Il 7 settembre 2025, la Chiesa cattolica canonizzerà ufficialmente Carlo Acutis, il primo santo della cosiddetta Generazione Y (Millenial). Morto di leucemia nel 2006 a soli 15 anni, il giovane milanese è già venerato da moltissimi fedeli, specialmente tra i giovani cattolici. Tuttavia, la sua canonizzazione, lungi dall’unire, ha scatenato un acceso dibattito, come riportato dal giornale cattolico Bitter Winter, con critiche che spaziano dal contenuto dottrinale alle modalità di esposizione del suo corpo. Ma cosa c'è davvero dietro questa campagna? E chi ha paura di Carlo Acutis?
Un giovane "troppo cattolico"
Le critiche più accese provengono sorprendentemente non dal mondo laico, ma da ambienti cattolici progressisti. Tra i principali oppositori spicca il teologo italiano Andrea Grillo, che ha contribuito ad alimentare un'ondata mediatica di scetticismo, ripresa anche da testate come The Economist. Al centro dell’accusa: Carlo Acutis sarebbe il simbolo di un cattolicesimo arretrato, legato a dottrine "medievali" come la transustanziazione e ai miracoli eucaristici — temi su cui il giovane fondò un blog molto seguito. Il fatto che un nativo digitale si facesse promotore di un cattolicesimo tradizionale, lontano dalle interpretazioni simboliche e moderne, pare essere il vero "scandalo" per una certa intelligencija cattolica contemporanea.
Una santità troppo precoce?
Un’altra obiezione ricorrente è l’età di Carlo. A 15 anni si può davvero essere santi? Alcuni ritengono che fosse troppo giovane per una piena maturità spirituale, insinuando che possa essere stato influenzato dalla famiglia e dalle scuole cattoliche. Ma questa critica si scontra con una realtà evidente: nella società contemporanea, gli adolescenti vengono ritenuti responsabili delle proprie azioni anche in ambiti molto seri — dai processi penali alle scelte mediche. Se possono essere condannati da adulti per un crimine, perché non potrebbero essere riconosciuti santi per la virtù?

Troppo ricco per essere santo?
Non manca neppure l’accusa socioeconomica: Carlo proveniva da una famiglia benestante. Ma la Chiesa non ha mai rifiutato la possibilità di santità a chi possedeva ricchezze, purché queste non diventassero un idolo. I santi non sono selezionati per censo, ma per la loro fedeltà al Vangelo. Acutis, nei limiti della sua giovane età, ha cercato di usare i propri talenti e le risorse familiari per evangelizzare, diffondere la fede e aiutare i più deboli. È stato in fondo un giovane missionario digitale.
La polemica sull’esposizione del corpo
Un punto effettivamente controverso, e che ha suscitato disagio anche tra i suoi sostenitori, riguarda la modalità di esposizione del corpo di Acutis ad Assisi. Dopo la beatificazione, i suoi resti sono stati trattati con cera e mostrati in una teca. Alcuni critici hanno paragonato l’atto a una forma di abuso postumo, un’accusa tanto grave quanto fuori luogo. L’esposizione dei corpi dei santi è una prassi secolare nella tradizione cattolica, che intende onorare la testimonianza terrena di coloro che hanno vissuto nella grazia. In un’epoca che tende a nascondere la morte e il sacro, l’altare di Carlo è anche un segno controculturale.

Un ribelle con una causa
In definitiva, ciò che disturba davvero di Carlo Acutis è il suo anticonformismo spirituale. In un mondo dove il relativismo è la norma e la fede viene spesso ridotta a sentimento soggettivo, Acutis affermava con forza la verità del Vangelo, i miracoli e la centralità dell’Eucaristia. La sua voce era quella di un adolescente, ma il suo messaggio aveva la forza dei profeti. Ed è proprio questo che lo rende scomodo: non tanto per il mondo secolarizzato, ma per certi ambienti cattolici che rifiutano una fede troppo sicura, troppo miracolosa, troppo devota.
Un simbolo della libertà religiosa
La campagna contro la sua canonizzazione non è solo un attacco a una figura giovane e popolare. È, in un certo senso, una sfida alla libertà della Chiesa di proporre modelli di santità anche fuori dagli schemi progressisti. Il caso Acutis ci ricorda che la fede autentica può ancora sorprendere, spiazzare e infiammare il cuore dei giovani — anche quando parla il linguaggio antico dei miracoli e dell’adorazione eucaristica.
