Il “partito che non c’è” di Michele Santoro può aspettare. Intanto, ci sarà un giornale. Il vecchio leone da talk aveva di recente vagheggiato il sorgere di una forza che rappresentasse, in sostanza, i non rappresentati a sinistra (“Serve il partito che non c'è e che non c'è mai stato”, Repubblica, 30 luglio) e invece preferisce restare nel suo ambito fondando “una start up che si chiamerà Mondo Nuovo”. Ad annunciarlo è stato lui stesso dalla propria pagina Facebook lunedì 22 agosto, spiegando che il nascente quotidiano sarà “multimediale e sperimentale, innovando le forme di partecipazione esistenti”, il che sembra alludere a un giornalismo non solo impegnato, ma anche diffuso, citizen, come si dice in gergo. La linea editoriale è spiegata così: “Si batterà contro il conformismo, darà voce ai giovani, farà emergere il pensiero diverso e la parte dimenticata della società, affermerà i diritti di tutti contro i privilegi di pochi”. Il gruppo di lavoro sarà composto da una redazione centrale, una sparsa nella penisola e da una “rete di opinionisti”. E fin qui, tutto nella norma.
La novità, rispetto al Santoro dell’ultimo decennio, produttore di trasmissioni multipiattaforma finanziate anche con il crowdfunding (“Servizio pubblico”, “Anno uno”), è che questa volta il vecchio mattatore chiama all’appello non soltanto “aspiranti reporter, videoreporter, videomaker”, ma pure “influencer e socialmedia manager”, le figure digitali che fanno concorrenza ai giornalisti soprattutto nell’audience under 40. L’invito è rivolto a tutti coloro, incluso chi non abbia nessuna esperienza professionale, che mastichi normalmente il “linguaggio del web”, nutra “amore per le immagini (anche realizzate col solo uso del telefono)” e la “voglia di impegnarsi di un’avventura nuova, di ribellarsi” nonché, utopisticamente, “cambiare il mondo”. Entro domenica 4 settembre chi desiderasse proporsi può inviare una email di candidatura.
Nell’intervista in cui parlava del partito dei sogni, Santoro dichiarava che a parteciparvi sarebbe stato anzitutto “chi ha partecipato alla serata Pace proibita al teatro Ghione”. Il 2 maggio scorso a Roma si è svolto un happening teatral-giornalistico contro la guerra in Ucraina e le scelte filo-americane del governo Draghi, che lo statunitense Youtube ha tolto dalla circolazione adducendo non meglio specificate violazioni del diritto d’autore. Presente il tradizionale parterre di artisti e analisti (Elio Germano, Sabina Guzzanti, Fiorella Mannoia, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Tomaso Montanari, Fabio Mini, Luciana Castellina, Vauro) appartenenti a quella sinistra pacifista che ha rotto i ponti con la ex sinistra del Pd, che Santoro considera ormai un “partito moderato, il più atlantista di tutti”. A chi lo accusa di essere diventato un “rossobruno”, ha risposto così: “Ma quale rossobruno, sono come Ciccio Ingrassia che in Amarcord sale sull'albero e dice ‘voglio una donna’, anche io vorrei salire e urlare: voglio un partito".
La sfida per l’impensionabile Santoro sarà duplice. Sul piano tecnico, dar vita a una voce che sappia amalgamare la sana e insostituibile tradizione, come l’inchiesta e il reportage fatti come solo un giornalista sa fare, con le formule dell’opinionismo online tipico degli influencer, che seguono la logica tutta commerciale del clickbaiting, delle sponsorizzazioni da parte dei brand, e quindi, inevitabilmente, dell’appiattimento e della banalizzazione. Sotto il profilo latu sensu politico, se la lotta al “conformismo” e la battaglia per un pensiero “diverso” non sono da intendersi come espressioni vuote e generiche, lo sforzo potrebbe, anzi, diciamolo pure, dovrebbe incanalarsi verso l’uscita dai soliti giri da gauche vecchio stampo, nostalgica alla rovescia di un passato che non può tornare ma che purtroppo ancora non vuole passare. Largo ai giovani, dunque. Purchè giovani di testa, e non solo all’anagrafe.