La copertina dell'Espresso che ritrae Chiara Ferragni in versione Joker sta tenendo banco in un dibattito accesissimo, tra chi vede l'imprenditrice come vittima e chi, invece, si appella al diritto di satira. Abbiamo chiesto a Tommaso Cerno, attuale direttore del quotidiano Il tempo, che era stato direttore dell'Espresso dal 2009 al 2014, che cosa ne pensa. Secondo lui “l'Espresso ha fatto una cosa alla Charlie Hebdo”. Ma con che scopo hanno fatto quella copertina? “È stata fatta per far parlare di sé, perché erano anni che le loro copertine passavano inosservate”. C’entrano il diritto di satira e di critica? E la Ferragni potrà ottenere qualcosa dalla diffida fatta contro il giornale? Il diritto di satira è uguale per tutti? E sul fascismo: “Il conformismo è l'unica cosa simile al ventennio fascista e alberga a sinistra”. Poi sul dossieraggio attacca Giuseppe Conte: “Conte lo dicesse al suo parlamentare Federico Cafiero De Raho, che era quello che comandava la procura. Lo viene a dire a noi?”
Tommaso Cerno, lei che è stato direttore dell'Espresso, come giudica la cover con Chiara Ferragni Joker?
Io non l'avrei fatta nella settimana della Festa della Donna senza dare a questa copertina un chiaro significato di posizionamento del giornale. Poi i giornali fanno quello che vogliono, ma mi sembra che l'Espresso abbia fatto una cosa alla Charlie Hebdo.
In che senso?
Mi sembra che abbia creato un caso sull'immagine di una donna che fa parlare di sé, ma oggi è l'8 marzo e bisogna pensarci un po’ a che cosa significa. Perché probabilmente l'Espresso, avendo una lunghissima storia di difesa delle donne, pensa di poter fare tutto. Ma l'effetto che fa è quello di mettere l'immagine di una donna camuffata da pagliaccio, su un'inchiesta che dovrebbe riguardare l'imprenditrice e non la donna Ferragni. Io non l'avrei fatta, ma capisco che è l'unica copertina dell'Espresso di cui si parla negli ultimi cinque anni.
C'è stata anche quella di Elena Cecchettin.
Sì, ma quella era un fatto di opinione, in cui loro hanno scelto la più antipatica a metà del paese e la rendono più simpatica. In questo caso è Charlie Hebdo, è come la valanga, come Amatrice. Il giornale che ha la più grande storia di femminismo d'Italia, anche se ora l'Espresso è cambiato, ci sta dicendo che la donna la usa come vuole. Sono stati confusi i piani tra la Ferragni donna e la Ferragni imprenditrice a cui si contestano dei comportamenti. Penso che sia stata fatta per far parlare di sé, perché erano anni che le copertine del giornale passavano inosservate. Se è questa la scelta, va nella tradizione più antica dell'Espresso, che è quella della satira sconvolgente. Poi il giudizio lo daranno i lettori.
È lesiva dell’immagine della Ferragni?
Di sicuro lei non è contenta di questa copertina, perché testimonia il fatto che il rispetto che la sinistra aveva fino a pochissimi mesi fa per lei è improvvisamente scomparso.
E lei ora che cosa ne pensa della Ferragni?
Ora a me sia lei che Fedez cominciano a stare simpatici perché, al di là dei comportamenti che voglio capire bene, sono diventati umani. Siamo passati dagli ufo, in cui ogni cosa che toccavano diventava oro, a vittime di qualunque attacco proprio da parte di quel mondo culturale che li aveva eretti a simbolo. Li avevano celebrati a Sanremo, avevano contestato le destre perché si lamentavano del bacio di Fedez sul medesimo palco, mentre oggi li prendono a sassate. Questo è lo stesso atteggiamento che la sinistra ha nella politica. Io non condivido questo tipo di impostazione lineare, ma sono una persona più asimmetrica.
È diritto di critica e satira o no?
Hanno sia il diritto di critica che quello di satira. Dopodiché il Joker, nell'immaginario collettivo, è una figura maschile, è un delinquente, mentre il supereroe non ho capito chi sia.
