Dopo la vittoria della destra alle elezioni regionali in Abruzzo abbiamo intervistato la deputata di Forza Italia, Rita Dalla Chiesa, per chiederle quale fosse il sentiment tra le fila del governo. È forte la sua appartenenza che descrive come “un partito moderato”. E Silvio Berlusconi manca? A quanto pare molto. E sono vere le voci che circolano secondo cui Matteo Salvini avrebbe intenzione di far cadere il governo? Secondo la Dalla Chiesa: “Io non ci credo assolutamente. Conte e la Schein avevano detto che le elezioni in Abruzzo avrebbero messo a rischio il governo. Tutto ciò dopo le elezioni in Sardegna che sono state sopravvalutate. Si arrampicano sugli specchi”. E la segretaria del Pd, Elly Schelin? “Credo che le manchi l'esperienza. Non ha visto altro nella sua vita se non partiti che si fanno la guerra con le battute”. mentre sullo scandalo dossieraggio: "Terribile, il cittadino qualunque si sente di non avere più sicurezza. C'è l'occhio del Grande Fratello che vigila e che guarda. Mi auguro che tutto ciò si risolva al più presto, anche se non credo che sarà così...”.
Rita Dalla Chiesa, che cosa ne pensa di come ne è uscita Forza Italia da queste elezioni?
Abbiamo sempre incrociato le dita per evitare di dirci delle cose che poi però nel profondo sentivamo. Ovvero che Forza Italia è un partito che sta crescendo e che piace ai nostri elettori perché è un partito moderato. Abbiamo al nostro interno tante anime, ma rimaniamo sempre uniti.
E Antonio Tajani come ha rilanciato il partito?
È una persona straordinaria, con una sua centralità e credibilità in Europa. Da quando sono entrata in politica mi sono resa conto che non bisogna puntare il dito contro gli altri, ma lavorare con gli altri. È questo che si aspettano gli italiani, perché prendersela con altri partiti o con altri leader oggi non funziona più.
Proprio per questo, che cosa si sente di rispondere a chi dice che Salvini potrebbe far cadere il governo?
Io non ci credo assolutamente. Ho letto che Giuseppe Conte e Elly Schein avevano detto che con le elezioni dell’Abruzzo ci sarebbe stato il rischio che il governo potesse essere messo in crisi. Tutto ciò dopo le elezioni in Sardegna che sono state sopravvalutate, è un arrampicarsi sugli specchi. Stiamo parlando di uno scarto di 0,1 o 0,2, punti, ci abbiamo messo una settimana per uno spoglio. Capite che è ridicolo attaccarsi a tutto questo? Abbiamo tante anime diverse all'interno della coalizione e ognuno si prenderà le proprie responsabilità e deciderà cosa fare. Noi siamo Forza Italia e siamo molto forti in questo momento. Siamo credibili e questo è il valore più importante nella politica. Più vado avanti e più ne sono convinta. Quando siamo in aula, non c'è mai nessuno che urla, ascoltiamo e facciamo le nostre valutazioni ma sempre in modo civile. Io ho anche dei rapporti bellissimi con dei colleghi dell'opposizione.
Ci fa il nome di qualcuno dell'opposizione con cui va d'accordo?
Irene Manzi del Pd, sicuramente. Anche con Nicola Fratoianni e con Elisabetta Piccolotti.
E con la Schlein?
Ci salutiamo, ma non ci siamo mai fermati a parlare, anche se mi piacerebbe confrontarmi con lei. Non dimentichiamoci che siamo persone, nonostante abbiamo delle idee diverse. Mi ricordo quando Tajani era venuto per parlare alla Camera di ciò che era successo il 7 ottobre in Israele: sono scesi quelli del Pd e c'era in particolare la Schlein davanti a lui che voleva essere aggiornata e con cui dialogava.
Però la Schlein non ha mancato di criticare aspramente il governo.
Sì, è vero, ma le fa perché è giovane e non ha visto altro nella sua vita se non partiti che si fanno la guerra con le battute. Ma le battute non servono a niente e lo abbiamo visto. Credo che le manchi l'esperienza.
Nell’ultima puntata di Piazza Pulita Giorgio Mulè l’ha nominata come esempio positivo di Forza Italia. Questo dopo che Paolo Romano aveva detto: “Voi avete candidato dell’Utri che è stato condannato per mafia”.
La questione di Dell'Utri dura da trent'anni. Tirarla in ballo in questo momento in cui Dell'Utri è fuori dalla mischia, in cui c’è Tajani, ci sono io, c'è Caterina Chinnici, che garantiamo un'essenza di Forza Italia totalmente al di fuori di queste cose non ha senso. Poi Caterina, la figlia di Rocco Chinnici, viene dal Pd. Di me si può dire che più o meno sono sempre stata una donna di destra, che ho sempre lavorato a Mediaset e avuto delle simpatie per Forza Italia e per Berlusconi. Ma Caterina Chinnici dovrebbe far capire che abbiamo trovato all'interno di Forza Italia una correttezza e una lealtà importante.
