E se il futuro dell’alta moda fosse già altrove? Direttamente dai social - fra TikTok e X (ex Twitter) - arriva una provocazione che fa tremare il sistema: i creator cinesi hanno cominciato a invitare a riflettere sul rapporto tra lusso e produzione. Se non, addirittura, a sponsorizzare in modo aggressivo l’acquisto di prodotti in Cina - dove vengono realizzati - anziché in Europa o in America, dove vengono invece rivenduti a prezzi maggiorati con i marchi più famosi. Nei video, che sono già diventati virali su TikTok (cinese), e presto lo saranno su ogni tipo di social, segnalano come il 42% di ciò che acquistiamo a caro prezzo è prodotto da aziende o artigiani cinesi. E che spesso, se non quasi sempre, gli oggetti da migliaia di euro vengono da chi le realizza per conto di grandi maison, quando invece alla fonte costano molto meno. La qualità? La stessa. Per cui si chiedono, e ci chiedono: perché continuate a comprare lì, quando potete farlo spendendo meno da noi? Una domanda semplice, ma scomoda. Che però rischia di smontare un intero settore. Perché si sa, quando qualcosa rimbalza sui social poi circola e cambia anche le abitudini dei consumatori. Questa nuova guerra commerciale, in risposta ai dazi imposti dall’America di Donald Trump, quali ripercussioni avrà? Lo abbiamo chiesto ad Antonio Mancinelli, giornalista e critico di moda tra i più autorevoli.
Antonio Mancinelli, cosa ne pensa di questa svolta aggressiva cinese alla moda di lusso?
Per ora non preoccupa, ma deve essere un campanello d’allarme. Il sistema moda europeo, in particolare quello francese, è in crisi. I prezzi sono aumentati a tal punto da generare una vera disaffezione anche tra i clienti alto-spendenti. Parliamo di persone che potrebbero spendere, ma non lo fanno più. Preferiscono investire in accessori duraturi, come nell’oro o in oggetti che diano certezze etiche e qualitative. La fiducia, semplicemente, si è incrinata.
In fondo questi creator hanno svelato il segreto di Pulcinella?
Non è un segreto che molti brand, da Armani a Dior, abbiano affidato la produzione a laboratori cinesi, anche quando il prodotto finale veniva venduto a migliaia di euro in Occidente. O spesso quei laboratori erano in Italia, ma gestiti da aziende cinesi. È successo, e succede. Il problema è che la tracciabilità promessa non sempre corrisponde alla realtà. Si parla molto di sostenibilità e trasparenza, ma poi bastano una zip e una cucitura finali in Italia per applicare il “Made in Italy”. Questo genera sfiducia. Anche tra chi ha i mezzi per comprare. E oggi ormai tutti conoscono bene come funziona il settore.
Il vero lusso qual è?
Il consumatore alto-spendente non è più ingenuo. E non è più soddisfatto solo da un logo. Vuole sapere chi ha fatto quella borsa, come è stata prodotta e in che condizioni. I QR code e i progetti di tracciabilità restano spesso sulla carta. Solo pochi gruppi, come Kering, stanno facendo davvero passi avanti. Ma se non si cambia rotta, il rischio è reale. Cioè di perdere la credibilità, non solo la clientela.
I video che circolano sui social che cosa possono innescare?
Non hanno scoperto nulla che non sapessimo già, ma hanno avuto il merito di dirlo chiaramente. E se dovessero fare breccia, cioè se turbassero qualche anima pia, sarebbe perché andrebbero a toccare nervi già scoperti. Il sistema del lusso europeo non è minacciato da quei video di TikTok o da una fabbrica di Shenzhen, ma dalla sua stessa arroganza. Dalla convinzione che il passato basti a garantire il futuro. E invece il futuro, se lo si guarda bene, è già altrove. E costa, purtroppo, molto meno.
