La sinistra nel nuovo parlamento non esiste, tranne qualche eccezione. Bisogna costruirla fuori dal parlamento, quindi. Questa almeno è l’ambizione di Luigi de Magistris. Ex magistrato, ex sindaco di Napoli, leader di Unione Popolare (sigla che alle elezioni non ha superato lo sbarramento del 3%), De Magistris rappresenta quell’insieme di partiti e associazioni, dal suo DeMa a Potere al Popolo a Rifondazione Comunista, che ora punta all’obbiettivo di creare la sinistra tout court. Non la “sinistra radicale”, come si suole dire. Proprio la “sinistra” e basta. Intanto, Facebook gli ha bloccato il profilo in concomitanza con l’insediarsi del governo Meloni. “Di censura non parlerei, ancora non si sanno bene quali siano le origini. Ma chiaramente è un’interferenza voluta”.
Cosa avrebbe detto nel post sul nuovo governo? Come giudica il discorso d’insediamento di Giorgia Meloni?
Anzitutto bisogna sempre portare rispetto e valutare ogni azione dai fatti, e non solo dalle parole. Dal discorso della Meloni io non vedo un programma di interventi strutturali e concreti che possano invertire la rotta sulla guerra, su cui stiamo proseguendo verso il baratro sulla scia di chi governava prima, né sulle diseguaglianze economiche e sociali, a partire dal caro-bollette, e non ho ascoltato nemmeno parole adeguate sui salari minimi e sull’allineamento delle retribuzioni all’inflazione, anzi l’obbiettivo da colpire diventa il reddito di cittadinanza. Sulla lotta alla mafia e alla corruzione c’è una tiepidezza che rasenta il nulla. Per ora siamo di fronte a un governo liberista, dei poteri forti, in continuità con il draghismo. Niente a che vedere neppure con la destra sociale di un tempo. Faccio un esempio: dal governo più a destra della storia della Repubblica ci si poteva aspettare che volessero mettere nelle mani dello Stato l’energia e il gas. Assolutamente no.
Una Draghi in gonnella, la Meloni?
No, guardi, non condivido gli attacchi basati sulle personalizzazioni, come quelle cadute di stile che ha avuto anche Letta in campagna elettorale nei confronti della persona Meloni. La Meloni deve dimostrare quel che vale. Per ora va in controtendenza rispetto alla sua storia di destra, perché è in perfetta continuità con Draghi. Il che significa che la sua apparente opposizione al governo Draghi era solo un’intelligente collocazione con un piede fuori, che gli ha consentito di conquistare un consenso, ma tenendo un piede dentro ancora più saldo. Le sue prime dichiarazioni sono state tutte tese a rassicurare la Nato, gli Americani, anziché di rassicurare il popolo, annunciando magari di mettere del denaro sufficiente contro il caro-bollette.
E le opposizioni in parlamento, come hanno debuttato?
I migliori interventi di opposizione ferma, ma non pregiudiziale, li hanno fatti i Cinque Stelle, Conte e Scarpinato. Quelli del Pd, devo dire, sono stati imbarazzanti, mostrando come lì ci sia una forte linea di continuità. Si registra invece la posizione tatticamente intelligente di Conte, che vuole apparire il capo dell’opposizione. Conte è molto abile con le parole, però i fatti, anche recenti, evidenziano che ha sposato l’agenda Draghi fino alle elezioni. Bisogna vedere ora se l’agenda sociale, economica e sulla pace viene davvero messa in discussione da Conte, che in realtà è un liberista, non è di sinistra, quindi non può essere lui il capo di un’opposizione di sinistra. Anche se, intendiamoci, coglie dei temi di sinistra. Il reddito di cittadinanza è senz’altro una misura di sinistra.
Un po’ tutte le opposizioni, eccetto Renzi, hanno fatto leva sul tema delle radici fasciste della Meloni. Ma non le sembra che l’antifascismo rischi di ridursi a retorica, a un alibi per coprire il vuoto di idee?
Antifascisti lo si è sempre. Io personalmente lo sono sempre stato, ho giurato tre volte sulla Costituzione, una volta da magistrato e due da sindaco. Quelli che scoprono la retorica dell’antifascismo solo perché è insediato un governo di destra e poi sono gli stessi che quando hanno governato, penso al Pd, hanno svuotato pesantemente la Costituzione antifascista, è evidente che fanno retorica. Antifascismo significa non tradire la Carta. A questa retorica del “mettiamoci tutti insieme” alla bisogna perché ci sono i fascisti al governo, non ho mai creduto molto. Quindi sì, sotto questo punto di vista una retorica dell’antifascismo c’è. Altro tema è pretendere che tutte queste figure che si sono ispirate al fascismo, da Ignazio La Russa alla stessa Meloni, per finire con posizioni omofobe e razziste di Fontana, prendano le distanze davvero con i fatti. Per me che il presidente del Senato, la seconda carica dello Stato, tenga in casa i busti di Mussolini è abominevole.
Ma gli italiani che hanno votato Fratelli d’Italia non saranno mica simpatizzanti del fascismo o cripto-fascisti, no?
