Meno male, Francesca Pascale e Paola Turci si sono potute separare serenamente e non abbiamo dovuto fare una annosa battaglia per il divorzio omosessuale, che ci sembra molto più importante delle unioni civili. A tessere le lodi del matrimonio ci penseranno altri, anche se, secondo la lezione canonica, il matrimonio è un inferno e per questo sia il cattolicesimo che tante eresie cristiane predicano con fervore celibato, nubilato e… e… oh cavolo, manca la parola per descrivere un omosessuale non unito civilmente, si dice celibe per gli uomini, nubile per la donna, e per i gay? Per le trans? (che poi “le” è sbagliato, si può transitare anche da donna a uomo). E per i/gli/le/loro “+”? Bisogna scendere in campo per trovare un nome ai single Lgbtqa+, al più presto! Ma comunque, torniamo alla Pascale, alla Turci, e al chi gliel’ha fatto fare, di sposarsi intendo, cioè di unirsi civilmente, quando sono senza dubbio più divertenti le “unioni incivili”? Ma lo sappiamo tutti: si può essere “civili” col tabaccaio, col parcheggiatore, col geometra del catasto, come si fa a essere “civili” con un partner? Come gliela dai poi, che ne so, la pacca sulle chiappe? Misteri della lingua italiana che fa acqua da tutte le parti (w i dialetti!).
Io sono anzianissimo, ho seicentoventinove anni portati malissimo e tutti i miei amici puppi hanno più o meno la mia età e una volta, alla parola “matrimonio” c’erano scene di panico, uno che sveniva di qua, uno che vomitava di là, io che per inclusività mi dovevo bere un cordiale per riprendermi anche se sono… come si dice… mi piace il pacc*io (almeno credo, da quello che mi suggeriscono i vaghi ricordi). Alcuni sostenevano anzi che queste battaglie per la normalizzazione erano un complotto borghese per disinnescare la portata eretica e rivoluzionaria dell’omosessualità (sì, i puppi di una volta erano molto più divertenti dei puppi odierni). Insomma, hai la fortuna di essere puppo, o lesbica, o quello che piace a te, hai la fortuna di potere dire al partner insistente (è neutro “partner” o devo mettere asterischi da qualche parte?): “Scusa, non possiamo sposarci. La legge ce lo impedisce. Dura Lex sed Lex. A proposito di cose dure…” e invece ti vai a impelagare nelle battaglie per il matrimonio gay (o unioni civili, vabbe’)? Ma allora, scusate, non è vera quella cosa che i puppi sono più intelligenti. (Uso puppo per riferirmi a puppi maschi, puppi femmine e puppi etc.). Ma davvero chi ha i denti non ha il p*ne, chi ha il p*ne non ha i denti e comunque meglio la lingua. Che poi, non è che siamo stupidi, lo sappiamo che innanzitutto l’unione civile è importante in caso di malattia e di visita “parentale”, ma così l’unione civile diventa un rito laico durante il quale toccarsi le palle (e infatti, ai matrimoni gay tutti si toccano le palle, anche a vicenda). Non si poteva semplicemente fare una legge sulla “visita parentale”, da firmare quasi di nascosto, in un giorno feriale, sbrigare la pratica e via, un gin tonic per dimenticarsi dell’incombenza?
Ma quanto erano belli i tempi in cui gli uomini convivevano insieme come ne “Il vizietto” e le donne prendevano un appartamento e dovevano trovarsi delle deliziose scuse per l’occhio sociale – alle quali non credeva nessuno e si creavano splendide complicità. E quanto tragico e dolce era il momento finale, quando il compagno di una vita veniva strappato dall’amore per essere accudito dalle streghesche mani familiari, mentre chi restava in salute si struggeva piangendo e cantando Raffaella Carrà alla luna piena? Niente, sono un anziano romanticone. Ps. 1 Essendo siciliano sono autorizzato a usare il termine “puppo”. Anzi: strepitosa idea di Giovanni Caloggero e Dario De Felice proclamare mascotte del pride catanese “Pippo il Puppo”, splendida polpa in peluche con diadema. Ps. 2 Insieme alla pratica della “visita parentale” si poteva aggiungere anche una pratichetta per le adozioni gay. Alle quali, ovviamente, sono favorevole.