Nel silenzio più totale sui social è emersa una vicenda drammatica. E ci fa capire che il giornalismo è morto, finito, sepolto. Facciamogli il funerale. In questi giorni è esploso il caso dossieraggio. È un caso molto complesso e non posso spiegarlo qui nel dettaglio, su MOW lo stiamo seguendo da giorni. C'è una Procura, di Perugia, che sta indagando su un finanziere e un pm che passavano carte secretate a giornalisti. Da qui è scoppiato il caos. Ma quello che sta emergendo, e su cui mi voglio concentrare, è la conferma che in Italia lo stato del giornalismo è vomitevole. Ormai le inchieste in Italia i giornalisti le fanno solo in un modo: prendono le veline dai magistrati e i magistrati le passano quando a questi e quando a quello e all'interno delle procure si fanno la guerra tra di loro, come descrive bene La Verità oggi. È questo quello che è chiaro leggendo le cronache. E nessuno dei quotidiani giganti italiani, dei GIORNALONI (che non legge più nessuno, ma sono gli unici che continuano a prendere i finanziamenti pubblici) lo dice. Perché sono quasi tutti coinvolti. Il modus operandi è sempre lo stesso.
Solo leggendo i giornali oggi viene fuori che Il Domani, coinvolto con quattro suoi giornalisti, in questo caso dossieraggio, se la prende con Delmastro, sottosegretario del governo Meloni perché ha premiato un poliziotto che ha patteggiato dopo essere stato accusato di 47 mila accessi abusivi. Il bue che dice cornuto al bue. Anche perché Delmastro, quello delle feste di capodanno dove si spara, è lo stesso che ha passato i documenti coperti da segreto al deputato Donzelli sul caso dell'anarchico Cospito. Oggi Il Tempo accusa Domani di aver pubblicato informazioni recuperate sempre in maniera strana per infangare la corsa al Quirinale di Berlusconi. Il Domani riporta la notizia e non fa nessuna replica. Niente. Insomma è tutto un dossieraggio. Ognuno fa il suo. E il risultato è che le inchieste non si fanno più sul campo ma in Procura o con le veline della Procura, e questo è sintomatico di un giornalismo pigro, marchettaro e per niente indipendente, perché si creano notizie per distruggere quando uno quando un altro personaggio, per convenienza e spesso per convenienza politica. Ma nessuno è esente da colpe.
Notizia sempre di ieri è la condanna di un maggiore dei carabinieri che nel 2016 aveva prodotto accuse false su Renzi, che all'epoca era Presidente del Consiglio. È strano che questo avesse agito da solo. Ma alla fine i mandanti non si riescono mai a dimostrare. Chissà perché. Ma secondo voi è normale che si provi a distruggere la reputazione di una persona, attraverso la complicità di uomini dello Stato, giornalisti porta voce e lecca culo di alcuni procuratori o forze dell'ordine, e dopo sette anni si dica che non era vero niente? E guardate che a me di Renzi non frega niente, ma è una pratica che viene fatta sulla pelle di molti cittadini e imprenditori. Tutto questo ci racconta solo una cosa: che il giornalismo per questo e per vari altri motivi è finito, morto, sepolto. Ecco perché siamo messi così male signori.