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Ranucci: “Regionali in Abruzzo? Con l’europee l’informazione verrà imbavagliata”. E sul dossieraggio Di Pietro attacca: “Non è più una democrazia”

  • di Carlotta Casolaro Carlotta Casolaro

10 marzo 2024

Ranucci: “Regionali in Abruzzo? Con l’europee l’informazione verrà imbavagliata”. E sul dossieraggio Di Pietro attacca: “Non è più una democrazia”
L’insolita combo composta da Sigfrido Ranucci e Antonio Di Pietro ad Accordi & Disaccordi ha sparato sulla libertà di informazione. Ok le regionali in Abruzzo, ma per il conduttore di Report “sarà quello delle europee il vero test. E non solo. Sarà un momento molto difficile per l'informazione: probabilmente un tipo di informazione verrà derogata e un'altra, quella vera, verrà imbavagliata”. Netta la posizione anche dell’ex magistrato di Mani Pulite: “Esiste un sistema parallelo – il commento di Di Pietro sul caso dossieraggio – che cerca in ogni modo di indirizzare l'informazione. In questo modo il modo di dare la notizia diventa talmente borderline che si finisce per non vivere più in una democrazia”. E su Zelensky, Putin, Trump e Biden…

di Carlotta Casolaro Carlotta Casolaro

È il momento delle elezioni regionali in Abruzzo e per Giorgia Meloni ecco il timore di confrontarsi con l'ipotetica ascesa del centro-sinistra, replicando in questo modo lo scenario della Sardegna. Ospite in studio da Luca Sommi ad Accordi & Disaccordi, il giornalista d'inchiesta e conduttore dello “scomodissimo” Report Sigfrido Ranucci si è confrontato con il conduttore su una tematica più che mai attuale. Ovvero il motivo per cui tutte le volte che c'è un'elezione locale lo “sconfitto” assume una valenza quasi esclusivamente locale, mentre il vincitore è portato ad assumere un prestigio nazionale agli occhi dell'opinione pubblica. C'è da considerare il fatto che, almeno stavolta, l'Abruzzo viene visto più come un banco di prova dell'efficienza politica della destra che altro. La stessa sconfitta in Sardegna è stata derubricata dalla premier a mero incidente di percorso, dovuto all’errore di aver sottovalutato lo scarso appeal della candidata. Ma anche, perché no, alla staticità di una classe politica che credeva che il popolo non si appellasse al cambiamento dopo lo scossone degli scontri di Pisa. “È sempre la stessa storia. Ammettere la sconfitta da parte di una classe politica più ampia è sempre complicato. Quello che si nota è la grandissima confusione che regna nel nostro paese sotto questo punto di vista. Bisogna anche capire come andranno le Europee, quello sarà il vero test. E non solo. Ritengo che quello sarà un momento molto difficile per l'informazione... probabilmente un tipo di informazione verrà derogata e un'altra, quella vera, verrà imbavagliata”. Ranucci dedica un ampio spazio del suo intervento al conflitto Russo-Ucraino. Ora che le elezioni negli Stati Uniti sono alle porte e che anche Putin ha ammesso “che preferirebbe Joe Biden” a guidare l'America, il vero dilemma è come e se cambierà il sostegno (anche in fatto di armamenti) all'esercito di Zelensky. Anche se la deriva dell'isolazionismo degli Stati Uniti è sempre più tangibile, per Ranucci Vladimir Putin sta mentendo: “Non è vero che Putin preferisce Biden. Basta andare indietro nella storia per capire quanto la Russia abbia appoggiato Trump proprio per cercare di scardinare l'Europa”. 

La locandina di Sigfrido Ranucci ad Accordi&Disaccordi
La locandina di Sigfrido Ranucci ad Accordi&Disaccordi
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Lo scenario è particolarmente complesso. Gli aiuti americani all’Ucraina dall’inizio dell’invasione russa ammontano a ben settanta miliardi di euro, circa la metà del sostegno dell’Unione europea a Zelensky. Donald Trump ha un vantaggio tra i 4 e i 10 punti percentuali in una rivincita con Biden e i dati (espressi in miliardi) del governo di quest'ultimo verso l'Ucraina parlano chiaro: ad oggi sono stati destinati al paese 23 miliardi di dollari in aiuti finanziari, quasi 4 miliardi nel sostegno umanitario e oltre i 42 miliardi nell'allestimento di uno scenario militare che potesse contrastare le forze del Cremlino. In ogni caso, il punto cardine della politica che potremmo aspettarci da Trump sarebbe (prima di qualunque altra cosa) la gestione dei rapporti competitivi tra Stati Uniti e Cina, ambizione da cui Trump è sempre stato ossessionato. Probabilmente solo in un secondo momento vedremo l'intervento (o il non intervento) di Trump nel conflitto Russo-Ucraino, qualora dovesse assumere la presidenza americana. Se l'intervento di Ranucci si conclude con una stilettata sui dossieraggi, dove si approfondiscono soprattutto i meccanismi che si inceppano all'interno dei poteri forti, Luca Sommi riprende lo stesso filone in collegamento con Antonio Di Pietro. Dopo aver ammesso che preferisce occuparsi della cura degli ulivi tra le campagne, muove un attacco molto forte al sistema: “Il discorso è che esiste un sistema parallelo rispetto a quello che l'opinione pubblica conosce. Un sistema che cerca in ogni modo di indirizzare l'informazione stessa. In questo modo il modo di dare la notizia diventa talmente borderline che si finisce per non vivere più in una democrazia. Quanto, piuttosto, a vivere in un sistema che va contro la democrazia a cui dovremmo aspirare”. L'intervento di Di Pietro getta luce su una domanda che bisognerebbe porsi: nel portare alla luce i lati oscuri della società, chi sono i veri nemici della libertà di stampa? Esiste un sistema di potere che concatena indissolubilmente la politica a un certo tipo di giornalismo?

La premier Giorgia Meloni
La premier Giorgia Meloni

Di Pietro è indubbiamente un sostenitore del motto secondo cui la libertà di stampa va prima di tutto guadagnata (poi, bisogna difenderla a tutti i costi). Perché la democrazia muore nell’oscurità, come diceva Ranucci prima di lui, ma il problema è che “noi ci muoviamo in un sistema malato che sta finendo per assuefarci”. Ma Luca Sommi alza ancora di più il tiro e si ricollega al discorso di Gasparri contro i magistrati in politica. Di Pietro a quel punto muove un parallelismo interessante tra arbitri e giocatori: “Cerco di fare un esempio per spiegarmi meglio. Io penso che l'arbitro possa fare il giocatore. In fondo si tratta di un diritto costituzionalmente garantito. Ma se si presenta per fare il giocatore non dovrebbe più tornare indietro come arbitro. Io stesso ho applicato questo concetto sulla mia pelle. Esiste un pieno dirittto dei magistrati per candidarsi, ma poi non trovo giusto che facciano marcia indietro”.

Antonio Di Pietro ospite ad Accordi&Disaccordi
Antonio Di Pietro

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