Agli italiani non piacciono le sanzioni economiche contro la Russia di Putin, perché se ne sentono danneggiati. Questo almeno secondo l’ultimo sondaggio di Termometro Politico, secondo cui il 51% del campione sarebbe favorevole a fare marcia indietro in seguito all’aumento dell’inflazione e del prezzo del gas, vitale per il riscaldamento invernale. La percentuale si scompone in due parti: uno zoccolo duro di contrari da sempre (28%), e un più cauto 23%, che invece ha cambiato idea negli ultimi mesi, dopo un iniziale sostegno a febbraio all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina. Nel tempo, la contrarietà è andata in crescendo: l’8 aprile, secondo Ipsos, gli anti-sanzionisti erano a quota 32%, mentre il 20 luglio, in base alle ricerche di Swg, erano saliti al 49%. Un dato che segna lo scollamento con i temi della campagna elettorale, dove tra i big solo Matteo Salvini - peraltro non senza tentennamenti e cambi di versione - parla della possibilità di revocare o rivedere le sanzioni. E nel frattempo il prezzo del gas continua a salire e i russi promettono di chiudere i rubinetti di metano all'Europa (anzi, lo fanno), legando la mancata manutenzione di Nord Stream 1 alla presenza delle sanzioni.
Del resto, che il blocco commerciale contro la Federazione Russa stia mostrando tutti i suoi limiti arriva a scriverlo anche un insospettabile Corriere della Sera, schierato su ferree posizioni atlantiste. In un articolo firmato da Marco Imarisio nell’edizione di oggi, dando comunque maggiore evidenza alle conseguenze negative che pure la Russia sta patendo (“Abbiamo bruciato quasi cento miliardi di dollari per tenere in piedi la nostra economia”, Olga Skorobatova, vicegovernatrice della banca centrale di Mosca), alla fine si legge che il sistema di potere statale di Putin “non è toccato in alcun modo”. Di più: grazie al gas e al petrolio che i russi hanno continuato a vendere, “Putin guadagna più di prima e può continuare la sua guerra almeno per un altro anno”.