I protagonisti della vicenda sono: Hebzollah, un partito politico islamista sciita, nonché organizzazione paramilitare radicata in Libano, lo stesso Libano, l'Iran e Israele. I primi tre soggetti sono accomunati dall'odio storico nei confronti dello Stato ebraico, che ricambia il sentimento in un crogiolo di tensioni che, ormai da tempo immemore, scuote il Medio Oriente. Negli ultimi mesi, la guerra che Tel Aviv sta combattendo nella Striscia di Gaza ha coinvolto anche Hebzollah e Iran, entrambi scesi – più o meno indirettamente – in campo per sostenere a distanza l'organizzazione politica palestinese Hamas. Negli ultimi giorni, invece, l'epicentro della violenza si è spostato da Gaza al confine tra Israele e Libano, con le Forze di difesa israeliane (Idf) che potrebbero presto avventurarsi in un'invasione terrestre oltre confine. Che cosa c'entra, in tutto questo, l'Italia? Di base niente, visto che a differenza del conflitto ucraino tra Kiev e Mosca il governo guidato da Giorgia Meloni non ha sostanzialmente avuto voce in capitolo in questo dossier. Se, però, scaviamo indietro nel tempo, emerge una strana connessione tra alcune fette oscure del nostro Paese e l'Iran (e dunque, di riflesso, con Hezbollah).
Facciamo un passo indietro e torniamo al 2020. A Roma viene ucciso un uomo: Said Ansari Fioruz, iraniano, 68 anni e figlio di un ex ambasciatore di Teheran in Italia ai tempi dello Shah. Il Messaggero scriveva che Said lavorava per gli 007 iraniani con il compito di esportare droni e armi verso il proprio Paese, fungendo da collegamento italo-iraniano. La notizia in questione avrebbe consentito alle autorità di allargare l'indagine. Emersero così società italiane coinvolte nel traffico di armi e finite sotto inchiesta dei Ros, oltre a relazioni ambigue tra lo stesso Said e uomini e affaristi della ‘ndrangheta. Andiamo ancora indietro nel tempo. Nel 2010, nel porto di Gioia Tauro, in Calabria, veniva sequestrato un carico contenente 7 tonnellate di esplosivo T4; era partito dall’Iran e diretto in Siria. Furono subito ipotizzate pericolose relazioni tra Teheran e i gruppi mafiosi italiani. Fu poi sottolineato un altro aspetto: il T4 era l’esplosivo usato dalla mafia siciliana per uccidere Falcone e Borsellino... Non solo: negli anni a venire la mafia calabrese e alcuni iraniani/libanesi – per mezzo di Hezbollah – sarebbero stati coinvolti – e ritenuti responsabili - di un massiccio traffico di droga in America Latina, tra Paraguay, Argentina e Brasile.
Nel dicembre 2020, una fonte della Guardia di Finanza di Salerno dichiarava al sito Arab News che le 15 tonnellate di anfetamina Captagon sequestrate nel luglio precedente a Napoli “provenivano dalla Siria” e che avrebbero potuto “essere collegate al gruppo libanese Hezbollah”. Al netto degli stupefacenti, rimane caldissimo anche il tema armi. Da anni non si hanno più notizie di scali sospetti in Italia ma, se in passato Roma è stata veramente usata come crocevia per affari del genere, non è da escludere che oggi i membri del gruppo libanese stiano utilizzando armamenti – chissà – transitati anche dai porti italiani...