Il processo a Filippo Turetta per il femminicidio di Giulia Cecchettin proseguirà in autunno. Il procedimento, e le reazioni che seguono le sentenze, sono un termometro del Paese rispetto alla tematica di violenza di genere. L’8 aprile i giudici Stefano Manduzio e Francesca Zancan avevano negato l’aggravante della crudeltà, poiché le 75 coltellate erano il frutto dell’inesperienza di Turetta. Gianluigi Nuzzi è tornato sul caso e ha spiegato su La Stampa la posizione dell’accusa e delle parti civili, le quali “sostengono che non è tanto il numero di colpi a essere rilevante ma il fatto che la povera Giulia è stata colpita più volte e in luoghi diversi dopo la prima aggressione”. Infatti, non ci troviamo “di fronte a un omicidio d'impeto consumato in un ristretto lasso di tempo - come, ad esempio, era invece l'assassinio di Melania Rea - ma premeditato, Turetta ha convissuto più giornate con il proposito di porre fine alla vita di Giulia. E soprattutto la procura chiede di condannare il giovane anche per l'aggravante della crudeltà viste le modalità e tempi dell'azione omicidiaria che si è consumata in tre diversi e dolorosi momenti”. Il pubblico ministero Andrea Petroni nella requisitoria aveva sottolineato che la crudeltà invece c’era: “È noto come l'imputato abbia pianificato e convissuto con il proprio piano omicidiario, almeno dal 7.11.2023 e quindi, per minimo quattro giorni. L'azione, in tal senso, è da ritenersi efferata e spietata, sia per le modalità pianificate, sia per quelle poi effettivamente poste in essere”. Se ne ridiscuterà in appello, così come dell’aggravante dello stalking.

Nuzzi ricorda che ancora il pm aveva detto che c’erano prove risalenti al 2022 che dimostravano che Turetta “vivesse la relazione in termini di rapporto totalizzante, dal quale sarebbe derivata un'imprescindibile condivisione, di qualsivoglia pensiero o frequentazione, con una completa perdita di indipendenza del partner. Esemplificative, in tal senso, sono le richieste di essere sempre seduti vicino durante le lezioni universitarie, come fedelmente annotato in apposita e inquietante lista salvata sul telefono in uso all'imputato e come riferito dagli amici comuni”. E ancora “le richieste martellanti di non uscire con le ragazze dell'università, anch'esse verificatesi ben prima dell'inizio del periodo in contestazione, come cristallizzato nelle chat già riproposte, o il numero impressionante di messaggi inviati, a fronte della non immediata risposta di Giulia, nonché le opprimenti sessioni di studio via zoom -pretese dall'imputato - in cui ognuno si trovava a casa propria in costante videoripresa in favore dell'altro”. Giulia Cecchettin aveva paura, lo aveva rivelato alle amiche: “Oggi mi sono resa conto che avevo paura, nel senso che era talmente cattivo con le parole e con i gesti che mi faceva proprio paura”. Delle due aggravanti, la crudeltà e lo stalking, si discuterà nuovamente in appello.

