Anche la mamma di Carlo Acutis si concede qualche miracolo. I giornalisti di Corriere e La Stampa hanno avuto la stessa idea e a quarantotto ore dal giorno in cui Papa Leone XIV farà santo il “patrono della Gen Y” intervistano Antonia Salzano. Il racconto del Corriere è empatico, umano, rispettoso. Cauto a tratti. La stanza di Carlo Acutis è rimasta quasi immutata, come se custodisse ancora la presenza del giovane che lì studiava, programmava e coltivava le sue passioni. «Bene o male è rimasto tutto come era quando c’era Carlo», ha ricordato la madre, Antonia Salzano Acutis, che continua a vivere in quella casa in zona Conciliazione, a Roma. Sulle mensole si alternano giocattoli e simboli di fede: macchinine, modellini, statuette di angeli, fino al ritratto di Cristo con la scritta «Gesù, io confido in te!». Un luogo che prima di essere “la stanza del santo” era «la stanza del figlio», intatta memoria di una vita interrotta a soli quindici anni da una leucemia fulminante.

Il ricordo di Carlo si intreccia con la sua straordinaria normalità, fatta di talento precoce e fede profonda. «È stato sempre precoce. A sei anni già era appassionato di informatica», racconta la madre, spiegando come da autodidatta imparò a programmare in C++ e Java, fino a realizzare la mostra sui miracoli eucaristici, oggi diffusa in migliaia di parrocchie nel mondo. Alla stessa età mostrava anche una sensibilità fuori dal comune: «non mi servono, quelle che ho vanno ancora bene, prendiamo qualcosa per i poveri», diceva quando la madre gli proponeva un paio di scarpe nuove. Per il padre, Andrea Acutis, la forza di affrontare la sua perdita ha un’unica radice: «Dio non dà mai le croci senza le grazie per sopportarle. Abbiamo avuto la grazia di custodire questo ragazzo in questi pochi anni di vita». A distanza di quasi vent’anni, Carlo è ormai venerato come “il santo di internet”, un adolescente capace di indicare, già allora, la necessità di equilibrio e misura nell’uso delle tecnologie.

E La Stampa pare aver fatto lo stesso, ma proprio lo stesso. Dalla cautela e moderazione con cui usava la tecnologia e il telefonino, all’attivismo cattolico per i più deboli: dalle vittime di bullismo agli extracomunitari: «Ha avuto, come tutti, i suoi combattimenti interiori e li ha affrontati mettendo al centro Cristo e il prossimo. Sosteneva i compagni di scuola bullizzati, gli extracomunitari che vivevano per strada e si spendeva per chiunque avvertisse come sofferente e bisognoso anche di un semplice sorriso. Oggi consiglierebbe ai giovani o spegnere il cellulare e di tornare a guardarsi negli occhi”. Insomma, il santo perfetto, anche per un particolare che emerge e difficilmente può essere negato: l’unione degli opposti. Tradizionalista e inclusivo, come non se ne vedono più.
