Che l’Europa abbia bisogno di una nuova destra conservatrice è un’evidenza storica. Quello che manca, infatti, non è solo la competenza (tema caro a uno dei più importanti scienziati politici italiani, Giovanni Sartori), ma anche un pluralismo politico sano, alto, che vada oltre i soliti incartamenti e le banali tifoserie. A fronte di una sinistra e di una destra rigidissime in quanto a intolleranza (la prima verso qualsiasi espressione di tradizionalismo filoccidentale, la seconda verso qualsiasi forma di diversità), quello che si rivela necessario è semplicemente un discorso in grado di rimettere sul tavolo temi e questioni di più ampio respiro senza che ci si sbrani a vicenda. Se poi rimarranno slogan o meno è un altro discorso.
Il libro intervista di Alessandro Sallusti e Giorgia Meloni, La versione di Giorgia (Rizzoli, 2023) è una dimostrazione chiara della nuova strada percorsa dalla premier, capace, dal momento dell’elezione, di mantenere toni da leader di stampo internazionale, nonostante si sia trovata nell’incrocio tra il fuoco delle opposizioni e il cosiddetto fuoco amico, costituito, come già aveva notato in tempi non sospetti Franco Cardini, di un seguito di suoi fratelli e cognati e amici d’Italia sostanzialmente incapaci di mantenere quel minimo di forma necessario a una carica istituzionale.
I tempi delle urla e delle liti in televisione sono finiti. Giorgia Meloni ora rappresenta l’Italia nel mondo e vuole farlo attraverso una lettura della cronaca e dell’attualità che possa reggere il confronto con gli altri Paesi europei. Mentre il New York Times stiletta la premier, il Washington Post la promuove a pieni voti. Mentre in Italia abbiamo pensato che avrebbe prestato il fianco ai neofascisti, in Europa, dopo di lei, si sta aprendo un varco per una nuova destra, quella che ha vinto le elezioni spagnole, quelle finlandesi e che fa crescere Marine Le Pen che ora sostiene di non essere più una forza di mera opposizione, cioè una forza impolitica, populista, ma una possibilità per la Francia.
Nonostante si siano impegnati in pochissimi giorni a rilevare pregi e difetti nei contenuti raccolti in La visione di Giorgia, quello che non è stato compreso è lo spirito generale del libro, dimostrato non solo nei toni ma nel modo di affrontare alcune delle risposte. Certo non sono aspetti che facciano clamore né, tantomeno, sono buoni assist per titoli da partigianeria avvinazzata. Ma il cuore del discorso è lì. Quando Sallusti si chiede perché abbiamo reagito così male, all’inizio del suo mandato quando nel discorso per l’insediamento la Meloni parlò di merito, lei risponde come nessun altro finora avrebbe risposto; e lo fa tenendo conto di essere la maggior figura politica del panorama italiano dopo il presidente della Repubblica, dopo aver detto di voler portare i cittadini ad avere nuovamente fiducia nelle istituzioni: “Come ha sentito questa parola [merito, ndr] la sinistra è andata su tutte le furie. E sai perché? Perché il merito è ciò che scardina il concetto di Stato padrone, è ciò che rende liberi, non lo controlli né lo puoi incanalare”.
Si tratta di un concetto liberale, più volte disatteso nell’approccio securitario sostenuto o caldeggiato in passato, è vero, ma che espresso in forma scritta, pubblicato in un contesto più ufficiale di un tweet, non è poco in questa Italia. Non è poco soprattutto per chi potrà usarlo come sponda per lavorare su questi temi cari alla destra liberale (il limite dei poteri dello Stato, il rapporto tra società civile, impresa individuale, quindi il merito, e le istituzioni).
Un’altra frase da cui ripartire: “Perché la politica, semplicemente, non esiste senza una visione. O meglio, senza visione la politica si riduce a mero interesse personale”. La storia recente del nostro Paese è fatta di governi tecnici, decisioni prese su misura per problemi locali, lotte intestine basate sul numero di poltrone e poco più. Manca una visione, un modo di tenere compatto un elettorato. La sinistra è vittima della frana interna dovuta a personalismi (Matteo Renzi, il Carlo Calenda più a sinistra) e anonime presenze che a mala pena rispondono all’appello (Elly Schlein). La destra è stata per molto tempo intrappolata nei mal di pancia, contendendosi il primato di farmaco per la gastrite con il Movimento 5 Stelle. Ora, grazie esclusivamente a Giorgia Meloni, la vittoria è arrivata e una visione, quella erede della svolta di Fiuggi, ha permesso anche ad altre forze in giro per l’Europa di emergere, sulla scia di un successo che non è crollato, nonostante le evidenti difficoltà fattuali, tra cui l’immigrazione (tema sul quale l’attuale governo non sembra aver raggiunto particolari successi).
Ma serve andare oltre. Purtroppo, per via di un partito di “minorenni”, per dirla con Kant, Giorgia Meloni potrebbe rischiare di non capitanare nessuna grande corrente di destra europea, moderata, istituzionale, una destra delle buone maniere (quella auspicata per altro da un riferimento culturale di Meloni, pare: Roger Scruton), nonostante attualmente sia la leader dei conservatori europei. Tuttavia quanto sta nascendo in giro per l’Europa è abbastanza chiaro. Nonostante i successi dichiarati della sinistra progressista, con i socialisti spagnoli e Sanna Marin in Finlandia, il popolo premia forze strutturate della fazione opposta, senza però dare credito ai più radicali tra loro. Basti pensare ai pessimi risultati di Vox (che, sbagliando in modo plateale, Giorgia Meloni aveva scelto di sostenere).
C’è davvero una nuova speranza conservatrice. Le parole di Giorgia Meloni sembrano confermarlo: “Peraltro insieme ai miei colleghi di Polonia e Repubblica Ceca – anche loro appartenenti alla famiglia politica di Ecr – rappresentiamo il 24 per cento della popolazione europea […]. Un europeo su quattro vive in uno Stato a guida direttamente conservatrice”. Per quanto la strada sia lunga, Giorgia Meloni sembra ben consapevole dunque del compito e della portata del suo incarico per una destra che ora non può permettersi di sbagliare assecondando le turbe di un elettorato che non ha sempre a fuoco le questioni che interessano il proprio Paese. Ne La visione di Giorgia, la leader, grazie anche alla “guida gentile” di Sallusti, apre finalmente a nuove possibilità che ora non dovrà disattendere, portando a compimento quanto espresso dalle parole di Margaret Tatcher che chiudono il libro: “Non si ottiene nulla se non fai un po’ di casino, ma quando hai scalato la montagna per tua soddisfazione poi sulla cima ci pianti la bandiera del tuo Paese”.