Murales a Roma, standing ovation nelle università, solidarietà di attori, intellettuali e giornali di sinistra. Chi scrive ha difeso Francesca Albanese dal tentativo statunitense di punirla per un report (l’argomentazione era semplicemente e ancora valida: quel report funziona come un’inchiesta giornalistica. Punirla per il report è come punire un giornalista per un’inchiesta; dunque è calpestare la libertà di stampa). Intanto Francesca Albanese è stata confermata fino ad aprile 2028 come Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi occupati. Continuerà a fare il suo lavoro e, speriamo, report come l’ultimo. Per smontarlo, eventualmente, serviranno il tempo, le competenze, la voglia. Certo non servirà criminalizzare una relatrice dell’Onu. Il punto però è un altro. Una storia parallela, per certi versi ben più indecente, per la quale la voce di chi oggi dipinge murales, fa standing ovation e firma lettere di solidarietà non si è fatta sentire.

Lei è Alice Wairimu Nderitu, è stata la Relatrice Speciale delle Nazioni Uniti per la prevenzione del genocidio. L’esperta kenyota è stata scaricata dall’Onu a fine novembre 2024 per non aver detto che a Gaza era in corso un genocidio. A differenza della relatrice Francesca Albanese, che ormai sostiene che tutti siano d’accordo a definire i crimini a Gaza come genocidio (cosa non solo oggettivamente falsa, ma anche non valutabile a meno di non prendere in considerazione delle sentenze; che non esistono ancora), Nderitu ha preferito lasciar fare alla Corte penale internazionale. La notizia venne data dal Wall Street Journal, che parlava di una campagna non ufficiale delle Nazioni Unite per silenziare le voci critiche riguardo a quanto sta accadendo Gaza. E le voci critiche, ormai, sono quelle che mettono in dubbio la narrazione dominante, soprattutto tra gli intellettuali: quella che a Gaza vi sia un genocidio dall’8 ottobre 2023. Lei ha poi spiegato meglio quanto avvenuto. “Questa pressione perché io dica che a Gaza è in corso un genocidio? Sapevano che non sono un tribunale, e solo un tribunale può stabilire se un genocidio è avvenuto. Ma sono stata braccata, giorno dopo giorno. Bullizzata, braccata, senza la protezione di nessuno”. Nderitu nota anche l’eccezionalità della cosa. Non è successo nulla per altre guerre, neanche per quelle che potrebbero rientrare nella definizione di genocidio, come la guerra in Sudan.

Nderitu cerca anche di fornire una dimostrazione di cosa sia la neutralità che ci si aspetterebbe dalla legge, anche quella internazionale: “I palestinesi uccidevano gli israeliani, gli israeliani uccidevano i palestinesi. Deve essere trattata come le altre guerre. In altre guerre, non ci si schiera da una parte e poi si continua a parlare di quella parte... Prendendo una parte e condannandola ogni giorno, si perde completamente l'essenza dello scopo per cui l'ONU è stata creata”. Tra il 2023 e il 2025 Nderitu è stata minacciata al telefono, per e-mail, ha ricevuto una lettera di biasimo da alcuni suoi colleghi, è stata definita “topo sionista”, ha rischiato il posto e, in effetti lo ha perso. Ovviamente l’Onu evita di ammettere qualsiasi colpa. L’organizzazione non si è vendicato per la professionalità di Nderitu, ormai considerata piuttosto ignavia dai Buoni. Le tempistiche? Una pura coincidenza. Certo, “licenziare” l’esperta sulla prevenzione al genocidio quando nel mondo non si fa che parlare delle accuse di genocidio verso Israele è quanto meno una scelta originale.

Ma immaginare l’Onu come un’istituzione eccentrica sarebbe sbagliato. Più semplicemente, le Nazioni Unite hanno preferito evitare di indebolire una narrazione dominante che ha permesso a questo istituto di acquisire credibilità anche tra i critici della “giurisprudenza internazionale”, gli antiamericani e antioccidentali, gli estremisti, i radicali e, ovviamente tutti coloro che fino a ieri non si sarebbero mai sognati di ridurre la politica reale a una mera questione di “diritto”. Ma torniamo al nostro punto. Dov’erano tutti i difensori di Albanese quando un’altra Relatrice speciale veniva cancellata per aver espresso un’opinione? Anzi, per essersi rifiutata di esprimerla, nel tentativo di incarnare al meglio il ruolo che le era stato affidato? Chi difende Francesca Albanese fa bene, per i motivi che abbiamo già ripetuto. Ma lo stesso dovrebbe valere anche per chi non la pensa come noi. Altrimenti le manifestazioni di solidarietà sono in realtà un esercizio di stalinismo politico, che fa campagna solo per se stesso. E questo non c’entra nulla con la libertà.