La Ferragni ha diffidato l'Espresso, le sembra che possa ottenere qualcosa?
Non lo so perché penso che i giornali possano pubblicare quello che vogliono. Ho sempre difeso il diritto di satira e di critica e lo farò sempre. In questo paese se la satira la fa una determinata parte politica è volgarità o trash, come spesso accade con la destra che viene accusata di fascismo, mentre, quando lo fa la sinistra, si difende. Io difendo tutti e due. Ma è curioso vedere che il giornale sacro della sinistra, che ho avuto l'onore di aver diretto e dove ho passato gran parte della mia vita, anche se era molto diverso rispetto a ora, si sia messo dall'altra parte. Benvenuti nel club di quelli che prendono le sassate in faccia per quello che dicono.
Anche lei fece delle copertine forti, qual è quella che vuole ricordare?
Feci Giulio Regeni (il ragazzo italiano Il Cairo che accese un grande dibattito politico in Italia, ndr) crocefisso al posto di Gesù Cristo.rapito a
Perché la fece?
Perchè avevamo capito che lui era il sacrificio del governo del tempo e che lo stesso governo faceva finta di cercare una verità, ma che in realtà non l'aveva trovata. Fu una copertina molto contestata dal mondo cattolico, che vide un abuso della Croce. Anche Scalfari non fu contento di quella copertina, che invece secondo me rappresentava molto bene l'idea che in Italia il crocefisso era stato tolto dalle scuole e messo nelle inchieste.
Mentre l'inchiesta l'ha letta? È forte o in fondo non ci sono novità?
Ogni inchiesta aggiunge qualcosa al giornalismo. In questo momento in particolare, più che la novità che cerchi è il metodo, perché stiamo affrontando un momento in cui il termine inchiesta è molto abusato nel giornalismo. L'espresso è un giornale che ha una gigantesca storia di inchieste vere, per cui su questo non ha niente da imparare.
A tal proposito, la libertà di stampa nel nostro paese è in pericolo?
No. In questo paese ognuno dice quello che vuole. Il pericolo vero non è la libertà di stampa minata da qualcuno, tantomeno dalla destra. La destra negli ultimi 15 anni, e mi ci metto anche io quando ero all'espresso, si è vista scrivere sui giornali qualunque cosa, per cui rendere la destra il censore della stampa fa venir voglia soltanto di ridere. Chi dice una cosa del genere vive in un altro paese. I nostri problemi sono altri.
Ovvero?
Prima di tutto il conformismo: i giornalisti e gli opinionisti tendono a dire quello che il riferimento culturale del momento gli fa dire. Questa è l'unica cosa simile al ventennio fascista e in questo momento non alberga a destra, ma a sinistra. Sono loro i veri fascisti della parola, che vogliono cancellare le vocali, mettere gli asterischi, spiegarci come si deve parlare. Il secondo problema è l'autocensura, perché che siamo in un paese in cui non c'è neanche bisogno che qualcuno ti censuri, lo facciamo già da soli per paura. Chi non cade in questi due tranelli può dire quello che vuole.
Il dossieraggio si lega perfettamente a questo discorso.
Siamo di fronte a una storia che ci mostra l'esistenza di un bancomat delle informazioni scomode, delle inchieste e degli sciacallaggi. C'è qualcuno che ha la tessera di questo bancomat e i giornalisti in questione dicono di averla perché sono i più bravi. Io gli posso credere, ma la procura dice che non è vero e che ipotizza dei reati. Vedremo se verranno dimostrati. Ma ciò che ci dobbiamo chiedere è chi altro ha in mano questo bancomat.
Si spieghi meglio.
Chi altro può andare a prendere le informazioni che gli servono nel momento in cui vogliono? E chi è che ha dato questo bancomat? È stata la loro bravura o è stata la loro amicizia personale con questo fantomatico luogotenente della finanza? O forse gliel'ha dato qualcuno che sta in politica o qualcuno che sta facendo succedere le cose in un ordine a lui comodo? E questa la domanda a cui dobbiamo rispondere e lo dobbiamo fare in fretta, perché questo è un paese in cui le vicende, più grandi diventano e più si acquietano. Se noi vogliamo dire che la libertà di stampa è importante, oggi i giornali devono raccontare tutta la storia.
