Giorgia Meloni vara l’austerità. E può sembrare paradossale dirlo di una manovra che spingerà nel 2024 il deficit al 4,3% e coprirà con 16 miliardi su 24 di nuovo debito le misure proposte. Una manovra restrittiva, almeno stando all'ultima bozza resa nota. Perché la mentalità politica della manovra è tutta orientata a questa idea e dimentica ogni strategia per la crescita strutturale: come ricordavamo un anno fa, ormai la Legge di Bilancio serve a mostrare bandiera, non a programmare una strategia economica per lo sviluppo, che l’esecutivo sembra aver demandato pressochè totalmente al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), dunque al vincolo esterno dei fondi europei. Il resto? Il calmiere sociale di un taglio del cuneo fiscale è inefficace per rilanciare una domanda anemica e non essendo strutturale, ma ancora una volta in bilico dopo il prossimo esercizio finanziario, garantisce poche manovre sui fringe benefit (benefici marginali) e gli asili nido gratuiti, le pochissime componenti espansive. Lavoce.info analizza le misure ricordando che “gli interventi sui contributi e sull’Irpef sono temporanei e non hanno solide basi finanziarie; dovranno essere rifinanziati il prossimo anno. Chiamarle riforme è per il momento eccessivo”. Peraltro, il taglio del cuneo fiscale dà risorse ai lavoratori oggi per toglierle domani: la riduzione del carico è tutto sulla base della riduzione della previdenza che le aziende devono versare per i lavoratori e che va nella busta paga. Dunque a scapito delle pensioni di domani.
Meloni fa cassa sui cittadini
Il resto è tutto un fare cassa sui bisogni dei cittadini, a scapito delle prospettive di crescita, del welfare e dello sviluppo. Il governo penalizza più assorbenti e prodotti per l’infanzia delle sigarette: Iva al 10% per le due categorie di prodotti, aumenti di poco più del 2% (10-12 centesimi a pacchetto) per le seconde. Si fa cassa sulle donne e sulla natalità, con buona pace della famiglia tradizionale. E le pensioni, vecchia campagna del centrodestra contro il “vampirismo” delle Fornero di turno troppo spesso denunciato senza fondamenti? La bozza di manovra presenta la fine dell’ipotesi Quota 103 per lasciare spazio una Quota 104 che penalizza i lavoratori. Le opzioni Ape sociale e Opzione donna sono confermate ma sono duramente irrigiditi i requisiti d’accesso. Mentre al contempo si vara una “mini-patrimoniale” sulla rivalutazione delle pensioni all’inflazione.
Mini-patrimoniale sulle pensioni
Fatta salva la rivalutazione al 100% dell’inflazione degli assegni fino a quattro volte la minima, la seconda fascia, prevede un aumento della rivalutazione al 90%; il taglio invece è per i trattamenti superiori a dieci volte il minimo, che passa dal 32 al 22%. Inoltre, si mette nero su bianco l’anticipo al 2025 rispetto al 2027 dello sblocco dell’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita. Dal 2025 serviranno 43 anni di contributi per gli uomini e 42 per le donne per andare in pensione, rendendo ancora più onerosa l’opzione di uscita anticipata. Con buona pace di Quota 41, sbandierata come politica di legislatura dall’esecutivo
Tagli a enti e ministeri
En passant, 600 milioni di tagli agli enti locali: 300 alle Regioni, 250 ai comuni, 50 alle province. A cui si aggiungono 2 miliardi di spesa da tagliare ai ministeri nonostante la conferma e il rifinanziamento di una serie di misure dall’impatto sociale assai nullo, da Strade Sicure (spreco di competenze militari) alla disastrosa politica di incentivazione dell’attrazione di pensionati dall’estero. Il governo poi vuole privatizzare asset per 20 miliardi di euro da qua a fine legislatura: togliendo Monte dei Paschi di Siena da rimettere sul mercato (valore 2-3 miliardi di euro) restano 17 miliardi che l’Italia potrebbe incassare solo smantellando dei gioielli di famiglia, dai porti alle quote di grandi partecipate.
Una manovra di austerità
Austerità in purezza, vidimata dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti per prepararsi all’impatto con il ritorno del Patto di Stabilità nel 2024. E tutto questo mentre sulle spalle dell’Italia aleggia il fantasma del Meccanismo europeo di stabilità su cui Dagospia ha scritto che Meloni possa essere disposta a mettere in fin dei conti la firma, dopo anni di battaglie. Insomma, tanto debito, poche misure per la crescita, molte misure a scapito dei cittadini: la manovra rischia di essere un autogol. Tutto questo sperando in rimbalzi dell’economia e obiettivi di crescita fissati dal governo (+1,2% nel 2024) che doppiano le stime dei principali organismi interanzionali. L’economista Giampaolo Galli ha detto a Formiche che la manovra in definitiva “ è basata su una previsione di crescita forse un po’ ottimistica, su obiettivi di privatizzazioni difficilmente credibili e su una stima del deflatore del Pil (2,9%) un po’ alta, dato che il deflatore dei consumi (che è un indice dei prezzi per i consumatori) crescerebbe solo al 2,3%. Inoltre da quando sono state fatte le stime della Nadef i tassi di interesse sono già notevolmente aumentati: + 50 punti base per i Btp decennali”. Più debito e più incertezza senza garanzie di crescita: un capolavoro. Tutto questo in un contesto in cui la legge di bilancio rischia di essere tarata alla base da prospettive non più al passo coi tempi.
Last but not least, Meloni ha dato come ordine di scuderia alla maggioranza il rifiuto di qualsiasi emendamento per correggere nelle aule il testo. Una grande torsione democratica che aggiunge una nuova pagina alla lunga (e bipartisan) storia di abbattimento delle prassi istituzionali nelle fasi di approvazione delle Leggi di Bilancio. Ma questo, tra tutti i problemi, è solo la ciliegina sulla torta.