di Alexis Mucci e Eva Menta, due influencer che viaggiano intorno ai 5 milioni di follower (6 e 3,8 rispettivamente). Gli Uffizi hanno chiesto la rimozione della foto, che ormai ha fatto il giro del web, e noi abbiamo chiesto un commento al raffinato critico d’arte Luca Cantore D’Amore, che grazie alla sua esperienza ha inquadrato il fenomeno nel contesto più amplio della massificazione dell’arte (da Chiara Ferragni in poi).
Si è criticato il fatto che il direttore degli Uffizi si sia accorto tardi delle foto online e che i custodi non abbiano fatto caso alle due influencer vestite seminude. A cosa è dovuta questa lentezza?
La lentezza è dovuta al fatto che gli esseri umani fanno sempre affidamento alla grazia mentale, al buongusto degli altri esseri umani. Ma come dice Paolo Sorrentino, “la realtà è scadente”. Rimaniamo sempre delusi quando riponiamo fiducia negli esseri umani. Ciò detto, sia il direttore degli Uffizi che i custodi non sono i controllori del buoncostume, né c’è una legge scritta che impone un decoro sia nelle posture, che negli atteggiamenti e nel vestiario all’interno dei musei. Ci può essere in uno statuto interno delle Chiesa, ma nei musei non vige. Ognuno sarebbe teoricamente libero di fare ciò che vuole. Questo non giustifica il cattivo giusto. Ma il cattivo gusto è una vicenda personale, ha a che fare con la carenza di studi, con una vicenda di inconsapevolezza rispetto al luogo in cui ci si trova. Oggi l’aver reso di moda la cultura, o almeno aver provato questo tentativo, porta anche a degli scompensi, a dei contraltari, tra cui questo.
Cosa c'è di sbagliato nel gesto e nelle foto delle due influencer?
Nel gesto non c’è sul piano teorico nulla. Il problema vero è che capiamo che a essere sbagliate sono loro, nel senso che non hanno idea di dove si trovino e di che cosa stiano facendo. Non c’è niente di condannabile. Ma c’è un errore nel loro software intellettuale, nel loro approccio al tema e al luogo che sono andate a visitare. E c’è dunque questo tentativo anche vagamente emulativo di una forma, che è alle loro spalle, che è quella della Venera, che in realtà a un occhio attento non fa altro che risaltare la differenza che intercorre tra il pacchiano, ovvero loro, e l’elegante. Tra il kitch e lo chic, tra il bello e il brutto, tra il solade e lo squallore. Loro sono lo squallore per il pensiero che c’è dietro, non tanto per la posa; mentre dietro di loro c’è la grazia, la bellezza eterna che le condanna all’anonimato. Guarderemo per sempre la Venere alle loro spalle, mentre di loro ci dimenticheremo presto.
Non è l'unico caso in cui si riesce ad arrivare vicino a delle opere d'arte per poi incollarsi, spogliarsi o imbrattare il quadro, prima che la sicurezza possa intervenire. C'è un problema cronico dei musei?
No, non c’è nessun problema cronico nei musei. C’è un problema cronico all’interno degli esseri umani, e fortunatamente solo all’interno di alcuni. Mi spiego. Se andiamo al Louvre a vedere la Gioconda e non ci suscita emozioni, il problema rimane il nostro, non della Gioconda. Lei è lì, ieratica, potente, imperitura. Potremmo tornare a casa senza averla capita e senza che lei ne patisca danno. Il danno rimane nostro. Alcuni esseri umani non hanno capito l’altezza dei luoghi in cui si trovano, anzi ne veicolano messaggi sbagliati in nome dell’essere alla moda, del farsi vedere, del paragonarsi ed essere fratelli e sorelle di ciò che guardano, a cui aspirano, ma che non potranno mai raggiungere. Più fanno di questi paragoni, più la loro piccolezza e la loro finitudine emerge.
Un gesto del genere che atteggiamento verso l'arte denota?
Io ribalterei la domanda. Che atteggiamento l’arte denota dinanzi a un gesto del genere? Certo non è colpa della Ferragni, ma se noi dichiaratamente abbiamo puntato sulla quantità quando Schmidt, persona di pregevole cultura e pregevole visione ha avuto l’intuizione di delegare a Chiara Ferragni due anni fa l’ipotesi di un rinvigorimento della frequentazione dei musei, e non agli addetti ai lavori, doveva anche mettere in conto il fatto che uno dei rivoli che avrebbe potuto intraprendere questa strada sarebbe stato quello del trash. Del resto, io ci vorrei parlare con coloro che seguono la Ferragni per sapere come vestirsi, che bottoni mettere alle proprie giacche, che lacci scegliere per le proprie scarpe. Si doveva ipotizzare che puntando sulla quantità e sui milioni di follower della Ferragni per rivitalizzare la frequentazione dei musei, su 20milioni di follower, 500mila imbecilli perlomeno – per me sono molto di più – avrebbero potuto fare cose del genere. Non sono condannabili penalmente, a meno che non si tratti di quello stupro ai Girasoli di Van Gogh, dove infatti il giudice ha condannato per un’ammenda a tremila sterline, anche se il danno avrebbe a che fare con l’invisibile e non con il visibile.
Cosa intende per invisibile?
Il paraurti del papa costa come un paraurti normale, ma è il danno invisibile, cioè il fatto che tu abbia tamponato il papa, a fare fragore e notizia. Al pari di quando fu intaccata la Barcaccia dai tifosi del Feinord, qualsiasi marmista restauratore con pochi soldi ha rimesso in piedi il danno. Ma è il danno morale, etico, intellettuale che costa di più.
Ma quindi l’arte come reagisce di fronte a gesti del genere?
Rimane indifferente, inconsapevole. Ovvero, perché doveva sapere che includendo la massificazione dell’arte ci sarebbero potuti essere dei rivoli di disgrazia. Se noi ipotizzassimo che per esempio la Federazione di Italia gioco calcio, tutte le domeniche mettesse gli stadi gratuiti per le donne, non ci dovremmo stupire del fatto che molte donne in più andrebbero allo stadio, pur non interessate alla partita. E sarebbe giusto ovviamente. Ma dobbiamo anche presuppore che questa scelta porterebbe con sé il fatto che 10mila persone allo stadio, che fino a quel momento non si erano interessate al calcio, non sappiano cosa sia un fuorigioco. E non ce la possiamo prendere con loro, ma con la decisione presa alle spalle. Allora dobbiamo fare una scelta. Vogliamo puntare sulla quantità o sulla qualità? Se vogliamo puntare sulla qualità dobbiamo pensare a uno statuto interno anche per i musei.