Manca il mandante?
Abbiamo raccontato la parte dossierata, adesso abbiamo il dovere di andare a capire fino in fondo la parte dossierante. Dobbiamo rispondere a una serie di domande: chi sono questi? Da dove vengono? Chi li manda?
Possiamo parlare di un unico disegno criminoso?
Con un unico disegno criminoso si intende un'unica mano generale nel creare caos alle persone che in quel momento acquistano un potere? Sì, questo c'è, perché se vediamo come il tutto sia evoluto la storia è un po’ troppo facile, è una sceneggiatura in cui torna quasi tutto. Qualcuno sta per fare una cosa ed emergono dei fatti contro di lui. Ma il problema è che noi abbiamo assistito a una finestra di questo dossieraggio, Per cui la procura di Perugia si muove su un determinato file e su un determinato sfogo di questo file, che non conosciamo ancora fino in fondo. Ma cosa sarebbe successo se noi fossimo andati avanti senza scoprire tutto? Sarebbe continuata così o si sarebbero spostati su altri? Questo noi lo sapremo quando capiremo l'origine di tutto ciò.
Ma il mandante diffuso è in contraddizione con il mandante singolo?
No. Perché se il mandante diffuso è chi ha intenzione di creare problemi o ricatti a chi ha il potere, questo può anche cambiare nel tempo. Noi dobbiamo sapere come funzionava questo anti Stato, Che si metteva a disposizione di chicchessia.
Ieri Giuseppe Conte da Lilli Gruber ha detto che la Meloni non si deve ergere a vittima perché anche lui è tra i nominativi del dossieraggio.
Conte lo dicesse al suo parlamentare Federico Cafiero De Raho, che era quello che comandava la procura. Lo viene a dire a noi? Lo dicesse ai suoi, visto che ha degli esponenti dei grillini spiati. C'è la Raggi durante le elezioni, poi c'è Conte stesso e infine Cafiero De Raho che era in procura nel momento in cui avvenivano gli spionaggi. Si domandi se De Raho lo sapeva o meno. Io, se fossi in Conte, un caffè con De Raho lo prenderei ecco.
Conte è andato su tutte le furie quando gli hanno chiesto delle eventuali dimissioni di Cafiero de Rao
Questa è la doppia morale: chiedono le dimissioni di chiunque per ogni minima cosa, ma quando c'è qualcuno di loro che ha un palese conflitto di interessi guai a chi lo tocca. Questo atteggiamento è simile al fanatismo religioso, non alla democrazia liberale. Io sono un italiano e distinguo le cose in base a ciò che avviene e non alla casacca che indosso.
Sia Luigi Bisignani che Paolo Mieli hanno detto che questa vicenda finirà in un nulla di fatto. Cosa ne pensa?
Lo hanno detto perché hanno una lunga esperienza ed è un rischio concreto. Paolo Mieli e Luigi Bisignani, per motivi e professioni diverse, hanno una conoscenza di questo paese lunga e profonda. Hanno visto un sacco di cose, per cui la loro profezia rischia di avverarsi. In tanti altri momenti è accaduto. Ma, proprio perché loro hanno ragione, dobbiamo fare in modo che l'Italia cambi davvero e che questa volta la questione non finisca in una bolla di sapone. E un impegno che il giornalismo deve prendersi proprio perché Paolo Mieli e Luigi Bisignani hanno potenzialmente ragione.
Quindi riuscire a non far avverare la profezia di due menti del nostro paese sarebbe la vera vittoria del giornalismo?
Se questa volta il giornalismo, dopo che si è sempre auto difeso, dimostra con i fatti di essere in grado di studiare questa storia e di spiegare agli italiani che cosa è successo, riusciamo a non far cadere tutto nel dimenticatoio. Altrimenti avranno ragione Mieli e Bisignani, come hanno avuto ragione tante altre volte in questi anni.