Dietro al nome “Joe Black” si nasconde un imprenditore italiano al vertice di un’azienda americana che si occupa di servizi informatici. Dietro questa generica indicazione - “servizi informatici” – si nasconde, a sua volta, un complicato sistema di ascolto e analisi di oltre 90 milioni di fonti aperte in 30 Paesi del mondo, grazie alla quale l’azienda in questione è in grado di orientare il sentiment del pubblico di riferimento attorno a un tema sensibile, come ad esempio il gradimento di un politico o di un partito. Qualche tempo fa, un’agenzia americana si rivolse a Joe Black per orientare le elezioni politiche in Libia. Un Presidente di un piccolo stato sudamericano ha approfittato dei suoi servizi per imporsi alle ultime elezioni e la stessa cosa è accaduta durante una recente elezione regionale italiana. Maniaco della privacy e non solo (“come il personaggio della serie tv Succession, il mio unico credo sono le famose tre P: privacy, pasta, pussy”), Joe Black ha accettato di rispondere alle nostre domande riguardanti l’ultimo scandalo che ha scosso le fondamenti della nostra Repubblica.
Joe Black, cosa pensa del caso dei presunti dossieraggi a opera del finanziere Pasquale Striano?
Penso che sarebbe ora di cambiare la Costituzione italiana. Dovrebbe iniziare così: l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro di dossieraggio.
Addirittura?
Il sistema del dossieraggio va avanti fin dall’epoca dei romani. Governi di destra che spiano quelli di sinistra, governi di sinistra che spiano quelli di destra, entrambi che spiano le maggiori forze economiche del Paese allo scopo di ricattarle.
Niente di nuovo sotto il sole, dunque.
Il dossieraggio conviene a tutti, non solo alla politica, ma anche a chi dovrebbe essere il cosiddetto “cane del guardia” del potere. Intere carriere giornalistiche sono state costruite grazie alle soffiate di questa o di quella procura. Editori compiacenti non vedono l’ora di avere “primizie” da sbattere in prima pagina al fine di vendere più copie. Siti web funzionano da smercio di “veline” e notizie spifferate di soppiatto, vendendo a peso d’oro gli spazi pubblicitari: il dossieraggio muove l’economia.
Come mai allora ogni volta ci si scandalizza?
Ma chi si scandalizza? È il solito balletto aduso e consumo dei telegiornali, una farsa in attesa di trovare un parafulmine da mandare in carcere per qualche tempo, fino a che non verrà fuori la prossima storiaccia. I nomi dei mandanti, tanto, non si sanno mai.
Ma a lei è mai capitato che qualcuno le offrisse notizie riservate?
Ho la fila fuori dall’ufficio di faccendieri che vogliono propormi notizie infamanti contro il rivale di turno del loro padrone, procurate chissà dove, chissà come.
Ci racconti almeno un episodio.
Un ex manager pubblico italiano, molto noto, venne nel mio ufficio e si mise a scrivere su un pezzo di carta una serie di pettegolezzi su un altro noto manager italiano, attivo nel settore bancario, per esempio che il figlio fosse dipendente dalla cocaina. Chiedeva che questa roba fosse pubblicata sui giornali in giro per il mondo. Io presi quel foglio e lo strappai, ma quelle notizie uscirono poco dopo su un sito italiano di quelli sempre ben informati sui retroscena.
Cosa offrono i venditori di informazioni riservate?
Tangentopoli ha sterilizzato il sistema. Questi “scambi” non vengono fatti in nome del denaro ma dei favori. Io ti faccio pubblicare la notizia sul giornale amico, tu in cambio mi restituisci il favore più avanti. È una corruzione 2.0, una corruzione biodegradabile e per questo ancora più efficace.
Dal punto di vista della stampa, una teoria molto in voga dice che “se non c’è scambio di denaro allora non c’è corruzione”. E quindi, se un giornalista riceve un’informazione, basta che non venga pagato in denaro e la pubblicazione della stessa non è solo legittima ma doverosa.
Ho letto anch’io questa baggianata e mi sono fatto delle grandi risate. L’Italia non sono gli Stati Uniti d’America: il nostro è un Paese relazionale, dove vige un capitalismo relazionale. Il denaro è soltanto uno dei modi di pagamento possibili: la notizia la pubblico gratis, però il segnalarmi come “affidabile” farà in modo che, un domani, io venga messo a dirigere un giornale o a condurre un programma tv. Perché dico che si tratta di una corruzione più efficace? Perché in questo modo il corruttore nemmeno deve tirare i soldi subito, oppure nemmeno li deve tirare fuori del tutto, se il programma che mi viene affidato va in onda, per esempio, sulla tv pubblica. E poi c’è un’altra ragione.
Quale?
Se io fossi un giornalista, vorrei prima di tutto evitare di essere strumentalizzato, di diventare un piede di porco utilizzato da un potere per farne fuori un altro. Altrimenti, che differenza c’è tra me e una buca delle lettere? Ma, ripeto, questo sistema conviene anche ai giornalisti stessi, che trasformandosi in buche delle lettere fanno carriera.
Cosa bisognerebbe fare, secondo lei, per bonificare il sistema?
Quel sistema è l’Italia stessa. Lei pensa veramente che sia difficile creare un software di cybersecurity in grado di evidenziare se un uomo appartenente allo Stato violi una banca dati riservata? E non una volta, ma ottomila volte, come nel caso di questo tizio sconosciuto? E allora perché secondo lei non è stato fatto e si producono dossier come fossero panini con la mortadella?
Non pensa che se ci fosse una Commissione le cose sarebbero diverse?
Ma quale commissione (ride ndr)? Anche da noi esiste una Commissione pubblica sull’Intelligenza Artificiale per l’Informazione. All’estero queste cose sono dirette da specialisti dinamici, giovani, cazzuti, che provengono dal mondo dell’informatica, da noi a presiederla c’era prima Giuliano Amato, classe 1938, e oggi il professor Paolo Benanti Tor, presbitero e teologo del Terzo ordine regolare di San Francesco. Capisce che siamo oltre il ridicolo?
E l’opinione pubblica?
L’opinione pubblica è impegnata a capire se tra Fedez e la Ferragni sia vera crisi o meno; i programmi che un tempo facevano inchiesta ora si occupano del televoto di Sanremo. Le pare che la gente abbia tempo e modo di preoccuparsi di cose come queste?
Nessuna speranza quindi?
L’Italia funziona così: oggi mangia tu, che domani mangio anch’io. Prendere o lasciare.