Entro il 2035 in Europa i motori endotermici delle auto saranno ammessi solo se utilizzeranno carburanti “puliti”, bio e sintetici. Come già nei Paesi nordeuropei, secondo il decreto Energia del marzo scorso i biocarburanti e gli e-fuel saranno ammessi dal 2023 anche in Italia. Suddivisi in due tipologie (convenzionali, cioè ottenuti da grano, mais, soia e girasole, con un risparmio del 60% di anidride carbonica, o avanzati, da olii di frittura, rifiuti e grassi animali, capaci di risparmiare fino al 90% di CO2), è tutto da vedere se l’industria automobilistica sarà in grado di implementarli nell’arco di 13 anni, di qui al 2035. Più ottimistica la situazione per i sintetici, ovvero gli e-fuel ricavati da idrogeno e anidride carbonica, e i recycled carbon fuel, risultanti dall’idrogeno estratto da rifiuti come la plastica. L’Eni su questi è al lavoro in due raffinerie appositamente riconvertite, a Venezia e a Gela, per ottenere l’Hvo (olio vegetale idrotrattato) o diesel paraffinico, che garantisce massima purezza. A riportarlo è il Corriere della Sera di oggi (“Benzine bio: salveranno l’auto?”). L’Italia è fra i primi in Europa nel consumo di biocarburanti: 1,5 milioni di tonnellate nel 2021. La gran parte delle materie prime di base, tuttavia, non è italiana (solo il 12%), ma proviene dalla Cina (21%) e dall’Indonesia (17%). Il governo uscente ha provato a spingere in questa direzione: il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha dichiarato l'intenzione (e la richiesta all'Europa) di incentivare l'uso dei carburanti sintetici anziché puntare tutto sull'elettrico sin da subito, scelta a suo avviso iniqua oltre che non necessariamente percorribile.
Secondo Giuseppe Ricci, il direttore generale Energy Evolution di Eni intervistato dal Corriere, se si agisce nell’ottica di “non guardare solo alla scarico ma a tutto il ciclo di vita del veicolo”, utilizzando i biocarburanti è possibile “abbattere le emissioni dal 60 al 90%”, quindi “quasi a emissioni zero”, anche se il motore emette comunque CO2. “Ma le piante con cui sono prodotti hanno assorbito CO2 nel loro ciclo di vita”, precisa. Di diverso avviso Veronica Aneris, direttrice in Italia di T&E, Transport & Environment, che sempre al Corriere dichiara che i combustibili di tipo bio “sono preziosi per decarbonizzare il trasporto elettrico e marittimo”, ma “non funzionano per la mobilità di massa”. Due i motivi: “Primo: la terra va usata per sfamare le persone. I veri carburanti bio devono essere fatti con rifiuti e materiali di risulta. Se usassimo solo biocombustibili «buoni» e tutti convergessero sui trasporti, riusciremmo a soddisfare solo il 10% dei bisogni, come certifica uno studio dell’International council for clean transportation”; secondo: “La filiera produttiva dei biocarburanti buoni andrebbe tracciata. Inoltre che senso ha importare materie dall’Indonesia, con la Co2 emessa nel trasporto?”. Attualmente il costo del biofuel può superare i 2,5 euro al litro. Le direttive europee, come la Fit for 55, prevede la defiscalizzazione, che però non influirà sul prezzo prima di 7 o 8 anni. Insomma, è ancora presto per poter sperare concretamente nel biologico, per l’auto che usiamo tutti i giorni.