Quanto si avverte la mancanza di Silvio Berlusconi a destra?
Molto. Ci manca quello che Gasparri chiama "il berlusconismo". Ci manca l'entusiasmo che lui aveva nell'affrontare anche le sfide più disperate, ma lui lo faceva trascinandoci e con il sorriso. Era un uomo estremamente positivo, non c'è mai stata una volta in cui abbia pensato di non riuscire a fare qualcosa. Quello che voleva fare lo ho sempre fatto. L'ho visto sorridere anche quando gli hanno tirato la statuetta sui denti, per cui era un uomo pieno di vita, di risorse e soprattutto credeva molto in sé stesso e in Forza Italia. Forza Italia era il suo grande gioiello prezioso.
Nella Maratona Mentana c’era chi non ha apprezzato il fatto che Giorgia Meloni avesse fatto il comizio in Abruzzo perché è presidente del Consiglio. Ma Enrico Mentana ha ricordato che è comunque la leader di un partito.
Perché i giornalisti che partecipano a questi talk non si rendono conto. Io ho cominciato a vedere la maratona di Mentana e mi sono accorta che all'inizio, quando sembrava ancora che ci potesse essere un margine tra Marsilio e D’Amico, li ho visti pimpanti e contenti. Però, più si andava avanti e più le loro espressioni cambiavano. Li capisco perché se ci fossi stata io avrei fatto lo stesso, ma non avrei aggredito gli avversari. È questa la differenza. Poi fa ridere che loro si siano messi tutti insieme per perdere, ma quanti erano? Tutta l'opposizione possibile unita per perdere di sette punti.
Come viene vissuto da lei e da Forza Italia il caso del dossieraggio?
Trovo che sia una cosa terribile, di cui si vuole sapere e capire di più. Io non penso che un solo tenente della Guardia di finanza, da solo, possa permettersi di fare tutto quel lavoro. Il cittadino qualunque si sente di non avere più sicurezza.
Siamo in una sorta di Grande Fratello?
Certo. C'è l'occhio del Grande Fratello che vigila e che guarda, peccato che a differenza del programma, alcune cose non si possano tagliare. Mi auguro che tutto ciò si risolva al più presto, anche se non credo che sarà così. Quando l'ho sempre detto che siamo tutti controllati dai nostri dispositivi telefonici, ma non è neanche giusto dire “io non ho niente da nascondere e possono intercettarci quando voglio”, perché questo significa essere in uno stato che non ti protegge.
Molti giornalisti parlano di libertà di stampa.
Non mi sembra proprio. Loro tendono a buttarla sulla libertà di stampa perché gli conviene. Forse sarebbe meglio dire che è un problema di libertà, senza aggiungere la parola stampa. Io ho vissuto in ambienti militari e in ambienti dove di determinate cose si sente parlare e che quindi non mi sono sconosciute. Mentre mi è del tutto sconosciuta questa sensazione di non libertà che mi destabilizza. Mi ricordo di quando mio padre comandava la compagnia di Milano tutti i giornalisti lo chiamavano per avere informazioni.
E lui come reagiva?
Non parlava mai con i giornalisti. Quando lui rilascio la famosa intervista a Giorgio Bocca e poi l'intervista televisiva a Enzo Biagi erano passati tanti anni e papà aveva un'altra posizione in quel momento, era prefetto di Palermo. Ma papà quando conduceva le indagini non ha mai permesso a un giornalista di potergli fare un'intervista e questo i vecchi giornalisti lo sanno.
C'è un episodio in particolare che si ricorda?
Sì, andavo spesso con papà a mangiare in un ristorante di pesce dove andava anche Gianni Brera, che si occupava di sport, ma cercava comunque di chiedergli sempre qualcosa. Mio padre non ha mai parlato con nessuno, non voleva proprio. E aveva dato ordine a tutti i suoi uomini di non dare alcuna notizia ai giornalisti. Che io mi ricordi non c'è mai stata una fuga di notizie. C'era un modo diverso di intendere la sua professione e anche la professione dei giornalisti. Se i giornalistici riuscivano tanto di cappello, ma non si basavano sulle istituzioni o sui rappresentanti delle forze dell'ordine per strappare qualche notizia. Ci provavano ma con mio padre non ci riuscivano, per cui probabilmente si rivolgevano ad altri. C'era una correttezza nei confronti delle parti che oggi non c'è più. Oggi i processi si fanno sui giornali e non in tribunale. Sarà banale quello che dico, ma io non ne posso più di vedere i processi fatti sui giornali.