Nessuno pensa che questo voto rappresenti un’onda fascista in Italia. Il voto è molto fluido, basta vedere a quanto stava Fratelli d’Italia qualche anno fa, o Salvini pochissimo tempo fa, o anche i Cinque Stelle. Mo’ parliamo di successo di Conte, ma comunque il M5S i propri consensi li ha dimezzati. Io credo che la vittoria delle destre è soprattutto frutto della clamorosa sconfitta del centrosinistra, Cinque Stelle compresi. La Meloni è stata sicuramente brava, anche nel saper costruire nel tempo un radicamento sul territorio. Ci andrei cauto a banalizzarla. Ma credo che alla fine molto sia dipeso dal voto di molte persone deluse da Draghi e dal centrosinistra, nonché dal M5S. Senza dimenticare l’astensionismo, davvero enorme. Quasi tutto al Sud.
Un astensionismo che voi non avete intercettato. Quali autocritiche si sente di fare?
Non c’è troppo da fare autocritica per il semplice fatto che siamo nati praticamente pochi giorni prima dello scioglimento anticipato delle Camere. Per noi era già un’impresa esserci e trovare candidati e 60 mila firme in tutta Italia, provare a farci conoscere in piena estate quando i tg non ci citavano nemmeno, con i sondaggi che dicevano che non c’era nessuna possibilità. È stata un’impresa improba. E nonostante questo abbiamo preso l’1,5%. Il doppio di Di Maio e la lista Noi Moderati. Noi stavamo lavorando per farci trovare pronti nella primavera 2023, alla scadenza naturale della legislatura. Abbiamo azzardato, prendendo endorsement impensabili, da Mélenchon a Pablo Inglesias a tanti intellettuali. Poi, alle urne abbiamo pagato da una parte il “voto utile”, dall’altra la non conoscenza del simbolo.
Unione Popolare non è destinata a sciogliersi, dopo l’esperimento elettorale?
Adesso non dobbiamo mollare. Vogliamo radicarci, formando un’organizzazione per ramificarci come Unione Popolare, non come singole sigle. Dobbiamo unire, in nome di una critica radicale al pensiero unico liberista che accomuna un po’ tutti i partiti, continuando un percorso che poi è quelle delle nostre storia, della mia da sindaco, da candidato alle regionali, in Calabria prendemmo il 20%. Dobbiamo diventare la prima forza di opposizione nel Paese reale, nelle lotte, nelle fabbriche, nelle scuole. E poi vedere se con le forze che stanno all’interno del parlamento si può creare un dialogo oppure no.
Per esempio con il raggruppamento che si sta formando a figure come Stefano Fassina e altri, che guardano apertamente ai Cinque Stelle come forza trainante?
Guardiamo tutto con molta attenzione, ma in questo momento più che ragionare su rapporti all’interno del sistema di potere e dei partiti abbiamo l’esigenza di connetterci con quel Paese che è molto distante da queste dinamiche, in mezzo alla gente, in mezzo alla battaglie, in mezzo ai sogni. Unione Popolare non è interessata adesso a incontrare Fassina piuttosto che altri. Guarderemo con interesse, certamente, a cominciare da come si colloca Conte. Vedremo se poi ci saranno le condizioni un domani per un dialogo. In politica non esistono i muri, anzi bisogna cercare di abbatterli.
Già, perché alle elezioni poi scatta, come ricordava lei poc’anzi, il “voto utile”, e l’elettore tende a scegliere il partito più forte, nella sua area di riferimento. Traduzione: nell’area di sinistra si dovranno fare i conti con i 5 Stelle, piaccia o no.
Non ci sono le elezioni ora, abbiamo appena votato. Non ci interessa questo ragionamento adesso. Non lo so se i Cinque Stelle sono di sinistra. Conte dice di non esserlo. È un movimento che ha fatto il reddito ma ha fatto pure cose che con la sinistra non c’hanno niente a che vedere, come i decreti Sicurezza e i porti chiusi quando era al governo con la Lega. Io ho memoria, non sono un fluido, non sono uno per cui se in questo momento c’è un bombardamento mediatico che fa apparire Conte come il nuovo Che Guevara, pensa che lo sia diventato davvero.
Volete ricostruire la sinistra radicale, insomma. Ma con tutti i vincoli che abbiamo, dalle regole Ue alle pressioni dei mercati finanziari, una sinistra radicale non è destinata al velleitarismo?
C’è bisogno di sinistra. Fra le varie ambizioni che abbiamo è di dimostrare che in Italia esiste una sinistra che ha contenuti radicali, ma non necessariamente è una “sinistra radicale”, perché manca proprio una sinistra che non sia quella dell’austerità, delle privatizzazioni, dei guerrafondai. Adesso, in parlamento, c’è un pezzo che si definisce di sinistra come Sinistra Italiana, ma sicuramente il Pd non è di sinistra, sicuramente non sono di sinistra né Renzi né Calenda, il M5S si definisce riformista e non di sinistra. Per questo la sinistra va costruita nel Paese reale, e per questo c’è bisogno di Unione Popolare.